VIVA, Domenico
– Nacque il 19 ottobre 1647 a Lecce da Giacinto, barone di Specchiarosa, Specchiamezzana e Cucunule, e da Francesca Bozzomo. Seguendo l’esempio dello zio Girolamo, dopo aver studiato in famiglia fino ai quindici anni entrò fra i gesuiti, a Napoli, il 12 maggio 1663 ed emise i primi voti due anni dopo (14 maggio 1665); nel 1670 seguì le sue orme il fratello Francesco (1653-1703, morto missionario in Perù).
Tra Napoli e Lecce Viva studiò retorica e filosofia fino al 1672. Ordinato sacerdote nel 1673, iniziò a insegnare teologia nel collegio Massimo di Napoli (1673-77). Fu tra i padri ‘terziari’ nel collegio di Castellammare di Stabia (1677), poi in quello di Lecce, dove insegnò filosofia e teologia (1677-81). Emise il quarto voto il 2 febbraio 1681 a Lecce (Roma, Archivum Romanum Societatis Jesu, Ital., 18, cc. 45-46). Dal 1683 al 1708 insegnò nel collegio napoletano etica, logica, fisica, metafisica, teologia morale, casi morali, teologia scolastica. Nella comunità ricoprì in successione gli uffici di prefetto dell’oratorio della Visitazione, degli infermi, della chiesa, della biblioteca e consultore. Fu rettore (1711-15) e prefetto degli studi del collegio Massimo (1712). Il 19 marzo 1725 fu nominato preposito provinciale.
Nell’arcidiocesi di Napoli Viva fu consultore del S. Uffizio ed esaminatore sinodale (1712-25). Godette della stima di Clemente XI e Benedetto XIV, che lo citò come un’autorità nel suo trattato De Synodo dioecesana (l. IX, cap. IV). Ebbe la fiducia dell’arcivescovo di Napoli, il cardinale Francesco Pignatelli, cui dedicò l’edizione patavina degli Opuscula theologico-moralia (1721). Fu in ottime relazioni con l’arcivescovo di Benevento, il domenicano Vincenzo Maria Orsini, futuro papa Benedetto XIII, che lo scelse come teologo personale e al quale dedicò un fortunato trattato De Jubileo (Neapoli 1699). Viva intervenne al concilio provinciale beneventano del 1698, stampando, in quell’occasione, come sua prima opera, un’accurata descrizione di traslazione di reliquie (Efemeride di quanto è accaduto nella celeberrima ricognitione, e traslatione del corpo del glorioso apostolo S. Bartolomeo, Benevento 1698).
Morì a Napoli nella mattinata del 5 luglio 1726, mentre era provinciale da un anno; fu commemorato dal padre Carlo de Bonis, prefetto della biblioteca.
Dopo la sua morte, un ritratto fu apposto nell’atrio del collegio, mentre un’incisione fu premessa come antiporta all’Opera omnia nell’edizione di Ferrara del 1757 (Roma, Archivum Romanum Societatis Jesu, Hist. Soc., 149 c. 216).
Pubblicò fortunati manuali di teologia dogmatica e morale, più volte riediti, ma guadagnò fama grazie ai commentari sulle condanne pontificie della dottrina giansenista. A dispetto delle sue posizioni, sostanzialmente moderate, qualche rigoroso teologo contemporaneo non mancò di accusarlo di lassismo. Daniele Concina gli imputava di «raddolcire le dannate sentenze» ricorrendo a ogni «industriosa diligenza» (Esplicazione di quattro paradossi, Lucca-Venezia 1750, p. 69). Giovanni Vincenzo Patuzzi, con il consueto pseudonimo di Eusebio Eraniste, lo accusava di insegnare cose ancora peggiori, come, per esempio, di favorire l’aborto, sostenendo la possibilità di curare la madre incinta pur sapendo che ne sarebbe potuta derivare la morte del feto (Lettere teologico-morali, IV, Trento 1753, pp. 160 s.).
Più tardi, il gesuita Francesco Antonio Zaccaria, che si fece editore dell’Opera omnia del padre Viva, esaltò nelle annotazioni e altrove gli elementi più polemici dei suoi scritti, offrendo di lui un’immagine meno irenica (Storia letteraria d’Italia, VII, Modena 1755, pp. 416-431). Contro Concina e in difesa del teologo gesuita, scrisse anche il più giovane e meno polemico confratello Carlo Noceti (Lettera del padre Carlo Noceti, Roma 1754; Veritas vindicata, Venetiis 1757).
