ECATE (‛Εκάτη; Hecăte)
Divinità greca, in origine forse identica, o molto affine, ad Artemide (v.); come dimostra il suo nome, che s'incontra, in più luoghi, quale epiteto di questa dea, corrispondente all'epiteto "Εκατος (il lungi-saettante), portato spesso da Apollo; come dimostra anche il fatto che la sua azione si esercita in quegli stessi campi, affidati, nelle credenze degli antichi, all'opera di Artemide: guerra ed arte del cavalcare, pastorizia e pesca, commercio ed industria, nozze, parto, educazione dei fanciulli.
Nella Teogonia di Esiodo (v. 409) è detta figlia di Asteria (sorella di Latona) e del titano Perseo; i mitografi più tardi nominano invece come sua madre Demetra, che il culto eleusino conosceva come madre anche di Artemide. Si comprende pertanto come i templi di Ecate fossero annessi o vicini ai santuarî di Artemide o di Apollo: templi famosi furono quelli di Egina e di Argo, quelli di Lagina e di Stratonicea (nell'Asia Minore), fiorenti in età ellenistica e romana; ed ebbe culto sull'acropoli di Atene, presso i Propilei, in vicinanza del santuario di Artemide Brauronia. Quivi E. veniva venerata come protettrice dell'ingresso della rocca, ed è questo, di dea della porta e delle strade, un altro aspetto che E. ebbe comune con Artemide. Come divinità delle strade, veniva salutata con l'epiteto di 'Ενοδία, e ad essa si consacravano le porte delle case, dinanzi alle quali le si dedicavano piccole edicole con la statuetta della dea (‛Εκάτεια), che, alla fine di ogni mese, si adornavano di fiori e di offerte di cibi (‛Εκάτης δεῖπνα), che si lasciavan poi consumare dai poveri. Con edicole e con riti simili si onorava la dea nei crocicchi delle strade (onde l'epiteto di Τριοδῖτις, Trivia), ove le si sacrificavano cani, in onore ed espiazione dei defunti.
Perché E. fu connessa anche con l'oltretomba: infatti, dal suo aspetto di dea delle strade e dei crocicchi e dalla sua affinità con Artemide (impersonata nella Luna), deriva direttamente l'altro suo aspetto di signora delle ombre e dei fantasmi, i cui paurosi convegni s' immaginava avvenissero appunto nelle piazze e nei trivî, rischiarati, di notte, dall'incerto lume della luna. E s'intende come la dea degli spettri dovesse essere riguardata anche come dea delle streghe e delle maliarde, vaganti, di notte, per operare i loro incantesimi e i loro scongiuri. Così E. finì per penetrare nelle saghe di alcune delle più famose maghe e incantatrici della mitologia, quali, p. es., Circe e Medea: quest'ultima venne anzi spesso rappresentata dai tardi mitografi come sacerdotessa di Ecate. Per i suoi rapporti col regno dell'oltretomba e delle ombre, E. fu talora riguardata anche come una delle divinità che scortano le anime dei defunti agl'Inferi, e furono assegnate al suo seguito quelle figure demoniache, che, nelle credenze popolari, simboleggiavano il mondo degli spettri e dei fantasmi (p. es. Antaia, Empusa).
In Roma il culto di E. penetrò probabilmente dall'isola di Egina, e vi trovò larga diffusione, specialmente nei secoli III e IV d. C.; le epigrafi attestano un sacerdozio dedicato a E. (hierophanta Hecatae).
Iconografia. - Nell'antica pittura vascolare, troviamo rappresentata E. in figura e con aspetto che la fanno rassomigliare grandemente ad Artemide. Presto però invalse anche nell'arte la figura triforme, o tricipite, detta "ecateo", corrispondente all'immagine che gli antichi si eran formata della dea, derivandola forse, come alcuno anche oggi crede (Petersen), dalle tre fasi della luna, oppure dalla triplice sfera di attività della dea (celeste, terrena, ctonia). Il primo a rappresentare E. triforme, fu Alcamene, che scolpì la statua della dea per il suo santuario sull'Acropoli; sappiamo che altre immagini della stessa divinità furono opera di Scopa, di Policleto e di Menestrato (quest'ultima, per il tempio di Artemide Efesia): non sappiamo se anche queste fossero triformi, ma lo possiamo supporre. All'E. triforme di Alcamene risalgono indubbiamente molte di quelle statuette della dea, destinate a esser poste nelle edicole domestiche (studiate dal Petersen; v. bibliografia). Attributi delle tre figure sono generalmente lunghe fiaccole poggianti sul suolo, patere da libagione, la mela, il cane. In genere esse, rivestite di doppio chitone, e con l'alto calato in testa, stanno ritte intorno a un pilastro triangolare o a un fusto rotondo, che sovrasta le loro teste. Il rilievo di Egina, che qui diamo riprodotto, è forse uno dei più vicini alla statua di Alcamene.
Talvolta s'incontra il gruppo di E. in figura di "erma" semplice, a tre teste; evidentemente, si ricollega con l'antico tipo di rappresentazione della dea del trivio, per analogia col tipo affine di Ermete (v.).
Bibl.: L. Preller e C. Robert, Griech. Mythol., 4ª ed., Berlino 1920, I, p. 321 segg.; Steuding, in Roscher, Lexikon d. griech. und röm. Mythol., I, ii, Berlino 1890, col. 1885 segg.; Heckenbach, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, ii, col. 2769 segg.; O. Gruppe, Griech. Mythol. und Religionsgesch., II, Monaco 1906, col. 1298 segg.; L. R. Farnell, Cults of the Greek States, Oxford 1896 segg., II, p. 321 segg. - Per l'iconografia: E. Petersen, in Mittheil. des österreich. Inst. f. Geschichtsforsch., IV, pp. 140-174; V, pp. 1-84, 193-202; A. Baumeister, Denkm. d. klass. Alt., I, Monaco 1885, p. 631 segg.