DONDI DALL'OROLOGIO, Francesco Scipione
Nacque a Padova il 19 genn. 1756 dal marchese Gasparo e da Maria Antonietta Cittadella. Studiò nel collegio dei nobili di Modena; tornato in patria nel 1775, venne ascritto all'Accademia dei Ricovrati e poi a quella di scienze, lettere ed arti; ordinato sacerdote nel febbraio 1780, due anni dopo, il 21 luglio, fu eletto canonico della cattedrale. Zelante nei doveri ecclesiastici e appassionato studioso di storia si impose all'attenzione dei colleghi e il 25 nov. 1796, alla morte del vescovo Nicolò Giustiniani, fu eletto dal capitolo vicario generale in regime di sede vacante.
Si avvicinavano per Padova ed il Veneto giorni tempestosi ed egli, come capo di fatto della diocesi, si trovò al centro della bufera rivoluzionaria: sino all'arrivo dei Francesi non palesò apertamente sentimenti "democratici", a differenza del fratello Scipione, "imprudentissimo e sfacciatissimo giacobino", che venne anche arrestato e tradotto a Venezia. Quando a Padova si installò la nuova Municipalità democratica non celò però il suo favore e si sforzò di orientare i fedeli a una pacifica e convinta adesione al nuovo ordine di cose, da lui dipinto come favorevole alla religione; celebrò la messa per la Municipalità nel palazzo pretorio e nella pastorale del 7 maggio 1797 ebbe parole entusiastiche per "la generosità dell'invitta Repubblica Francese" e la libertà assicurata dall'"eroe" corso: i "giacobini" lo ricambiarono acclarnandolo, due giorni dopo, vescovo della città ma la nomina, non confermata dalla S. Sede, non ebbe efficacia pratica. I suoi sentimenti "democratici" trasparirono chiari anche con l'aperta adesione alla petizione per l'unione alla Cisalpina: se certo esagera l'anonimo cronista degli Annali di Padova (Biblioteca universitaria di Padova, ms. 860) nel definirlo senz'altro "vicario giacobino", non c'è dubbio che il D. simpatizzò apertamente per la Municipalità, come del resto il suo comportamento successivo, ispirato ad un duttile pragmatismo e talvolta a un pieghevole conformismo e alla logica dei fatti compiuti, dimostrò ad abundantiam. Giurò di malavoglia fedeltà al nuovo regime austriaco (febbraio 1798), ma poi nel 1799, nel momento culminante della vittoriosa offensiva del feldmaresciallo russo A. V. Suvorov, inneggiò all'Austria, vindice della religione, e salvatrice dei popoli dalle "tenebre dell'errore", "dalla tirannia e dalla strage", che con le sue armate faceva cadere le mura di Gerico: si sbilanciò anche a deprecare le "tenebre dell'errore e dell'anarchia" della defunta democrazia e l'"apparente libertà" che "offriva i ceppi del dispotismo e i ceppi dell'irreligione", e ad inneggiare al "soave governo che ci restituì i veri diritti della vita sociale", ma nel gennaio 1801 resistette abilmente al tentativo degli Austriaci di impossessarsi di 100.000 lire della mensa vescovile. In effetti, al di là delle lodi di circostanza, di cui del resto non fu mai avaro in occasione dei numerosi mutamenti di governo che si trovò a fronteggiare, i suoi rapporti col governo austriaco furono caratterizzati da un'aperta diffidenza. Secondo il Brotto, a Padova l'imperatore avrebbe nominato vescovo il cardinale F. Herzan von Harras ma la S. Sede avrebbe rifiutato di riconoscerlo per cui il D., che il 24 sett. 1805 era stato consacrato vescovo di Salamina di Cipro, in partibus infidelium, continuò a reggere interinalmente la diocesì.
La pastorale del 1º genn. 1806, che salutava l'annessione di Padova al neonato Regno Italico, traboccava di retorica e di ridondanti espressioni di entusiasmo per il nuovo regime: agli Austriaci, "barbari" dileguatisi "come l'acqua in sulla terra", subentrava il governo dell'"Eroe del secolo", che "tanto caramente ci rappresenta... l'immagine benefica" di Dio, "invitto in guerra e sommo in pace".
