Ecclesiastico
Titolo di un libro dell'Antico Testamento, il cui originale ebraico fu tradotto in greco e in latino. Il titolo greco è Sapienza (o Sentenze) del figlio di Sira, mentre il titolo latino di Ecclesiasticus (la cui spiegazione non è ancora certa) fu in uso a partire da s. Cipriano. L'autore, designato come ‛ figlio di Sira ' (in ebraico Ben Sira), si nomina egli stesso al termine del libro (50,16) come Gesù di Gerusalemme, figlio, o meglio discendente, di Sira. Il nipote di lui ne diede la traduzione greca, a uso degli Ebrei di Alessandria, alla quale prepose un prologo che permette di datare la composizione dell'E. intorno al 180 a.C.
Il libro, che si apre con un inno alla sapienza, è una poco organica raccolta di sentenze intorno ai più vari soggetti, incentrata soprattutto su alcuni poemi in gloria della sapienza e del Dio creatore. Nell'E, sono impiegate le forme classiche del genere sapienzale; la sua base è essenzialmente il māšal, la tecnica del parlare aforistico. Prezioso soprattutto come testimone della dottrina e dei costumi del giudaismo immediatamente precedente l'età dei Maccabei, l'E. accoppia al calore religioso un austero insegnamento morale, nella condanna della rilassatezza dei costumi e nel richiamo all'esercizio della giustizia e della misericordia. Il timor Domini è alla base di tutto, un timore che è insieme rispetto, obbedienza e fiducia nel Dio dell'alleanza. La liturgia cristiana fa largo uso dell'E., come pure i padri della Chiesa nel loro insegnamento.
D. cita, traducendoli, i seguenti passi dell'E.: in Cv III VIII 2, celebrando l'uomo come mirabilissimo effetto della divina sapienza, riporta quelle parole de lo Ecclesiastico: " La sapienza di Dio, precedente tutte le cose, chi cercava? ", e quelle altre dove dice: " Più alte cose di te non dimanderai e più forti cose di te non cercherai; ma quelle cose che Dio ti comandò, pensa, e in più sue opere non sie curioso ", cioè sollicito. La prima citazione è da Ecli. 1,3 (cioè l'inno alla sapienza): " Sapientiam Dei praecedentem omnia quis investigavit? ", e la seconda da 3, 22 " Aftiora te ne quaesieris et fortiora te ne scrutatus fueris; sed, quae praecepit tibi Deus, illa cogita semper et in pluribus operibus eius ne fueris curiosus ". Qui D. omette la traduzione di " semper " mentre, a rimarcare il senso forte di " curiosus ", chiosa con sollicito, che denota zelo e cura oltre il lecito. In Cv III XIV 7, sempre sul tema della sapienza di Dio, accanto ai Proverbi di Salomone è opportunamente richiamato l'E.: Ond'è scritto di lei: " Dal principio dinanzi da li secoli creata sono, e nel secolo che dee venire non verrò meno ", che è fedele traduzione di Ecli. 24, 14 " Ab initio et ante saecula creata sum et usque ad futurum saeculum non desinam ". Ancora un'esplicita citazione dell'E. è in Ep XIII 62 Et Ecclesiasticus in quadragesimo secundo: " Gloria Domini plenum est opus eius " (cfr. Ecli. 42, 16). Il luogo è arrecato assieme ad altre auctoritates bibliche, per comprovare il concetto che divinam bonitatem, sapientiam et virtutem, resplendere ubique (§ 61).
Come si vede, l'uso dantesco dell'E. è strettamente connesso con il tema della sapienza divina.
Bibl. - N. Peters, Das Buch Jesus-Sirach oder Ecclesiasticus, Münster 1913; H. Duesberg, Les scribes inspirés, II, Parigi 1939, 232-440; A.M. Dubarle, Les Sages d'Israël, ibid 1946, 147-185.