Elemento chimico, simbolo He, numero atomico 2, peso atomico 4,0026, di cui si conoscono due isotopi stabili (42He, di gran lunga il più abbondante, e 32He). Fu individuato nel 1868 da J.N. Lockyer e altri ricercatori nella fotosfera solare per via spettroscopica (l’e. è, dopo l’idrogeno, il costituente più importante del Sole: nella misura del 45% circa); fu riscontrato nei gas occlusi in alcuni minerali (nel 1891 nella uraninite da W.F. Hillebrand e nel 1895 nella cleveite da W. Ramsay), e più tardi isolato dall’aria nella percentuale, in volume, dello 0,0004-0,0005%. In seguito si trovò che è abbastanza diffuso sulla Terra: presente, come prodotto di decadimento di elementi radioattivi, nelle sabbie monazitiche, nei minerali di torio, nei gas di alcune sorgenti di acque minerali, nei soffioni boraciferi (0,25%) e infine in quantità maggiore nei gas naturali, che arrivano a contenerne fino al 5-8% e anche più. Dopo l’idrogeno è l’elemento più abbondante nell’Universo.
L’e. si può ottenere allo stato puro approfittando della sua inerzia chimica o della difficoltà nel liquefarlo: essendo la sua temperatura di inversione inferiore a quella dell’idrogeno, è possibile separarlo dalle miscele gassose che lo contengono assorbendo o liquefacendo tutti gli altri gas presenti. Industrialmente la separazione dell’e. dai gas naturali si realizza con processi continui eliminando da questi prima l’anidride carbonica e l’umidità, poi raffreddandoli fortemente così da liquefare la gran parte dei gas componenti la miscela (azoto ecc.), eccetto l’e., e infine depurandolo dall’idrogeno tramite ossidazione di quest’ultimo, seguita da essiccamento del gas o facendo diffondere l’idrogeno attraverso una lamina di palladio riscaldata al calor rosso.
Gas incolore, chimicamente inerte, dopo l’idrogeno è il gas più leggero che si conosca (un litro in condizioni normali ha massa di 0,1786 g); bolle a circa −269 °C, solidifica solo a pressioni superiori a quella ambiente: a 24,7 bar il punto di fusione è a −272 °C. L’e. liquefatto esiste in due forme diverse; una ( e. I) ha proprietà normali, mentre l’altra ( e. II) presenta comportamento particolare (viscosità molto bassa; superconduttività termica, circa 800 volte superiore a quella del rame ecc.). L’e. non forma idrati, a differenza della maggior parte dei gas rari, però in particolari condizioni (eccitazione elettrica, bombardamento elettronico ecc.) sembra che si combini con diversi elementi (mercurio, platino, ferro ecc.), dando composti particolarmente instabili: gli eliuri.
Trova impiego: nei palloni sonda in sostituzione dell’idrogeno, rispetto al quale ha il grande vantaggio di non essere infiammabile; in miscela con l’ossigeno (20%), per la respirazione in condizioni di pressione superiore a quella atmosferica (che si riscontrano in lavorazioni per es. di fondazioni sott’acqua) data la sua scarsa solubilità nel sangue, ciò che evita pericoli di embolia, e in varie affezioni dell’apparato respiratorio; per il riempimento di tubi luminescenti. Grandi quantitativi s’impiegano, stante la sua inerzia chimica, per creare atmosfere inerti (nella saldatura di magnesio, alluminio, acciaio inossidabile, in alcune metallurgie non ferrose ecc.), per degasare metalli fusi, come scambiatore di calore nei reattori nucleari. Utilizzato in gascromatografia come fase mobile.
Ha notevole importanza, in fisica, nelle ricerche sullo stato della materia alle bassissime temperature, nella radioattività (le particelle α sono nuclei di e.) e nelle ricerche sulle reazioni nucleari di fusione (da reazioni del genere, in cui idrogeno dà luogo a e., si genera l’energia nel Sole e in altre stelle).