Gli anni 1806-07 furono densi di riforme e innovazioni, non tutte gradite ai cittadini, ai fedeli ed al clero e talvolta neppure al mite e governativo D.: questi si rifiutò di calmare il popolo in occasione del cambio della moneta, difese vittoriosamente la competenza del tribunale ecclesiastico nelle cause matrimoniali, ma accettò volentieri di collaborare alla riduzione e concentrazione dei monasteri e questo atteggiamento gli procurò una diffusa impopolarità. La pronta e leale adesione al regime napoleonico ricevette un aperto riconoscimento: primo dei vescovi veneti ad essere nominato cavaliere dell'Ordine della Corona ferrea. l'11 genn. 1807, con decreto imperiale firmato al quartiere generale di Varsavia, fu nominato vescovo di Padova: preconizzato dal papa il 18 settembre, prestò giuramento a Milano l'8 novembre, prese possesso il 29 dicembre e fece l'ingresso solenne il 5 genn. 1808.
La sua linea di convinta e totale collaborazione col governo napoleonico continuò senza ripensamenti in tutti gli anni seguenti: emanò una lettera circolare per secondare la coscrizione obbligatoria (21 febbr. 1807), impose al clero, in parte riluttante, il nuovo catechismo nazionale, appoggiò la riforma dell'anagrafe, la traslazione dei cimiteri, celebrò Te Deum per le vittorie militari dell'imperatore, operò di concerto colle autorità la riduzione delle chiese parrocchiali di Padova (1807), subì senza batter ciglio insolenze, satire e critiche popolari in occasione dei tumulti del 1809, prese provvedimenti contro alcuni regolari troppo zelanti dell'Austria, cooperò con una circolare all'estirpazione del brigantaggio. Rimeritato della sua fedeltà con la nomina, l'8 ott. 1809, a commendatore dell'Ordine della Corona di ferro, scrisse una pastorale che segnò il culmine della sua "apologetica" napoleonica: l'imperatore è "ministro d'un Dio di giustizia e di misericordia", la sua "luminosa campagna" militare, "tutta opera del Signore", ha prostrato le aquile austriache, preservando l'Italia dal ritorno "agli orrori dei secoli Vandali e Goti" (Giornale italiano, 1809, n. 310).
Proprio all'apogeo della potenza napoleonica il D. affrontò uno dei momenti più critici, ma anche più controversi, della sua vita politica ed ecclesiastica: l'11 febbr. 1811 il Giornale italiano pubblicò, insieme a quello di altri vescovi italiani, la sua adesione all'appello dei canonici parigini (del 5 gennaio) con la rivendicazione delle libertà della Chiesa gallicana. Tanto l'indirizzo parigino quanto quello dei vescovi italiani erano stati apertamente sollecitati dal governo e il D. non avrebbe certo potuto sottrarsi, ma il testo stampato era così audace e sbilanciato in senso gallicano e antipapale da suscitare perplessità e sconcerto in molti contemporanei: finché durò il Regno Italico il D. tacque ma in una pastorale del 20 maggio 1814, quando ormaì erano tornati gli Austriaci, dichiarò falso quel documento, sostenendo che il testo stampato non corrispondeva a quello da lui scritto: la questione divise autorità politiche ed ecclesiastiche contemporanee e suscitò contrastanti intepretazioni anche tra gli storici posteriori È certo comunque che in quell'occasione il D. rifiutò la nomina ad arcivescovo di Milano; in occasione del concilio nazionale dei vescovi francesi e italiani convocato a Parigi tra il maggio e l'ottobre dello stesso anno tenne un atteggiamento defilato, anche a causa delle sue precarie condizioni di salute. In mezzo alle incessanti innovazioni del governo napoleonico e al turbinoso succedersi degli eventi militari e politici non trascurò la cura della diocesi: del suo zelo pastorale sono testimonianza sicura le lodi dei cronisti conservatori e le parole di apprezzamento più volte spese da funzionari austriaci che pure segnalarono al governo di Vienna i suoi sentimenti politici apertamente filofrancesi.
Tra le sue attività pastorali più significative, oltre all'attenzione per l'insegnamento della dottrina cristiana (nel 1813 fece anche tradurre in dialetto cimbro, ad uso dei fanciulli delle parrocchie dei Sette Comuni, il catechismo nazionale), è da ricordare la visita pastorale, condotta in più riprese dal 1809 alla morte, oggi preziosa testimonianza delle condizioni economiche, morali e religiose della diocesi negli anni del governo napoleonico, così fecondo di riforme di ogni genere.
