GATTILUSIO, Dorino
Primo di questo nome, figlio terzogenito di Francesco (II), nacque a Mitilene probabilmente nell'ultimo decennio del XIV secolo. I Gattilusio, di origine genovese, erano signori dell'isola di Lesbo dal 1355 per concessione di Giovanni V Paleologo. Nel 1403 ricevette dal fratello maggiore Jacopo la signoria della città di Focea Vecchia, sulla costa dell'Asia Minore, che il padre aveva ottenuto in appalto dalla Maona di Chio a partire dal 1402; l'anno preciso di tale investitura non è noto, ma il G. è attestato con certezza come signore di Focea da iscrizioni e monete datate 1423-24. Nel 1428, morto Jacopo senza eredi maschi, il G. divenne a sua volta signore di Lesbo e in tale veste già nell'ottobre di quell'anno aderì al trattato di pace stipulato fra Genova e la Corona d'Aragona, accettando l'offerta indirizzata dal governo genovese a suo fratello nella primavera precedente.
Lo stretto rapporto politico instauratosi fra il G. e la sua città d'origine venne ribadito pochi anni dopo quando, riprese nel 1431 le ostilità del Ducato di Milano contro Venezia, i Genovesi, all'epoca sotto la signoria viscontea, esortarono il signore di Lesbo a intervenire in aiuto di Chio, assalita da una flotta veneziana. Questa stessa esortazione fu ripresa anche da Benedetto da Forlì, ambasciatore di Filippo Maria Visconti, fermatosi presso il G. durante il suo viaggio verso la corte del sultano ad Adrianopoli. A questi appelli il G. rispose prontamente, facendo armare appositamente una galea da inviare nelle acque di Chio, guadagnandosi la riconoscenza del governo genovese che, passato il momento di crisi, diede ordine ai magistrati preposti all'amministrazione di Pera e Chio di provvedere in ogni modo a tutelare la sicurezza della signoria del Gattilusio. Analoga prontezza nel rispondere ai suoi appelli trovò del resto il governo genovese anni dopo, nel 1440, allorquando si fece tramite della richiesta rivolta da papa Eugenio IV al G. affinché questi inviasse aiuti a Costantinopoli nel caso che la città fosse stata stretta d'assedio dai Turchi.
Il coinvolgimento del G. nelle vicende politiche dell'area orientale del Mediterraneo era determinato anche dalle sue strategie matrimoniali: una figlia del G., Maria, aveva infatti sposato il secondogenito dell'imperatore Alessio IV di Trebisonda, Alessandro Comneno il quale, designato dal padre quale erede al trono, nel 1429 era stato spodestato ed esiliato dal fratello maggiore, Giovanni IV. Il G. si era quindi trovato coinvolto, come il suo parente Giovanni VIII Paleologo, che aveva sposato la sorella di Alessandro Comneno, nelle questioni dinastiche trapezuntine, e aveva inizialmente fornito al genero il denaro e l'appoggio politico necessario per organizzare una spedizione militare nel Mar Nero al fine di riconquistare il trono perduto. In seguito, tuttavia, per le esplicite pressioni da parte di Genova (favorevole a Giovanni IV), il G. accettò di interporsi diplomaticamente fra i due fratelli, favorendo il raggiungimento, nel 1438, di un accordo che sanciva la successione di Giovanni, assicurando però ad Alessandro, in cambio del suo impegno a risiedere in Lesbo, una cospicua rendita.
Con tutta probabilità, proprio in occasione dei fitti contatti diplomatici con la corte di Costantinopoli instauratisi in quest'occasione, il G. riuscì a stabilire un altro legame dinastico di grande prestigio: nel luglio 1441, sua figlia Caterina andò in sposa a Costantino Paleologo, despota di Morea, fratello minore e futuro successore dell'imperatore Giovanni VIII, rinsaldando l'antico legame dei Gattilusio con la casa imperiale. Anche questa unione però, come molte altre di quelle combinate dai Gattilusio nel tentativo di consolidare il proprio potere e prestigio, non portò alcuno dei frutti che si erano indubbiamente sperati: poco più di un anno dopo la celebrazione delle nozze, nell'agosto 1442, Caterina morì mentre si trovava con il marito nel castello di Kokkinos, sull'isola di Lemno, assediato dai Turchi da quasi un mese.
Se questa morte improvvisa costituì indubbiamente una grave delusione per il G., uno scacco ben più grave fu indubbiamente costituito dalla morte improvvisa del suo primogenito, Francesco (III), al quale verso il 1444 aveva affidato la signoria dell'isola di Taso; Francesco aveva infatti da poco sposato sua cugina, figlia di Palamede Gattilusio signore di Enos, un matrimonio, questo, chiaramente finalizzato a ricomporre i rami della famiglia e i loro domini nell'Egeo nordorientale in vista di una più energica resistenza di fronte alla minaccia turca. Al fine di rinsaldare comunque i legami familiari interni alla propria stirpe, fu progettata immediatamente una nuova unione fra un'altra figlia di Palamede, Costanza, e il più anziano dei figli superstiti del G., Domenico; a questo progetto si oppose però in ogni modo l'ambizioso doge di Genova Ludovico Fregoso, genero del G. per averne sposato la figlia Ginevra, il quale intervenne presso il pontefice Eugenio IV perché fosse negata la dispensa necessaria alle nozze e caldeggiò invece l'unione fra Costanza e Gian Galeazzo Fregoso, probabilmente nel tentativo di rafforzare l'influenza della propria casata nel Levante.
Questi rovesci di fortuna contribuirono verosimilmente a peggiorare lo stato della salute già malferma del G. il quale, già a partire dal 1449 fu costretto a trascorrere la maggior parte del tempo a letto, delegando la gestione del potere al figlio Domenico. Proprio poco tempo dopo, Lesbo dovette subire il primo, violento attacco da parte della flotta turca, che devastò il porto di Kalloni, principale centro di produzione e imbarco dell'allume, ritirandosi dopo un saccheggio che causò danni per 150.000 ducati, mentre un altro attacco veniva respinto dalla poderosa fortezza di Molivos, la cui difesa era diretta dalla stessa moglie del G., Orietta Doria. Il G. e suo figlio riuscirono tuttavia, accettando un aumento del tributo di 2000 ducati l'anno, a stornare ancora una volta la minaccia; anzi, dopo la caduta di Costantinopoli (1453) Domenico, recatosi a rendere omaggio al Conquistatore, riuscì a ottenere dal sultano la signoria dell'isola di Lemno, dove fino ad allora i Gattilusio avevano posseduto solo il castello di Kokkinos, portando i possedimenti della casata alla loro massima estensione. Si trattava tuttavia di successi effimeri e la fine dei domini dei Gattilusio era ormai prossima, nonostante le apparenti dimostrazioni di amicizia dei Turchi, come quelle dell'ammiraglio Hamza Pasha nel giugno 1455. Ma il G. era destinato a non assistervi: il 30 dello stesso mese egli infatti morì nel castello di Mitilene, lasciando la sua signoria in eredità al figlio Domenico.
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