BRAGADIN, Donato
Figlio di un Giovanni, nel 1438 dipingeva un Battesimo di Cristo per l'altar maggiore della chiesa di S. Marina a Venezia (Sansovino, p. 41), oggi scomparso. Due anni dopo stipulò, con Iacopo Bellini, un contratto, successivamente annullato, relativo alla divisione dei guadagni delle vendite in comune (Testi, I, p. 426). Nel 1445 abita a Zara ("prudens vir magister Donatus Bragadin de Venetiis habitator Jadre") e nomina l'intagliatore Cristoforo da Ferrara, abitante a Venezia, quale suo rappresentante con pieni poteri presso il tribunale veneziano (Prijatelj, 1961). Nella stessa città dalmata viene ricordato in un altro documento databile tra il 1448 e il 1452, dal quale risulta che dipingeva nella cappella di S. Anastasia nel duomo in collaborazione con i figli Tommaso e Iacopo (ibid.).
Nel 1452 il B. è di nuovo a Venezia dove dipinge una Madonna per il refettorio di S. Elena (Sansovino, p. 212) e nel 1460 fa un polittico per la chiesa di S. Samuele (ibid., p. 115): entrambe opere perdute. Il catalogo del B. si limita al Leone di s. Marco fra s. Girolamo e s. Agostino, in palazzo ducale, firmato e datato 1459, e al Trittico Sambon nel Metropolitan Museum di New York, firmato "Opus Donati" (Bull. of the Metropolitan Mus. of art, XXXIII[1938], pp. 6-10). Nel 1468 egli abita a S. Lio, dove tiene bottega, ed emancipa il figlio Tommaso. Muore a Venezia il 30 ottobre del 1473 (Ludwig, pp. 31 s.).
Il Leone è un dipinto ritardatario ispirato a esemplari anteriori dello stesso motivo araldico, mentre il Trittico Sambon (che rappresenta nel pannello centrale la Vergine col Bambino e in quelli laterali S. Filippo e S. Agnese), "è certo opera di alta qualità: d'una finezza di esecuzione che s'accompagna ad un'estrema raffinatezza di sentimento" (Pallucchini). Partendo da queste due opere sicure, negli ultimi anni sono stati attribuiti al B. altri dipinti: La presentazione al tempio in collezione privata lombarda (Longhi), una Madonna in trono in una collezione milanese (Coletti) e le tavole con S. Maddalena e S. Caterina nell'Ashmolean Museum di Oxford (volpe).
Il B. rappresenta in un modo personale il passaggio dalle forme gotiche a quelle rinascimentali nella pittura veneziana della metà del Quattrocento. Sebbene gli elementi gotici, che si riscontrano nelle fisionomie dei suoi santi - dall'accigliato e severo S. Filippo alle gracili figure femminili delle sue Madonne e di S. Agnese -, nel ritmo delle pieghe delle loro vesti e dei loro manti, nel trono ogivale, siano dominanti, non si può negare la presenza di un alito rinascimentale specialmente nella prospettiva della veduta lagunare sullo sfondo del dipinto in palazzo ducale e nel senso dello spazio della Presentazione al tempio. Le sue opere, "di un'umanità addolcita fra il vero e il sognato" (Longhi), sono improntate a un raffinato lirismo permeato di malinconia e ci presentano un artista dai tratti individuali, dovuti forse anche a contatti con la pittura lombarda e toscana, che ha un posto non secondario nella pittura veneziana dominata allora da una parte da Iacopo Bellini, dall'altra da Antonio Vivarini.
Il figlio Tommaso era pure pittore ma non ci è nota nessuna sua opera. Viene ricordato per la prima volta nel citato documento zaratino, databile tra il 1448 e il 1452, dal quale risulta che, assieme al fratello Iacopo, aiutava il padre nel dipingere la cappella di S. Anastasia nel duomo di Zara (Prijatelj, 1961). A Venezia è nominato in un documento del 1464 (Testi, I, p. 426), mentre da un altro del 1468 rileviamo che il padre lo emancipa dandogli la possibilità di lavorare da solo (Sambon, p. 17). Viene poi nominato in documenti del 1472, del 1473 (diventa membro della Scuola della Carità), del 1480 (fra i "disciplenarij che se battono") e del 1483 (Ludwig, pp. 31 s.), mentre da uno del 1524 risulta morto. I suoi figli Matteo e Francesco erano doratori e sono ricordati nel 1524 e nel 1545 (Ludwig, p. 33).
Un altro figlio del B., Pietro, nel 1460 aveva a Zara la sua bottega nella quale insegnava a dipingere a Donato Miloševič da Crno; ebbe l'incarico di decorare il soffitto della chiesa delle monache di S. Demetrio (Fisković).
Fonti eBibl.:F. Sansovino, Venetia città nobilissima..., Venetia 1663, pp. 41, 115, 212; G. Ludwig, Archivalische Beiträge zur Geschichte der venezianischen Malerei, in Jahrb. der Preuszischen Kunstsamml., XXIV(1903), Beiheft, pp. 31-33 (anche per Tommaso); L. Testi, Storia della pittura veneziana, I, Bergamo 1909, pp. 238, 425-428 (anche per Tommaso); II, ibid. 1915, pp. 32, 56, 73, 104, 140; A. Sambon, D. B. di Giovanni, in L'Arte, XXXII (1929), pp. 15-21: (anche per Tommaso); R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pitt. venez., Firenze. 1946, pp. 51 s.; L. Coletti, Pitt. veneta del Quattrocento, Novara 1953, pp. XXX s.; C. Volpe, D. B. ..., in Arte veneta, IX (1955), pp. 17-23; R. Pallucchini, La pitt. ven. del Quattrocento. Il Rinascimento (dispense univ.), I, Padova 1956-1957, pp. 71-74; C. Fiskovi, Zadarski sredovjeni majstori, Split 1959, p. 101; K. Prijatelj, Novi podaci o zadarskim slikarima XIV-XVI stoljea,Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji, XIII, Split 1961, pp. 105 s. (anche per Tommaso); Id., B. a Zara, in Arte veneta, XVI (1962), pp. 145 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 512.