Fedele fino all'ultimo al Regno Italico, accettò senza aperte resistenze il governo austriaco e cercò anche di ingraziarselo con la famosa ritrattazione dell'indirizzo dell'11 febbr. 1811 e con altri gesti di buona volontà e sottomissione, ma i rapporti con i nuovi dominatori rimasero sempre improntati a freddezza e diffidenza. Informazioni riservate di polizia sottolinearono alle autorità viennesi i suoi trascorsi politicì filofrancesi e le sue permanenti amicizie con persone devote a Napoleone e certo a non migliorare il clima contribuì la sua resistenza alla soppressione dell'insegnamento della teologia nel seminario; un rapporto riservato del maggiore Franco, comandante della piazza di Padova, steso nei primi giorni dell'occupazione militare della città, lo collocava addirittura tra i membri della disciolta loggia massonica ma questa notizia, non ripresa in seguito dalle autorità austriache, è probabilmente più frutto della sua pubblica fama di vicario e poi vescovo "giacobino" che di una sua effettiva adesione a una associazione di cui egli, sempre attento a rimanere nei confini della più scrupolosa ortodossia, non ignorava certo le numerose condanne papali (Brotto, p. 109).
Tra le mutevoli sorti delle vicende politiche e le quotidiane fatiche del ministero pastorale il D. trovò sempre uno spazio di tempo da dedicare ai prediletti studi di storia ecclesiastica che tanta fama gli procurarono tra i contemporanei. Sin dai primi anni del suo ingresso nel capitolo si dedicò al riordino dei documenti dell'archivio: testimonianza di questa meritoria opera di sistemazione delle fonti sono il Prospectus tabularii ecclesiae maioris Patavinae, l'Index cronologico-historicus rotulorum archivii reverendissimi capituli Patavini, gli Indices dei 34 volumi di pergamene relative alle vicende patrimoniali, giuridiche e religiose del capitolo stesso e infine la Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova (Padova 1805), utile strumento erudito per la storia di questa istituzione ecclesiastica ("li Vescovi muoiono e li Capitoli non mai", scrisse convinto nella prefazione). Arricchi di libri, codici, monete napoleoniche la biblioteca del seminario (tra l'altro donò una lettera autografa di Petrarca), favorì gli studi eruditi e fu autore egli stesso di trentuno pubblicazioni: omelie, saggi (tra cui Due lettere sopra la fabbrica della cattedrale, Padova 1794), lettere pastorali su vari argomenti di attualità civile ed ecclesistica, dissertazioni su svariati temi di erudizione ecclesiastica, elogi ffinebri, una biografia del cardinale Prata (Sinodo inedito di Pileo cardinal Prata, vescovo di Padova, e notizie della di lui vita, Padova 1795). L'intreccio tra temi storico-ecclesiastici e attualità politica traspare evidente nell'Istruzione pastorale sopra li cimiteri (Padova 1809), scritta in occasione dell'apertura del nuovo cimitero comunale fuori porta Savonarola.
I saggi "principi e massime del governo" sono "poi anche quelli della Chiesa in tutti i secoli", mutati col passare del tempo "dall'ambizione de' Grandi, dalla docile connivenza de' Vescovi, e dalla mal intesa pietà de' fedeli". La difesa della volontà napoleonica di proibire le sepolture nelle chiese e di erigere nuovi cimiteri fuori città è ricondotta alle vecchie usanze ebraiche, romane, protocristiane: i fedeli devono "cooperare efficacemente alle sagge viste del Principato, viste analoghe alle leggi della Chiesa", nella fiduciosa convinzione che "sarà decoroso al culto divino, consono allo spirito della Chiesa, utile all'umana conservazione, che non si seppelliscano cadaveri in Chiesa, ma tutti vengano indistintamente recati ne' pubblici cimiteri" (pp. 13.15).
L'opera più celebre del D. sono le nove Dissertazioni sopra l'istoria ecclesiastica di Padova (Padova 1802-1817), che non vogliono essere, per sua stessa ammissione, "una Storia seguente" ma una raccolta di "documenti" e "osservazioni" per "stabilire più solidamente in parte, ed in parte ad accrescere con nuovi lumi le fin'ora edite serie de' Vescovi di Padova" (p. 11); si tratta in effetti di una serie di biografie dei vescovi patavini, raccordate da notizie storiche sulla diocesi e accompagnate da ampie appendici documentarie. Completa il suo lavoro erudito la Dissertazione sopra li riti, disciplina, costumanze, della Chiesa di Padova sino al XIV secolo (Padova 1816).
Qui egli mette in luce le "strane e ridicole" pratiche religiose dei secoli "bui" della Chiesa padovana, che provano "le aberrazioni e debolezze dell'umane menti, le quali allontanandosi dall'ossequio ragionevole dell'Apostolo, abbracciarono il falso di buona fede, facendone anzi pompa siccome di nobile, religioso e conveniente ornamento" (p. 2): il suo moderato illuminismo disapprova i molti esempi di "materialismo" nei riti medievali ma esprime ammirazione per quei buoni cristiani "che sebben rozzi, anziché beffarsi di quelle costumanze ridicole o indecenti vi assistevano e le onoravano con sommo rispetto e venerazione per il mistero che da quelle veniva rappresentato" (p. 63).