Nel 1715 Barthelemy des Bosses segnalava a Gottfried Wilhelm von Leibniz il padre Viva tra i «buoni autori» gesuiti contemporanei (A. Robinet, G.W. Leibniz iter Italicum, Firenze 1988, p. 39). Ludovico Antonio Muratori lo ricordava per aver assegnato all’epoca angioina una moneta rinvenuta a Benevento in occasione della ricognizione delle reliquie di s. Bartolomeo (Antiquitates Italicae Medii Aevi, II, Mediolani 1739, col. 628C). Alfonso Maria de Liguori menzionava con considerazione la dottrina morale del padre Viva in una lunga lettera a Ferdinando IV di Borbone sulla materia beneficiale (25 maggio 1773) e nella Theologia moralis citava con frequenza e stima sia lui sia il suo successore nel collegio napoletano, il padre Nicola Mazzotta.
Gli studiosi che si sono occupati di questo teologo lo presentano come un uomo esemplare, laborioso, colto e prudente. Tra i confratelli è stato stimato come un autore di rilievo (Pietro M. Salomoni), ma da altri è stato considerato come un teologo erudito, ma non profondo, e la sua produzione è stata valutata come mediamente espressiva del suo tempo (Émile Amann).
Opere. Oltre a quelle citate, come autore sistematico Viva esordì nel 1708, con i tre volumi intitolati Damnatae theses ab Alexandro VII, Innocentio XI et Alexandro VII nec non Jansenii ad theologicam trutinam renovatae juxta pondus Sanctuarii (Neapoli 1708), che dedicò ai principi Orsini e che l’anno seguente furono riediti a Padova e più volte ristampati, prima per interessamento del cardinale Giorgio Corner (1712) e poi per oltre una decina di riedizioni fino al 1732. Restò su temi di attualità quando nel 1717 diede alle stampe, a Benevento, la Trutina theologica thesium Quesnellianarum, riedita negli anni seguenti ancora a Benevento, ma pure a Padova e Ginevra (con quest’ultima opera l’autore confutava le teorie gallicane e rivendicava l’assoluta supremazia del papa sulla Chiesa con argomenti biblici e patristici; contestava l’idea che i Concili di Costanza e di Basilea avessero definito il papa sottoposto al Concilio, riferendosi, quelle assise, all’eventualità di un papa eretico e non al papa fedele alla tradizione ecclesiale). Il suo Cursus theologicus ad usum tyronum elucubratus, benché non approntato per la pubblicazione dall’autore, fu edito dal nipote Ignazio Viva e stampato a Padova in otto volumi (1712), con parecchie ristampe. Nel 1723 ancora a Padova apparve il Cursus theologico-moralis, dedicato al principe Marco Antonio Borghese.
Fonti e Bibl.: La documentazione su Viva è rintracciabile a Roma in vari fondi dell’Archivum Romanum Societatis Iesu, specie Neap., 85, 86, 89, 107-144, 198; Epp. Ext., 6, c. 137r. Alcune sue lettere al cardinale Orsini si conservano nella Città del Vaticano, presso l’Archivio apostolico Vaticano (Fondo Finy, 21).
Un profilo biografico di Viva fu scritto dal confratello Pietro M. Salomoni, tradotto in latino dal padre Antonio Righetti e stampato come introduzione all’Opera omnia edita da Francesco Antonio Zaccaria in otto volumi (Ferrariae 1757, I, pp. IX-XXII). Cenni essenziali s.v. in L.M. Chaudon, Nuovo dizionario istorico, XXI, Bassano 1796, pp. 248 s.; A. de Backer - A. de Backer, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus, V, Liége 1859, pp. 766-769; C. Sommervogel, Bibliothéque de la Compagnie de Jésus, VIII, Bruxelles-Paris 1898, coll. 859-866; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, IV, Oeniponte 1913, pp. 946 s.; P. Tacchi Ventura, V., D., in Enciclopedia italiana, XXXV, Roma 1937, col. 522; É. Amann, s.v., in Dictionnaire de théologie catholique, XV, Paris 1947, coll. 3144-3146; L. Schmitt, Synopsis historiae Societatis Jesu, Lovanii 1950, coll. 643, 762; B. Schneider, s.v., in Lexikon für Theologie und Kirche, X, Freiburg 1965, col. 827; M. Errichetti, L’antico Collegio Massimo dei gesuiti a Napoli (1552-1806), in Campania Sacra, VII (1976), pp. 170-264 (in partic. pp. 244 s.); E. Narciso, Illuminismo e cultura cattolica sannita nel secolo XVIII, in Illuminismo meridionale e comunità locali, a cura di E. Narciso, Napoli 1988, pp. 26-62 (in partic. pp. 36-38); F. Iappelli, s.v., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, IV, Roma-Madrid 2001, coll. 3990 s.; F. Lepore, Vincenzo Maria Orsini (Benedetto XIII) e la Chiesa del suo tempo, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, 2009, vol. 63, pp. 125-158.