PETRI, Elio
Regista cinematografico, nato a Roma il 29 gennaio 1929, morto ivi il 10 novembre 1982. Cresciuto in ambiente operaio, ancora ragazzo fece del cinema, prima che una professione, un modo di organizzare la vita riversandovi passioni e interessi politici, amicizie e legami affettivi. Coordinò circoli di cinema, scrisse recensioni cinematografiche non firmate per l'Unità, il quotidiano del Partito comunista nel quale militò fino al 1956, collaborò a riviste (nel 1957-58 al foglio revisionista Città aperta). Dopo avere raccolto materiali giornalistici su un fatto di cronaca (il crollo di una scala dove si ammassavano centinaia di ragazze richiamate dall'offerta di un posto di dattilografa) − spunto di Roma ore 11 (1952) di G. De Santis − s'inserì, come sceneggiatore e aiuto dapprima di De Santis e poi di G. Pontecorvo, G. Puccini, C. Lizzani, nella produzione cinematografica.
Fin dall'esordio nella regia del lungometraggio con un sapido giallo psicologico (L'assassino, 1961, sul caso di un professionista di scarse virtù, sospettato dell'assassinio dell'ex amante) P. mostra una certa padronanza del mezzo cinematografico. Il suo secondo film, I giorni contati (1962), è già un maturo racconto d'autore, una pacata registrazione dei primi segnali della morte avvertiti da un operaio che si aggira, per un rendiconto esistenziale, in una Roma dimessa. Il tono sentimentale ha un timbro asciutto, anche per i meriti dell'interprete, uno splendido S. Randone (anche in seguito P. fornirà ottime occasioni ai suoi interpreti: M. Mastroianni, G.M. Volonté, G. Giannini).
Dopo essersi mosso con I giorni contati ai margini di un cinema narrativo, cogliendo il tempo dell'attesa − ricco di dilatazioni e di improvvisi vuoti −, P. si affiderà a strutture drammaturgiche solidamente annodate intorno a densi nuclei tematici: la noia provinciale nel maldestro grottesco Il maestro di Vigevano (1963, da L. Mastronardi); le follie avveniristiche in La decima vittima (1965, da un racconto di R. Sheckley); la mafia in A ciascuno il suo (1967, da L. Sciascia). La contestazione del 1968 e degli anni successivi lo coglie e lo fissa in un'immagine di sarcastico predicatore laico che va forzando, in senso surrealistico ed espressionistico, le poetiche realistiche da tempo aggredite dalle neoavanguardie e dall'omologazione dei mass media: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970, ritratto di un poliziotto che dall'ordine passa al disordine, di così forte valenza spettacolare da meritargli un Oscar); La classe operaia va in paradiso (1971); La proprietà non è più un furto (1973); Todo modo (1976, roboante variazione dell'omonimo fine apologo di Sciascia). Sostenuto, ma poco amato, dalla critica, P. si è trovato, all'esaurirsi della contestazione, chiuso nella morsa dell'isolamento come documentano il film Buone notizie (1979) e l'attività televisiva (la regia di Le mani sporche di J.-P. Sartre) e teatrale (la messa in scena di L'orologio americano di A. Miller).
Di P. sono stati riediti postumi Tre scritti degli anni cinquanta, nella rivista romana Cinemasessanta (maggio-agosto 1990).
Bibl.: A. Rossi, Elio Petri, Firenze 1979; AA.VV., Elio Petri, Venezia 1983; A. Savioli, I trent'anni di Elio Petri, in Bianco e Nero, ottobre-dicembre 1983; Pour mieux connaître E. Petri, in Jeune Cinéma, dicembre 1983-gennaio 1984.