Le ricerche storiche del D., benché non sempre inappuntabili per precisione di dati e accuratezza nell'edizione delle fonti, costituiscono un'importante tappa nella storiografia sulla diocesi di Padova. Le animosità politiche che accompagnarono tutta la sua opera di vescovo lambirono anche la sua attività di storico: se forse ha ragione il Bellini ad attribuire a Pietro Ceoldo molte indagini e la trascrizione dei documenti usati per la Dissertazioni (Bellini, Sacerdoti, p. 100), è certo frutto di livore contro il "vicario giacobino" l'insinuazione, raccolta nel marzo 1815 da un funzionario austriaco, che siano addirittura altri gli autori dei suoi lavori (Brotto, p. 221).
Morì a Padova il 6 ott. 1819.
Fonti e Bibl.: Padova, Biblioteca del Seminario, mss. 551-552: G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall'anno 1739 all'anno 1800 (ora edite a cura di L. Olivato, Padova 1982); Ibid., Biblioteca del Museo civico, ms. 1076: G. Polcastro, Memorie per servire alla vita civile e politica d'un padovano; Ibid., ms. B. P. 64: B. Fiandrini, Cronaca del monastero di Praglia; Ibid., ms. B. P. 1030: Catalogo delle pastorali, notificazioni, editti e circolari pubblicate dall'ill. e rev. mons. F.S.D.; Ibid., Bibl. universitaria, ms. 860: Annali di Padova dai primi atti della democrazia, nell'aprile del 1797 al 5 aprile 1801passim; Ibid., Arch. della Curia vescovile, Visitationum voll. CVIII, CIX, CX; Ibid., A. Comino, Memorie; S. Melan, Elogia illustrissimi et reverendissimi Francisci Scipionis episcopi Patavini urbis ecclesiis rite perlustratis in unum collecta, Patavii 1810; Id., Laudatio in funere Francisci Scipionis Dondi ab Horologio episcopi Patavini 1819; Id., Elogi, in Opere ital. e latine, III, Padova 1840, p. 75; Biografia universale antica e moderna, XVI, Venezia 1824, pp.190 ss.; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, Padova 1832, pp. 347-354 (con l'elenco completo delle opere edite ed inedite); C. Cantù, Cronistoria dell'indipendenza ital., Milano 1877, pp. 743 ss.; Y. Toffanin, Il dominio austriaco in Padova dal 20 gennaio 1798al 16 genn. 1801, Padova-Verona 1901; A. Ongaro, La Municipalità a Padova nel 1797, Feltre 1904; F. Sartori, La nobile famiglia Dondi Dall'Orologio, Padova 1901; G. Cristofanelli, Della cultura padovana sullo scorcio del sec. XVIII e nei primi del XIX, Padova 1905; L. Ottolenghi, F. S. D., vescovo di Padova e l'indirizzo 11 febbr. 1811, in Atti e mem. d. R. Accademia di scienze e lettere ed arti di Padova, n. s., XVII (1901), pp. 209-221; Id., Padova e il dipartimento del Brenta dal 1813 al 1815, Padova 1909; A. G. Brotto, F.S.D. vicario capitolare e vescovo di Padova. 1796-1819, Padova 1909 (con l'indicazione di molte fonti archivistiche padovane e veneziane); R. Cessi, Sul'indirizzo 11 febbr. 1811del vescovo F. S. D. a Napoleone, in Boll. del Museo civico di Padova, XIII (1910), pp.67-71: [L. Todesco-G. Serena], Il Seminario di Padova...., Padova 1911, pp. 247 ss., 272 s.; [G. Bellincini], La diocesi di Padova sotto il vicariato di mons. F. S. D., Padova 1923; G. Bellini, Sacerdoti educati nel seminario di Padova distintiper virtù scienza posizione sociale, Padova 1951, pp. 154 ss.; A. L. Coccato, Distribuzione e provenienza del clero nella diocesi di Padova del primo Ottocento, in Contributi alla storia della Chiesa padovana, a cura di A. Gambasin, II, Padova 1984, pp. 219-240; Id., La visita pastorale di F. S. D. nella diocesi di Padova, Vicenza 1989; P. Preto, F. S. D., vescovo "giacobino" e uomo di cultura, tra francesi e austriaci, in Contributi alla bibliografia storica della Chiesa padovana, 6, in Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, XXIII (1991), pp. 13.30; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VII, Patavii 1968, pp. 300, 376.