SAVELLI, Domenico
SAVELLI, Domenico. – Nacque il 15 settembre 1792 a Speloncato, in Corsica, da Gregorio Maria, lontano parente dell’omonimo aristocratico casato di Roma, e da Agata Maria Arrighi, proveniente dalla piccola nobiltà isolana.
Dopo gli studi nel seminario di Ajaccio, fu ordinato sacerdote nel 1816 e si trasferì a Roma nel 1818, per studiare teologia e diritto in Sapienza, ottenendo il titolo di dottore in divinità ad honorem nel 1822 e la laurea in diritto canonico e civile nel 1825. Distintosi nella pratica delle cause trattate dall’uditorato della congregazione del Concilio, nel 1827 fu chiamato come vicario dal vescovo di Cesena, Anton Maria Cadolini. Giunto nel 1829 a Imola come vicario del cardinale Giacomo Giustiniani, che ottenne da Gregorio XVI la facoltà di restare a Roma, Savelli si trovò a esercitare un ruolo di peso nell’amministrazione diocesana.
Poco si sa sul suo operato nei moti del 1831, ma esso dovette suscitare l’apprezzamento del papa, che lo chiamò a Roma come prelato domestico e lo nominò, nel 1832, delegato apostolico di Rieti, destinandolo quindi alle sedi di Frosinone (1834-38), Perugia (1838-41) e Macerata (1841-45). I «mezzi franchi e speditivi» (Ciccolini, 1865, p. 18) impiegati da Savelli nell’amministrazione, procurandogli presso gli avversari fama di «cupidigia e severità» (Farini, 1853, I, p. 149), ne favorirono tuttavia l’ascesa durante le turbolente vicende del ‘lungo Quarantotto’.
Tornato a Roma nel 1845 come giudice del tribunale criminale di appello e membro della congregazione per la revisione dei conti, alla morte di Gregorio XVI Savelli fu inviato dal Collegio cardinalizio a Bologna, come commissario straordinario dotato di pieni poteri per mantenere l’ordine nelle quattro Legazioni (Martina, 1974, p. 84). Conclusosi rapidamente il conclave del giugno 1846 con l’elezione di Pio IX, nel 1847 Savelli si vide assegnare per qualche mese il governo delle delegazioni di Viterbo e di Forlì. Entrato nel vivo l’esperimento riformistico inaugurato dal pontefice, questi volle però affidarsi all’esperienza del prelato per la riforma della polizia, luogo fondamentale della mediazione tra il governo e gli interessi dei nuovi ceti borghesi (Hughes, 1994). Prima come progovernatore di Roma e direttore generale di polizia (novembre 1847), poi come titolare del nuovo ministero di Polizia nel gabinetto Ferretti nominato il 30 dicembre 1847, Savelli si confrontò con il riordino della polizia e con la gestione dell’ordine pubblico nell’Urbe, teatro delle agitazioni promosse dai circoli popolari. Mentre emergevano i limiti del tentativo riformista di Pio IX, che, affidato a una serie di esperimenti disorganici, si prestava a essere strumentalizzato e spinto troppo innanzi dall’opinione pubblica, la difficoltà di contenere tali pressioni con gli scarsi mezzi della polizia e della guardia civica (Tencajoli, 1934, p. 6) rendeva Savelli consapevole della necessità di operare quel rafforzamento del potere centrale che sarebbe stato l’obiettivo della sua azione futura. Raggiunto Pio IX a Gaeta dopo la fuga del novembre 1848, nell’aprile 1849 fu incaricato di preparare l’avanzata austriaca nelle Marche e restaurarvi, dopo la vittoria degli imperiali contro la Repubblica Romana, il governo pontificio, in qualità di commissario straordinario ad Ancona e Ascoli. Nelle settimane precedenti la caduta di Ancona (21 giugno 1849) Savelli diresse la reazione legittimista nelle province marchigiane, servendosi delle bande irregolari per sfiancare il regime repubblicano (Farini, 1853, IV, pp. 66-67).
Dopo la resa della Repubblica alle truppe francesi (4 luglio 1849), la commissione governativa di Stato, chiamata a dirigere l’amministrazione fino al ritorno di Pio IX nell’Urbe, nominò Savelli ministro dell’Interno (8 agosto 1849). Egli si trovò così a presiedere alla riorganizzazione degli apparati statali intrapresa dopo la crisi rivoluzionaria. «Solo ministro che avesse realmente potere» rispetto alla segreteria di Stato, secondo Raffaele De Cesare (1907, I, p. 23), Savelli riuscì a imporsi sulla debole commissione governativa, come lamentava il comandante dell’occupazione francese, che individuava nel ministro dell’Interno il principale oppositore della politica della Francia, volta a tutelare i compromessi dagli eccessi della repressione, limitando l’azione poliziesca attraverso l’ingerenza militare (Vincennes, Service historique de la Défense, G6, carton 4, Rostolan a Tocqueville, 10 settembre 1849). La decisione di Savelli nell’epurazione degli impiegati e nel perorare un’interpretazione rigida dell’amnistia annunciata da Pio IX in settembre, che la Francia intendeva invece estendere il più possibile, fece montare la tensione diplomatica tra i due governi (La Courneuve, Archives diplomatiques, Corr. pol., Rome SS, vol. 990, ff. 405-410, l’agente straordinario Corcelle a Rayneval, 28 settembre 1849), fino alla caduta del gabinetto Barrot e alla svolta conservatrice della politica francese.
Allo zelo repressivo Savelli abbinò la volontà di semplificare e centralizzare gli ordinamenti statali, emersa già nella proposta – respinta dalla commissione governativa – di uniformare la legislazione daziaria nelle province (Archivio di Stato di Roma, Misc. Comm. Gov. di Stato, fasc. 2, il ministro della Giustizia al ministro del Commercio, 27 agosto 1849, rapporto allegato s.d.). Furono però degni di nota soprattutto il regolamento di polizia del 1850, prima esauriente sistemazione legislativa della materia nello Stato pontificio (Lucrezio Monticelli, 2012, pp. 198-204), e gli editti della segreteria di Stato del 22 e 29 novembre 1850, con cui si riformavano le amministrazioni provinciali e comunali sulla base del più rigido accentramento, dando così attuazione ai progetti di Savelli, per il quale sull’«ordine municipale», da cui «principia la sintetica esplicazione della forza governativa di uno Stato», andava fondato «un robusto armonico gerarchico ordinamento delle autorità» (Archivio di Stato di Roma, Min. Interno, b. 118, Savelli a Della Genga, 11 agosto 1849).
Creato cardinale diacono di S. Maria in Aquiro nel concistoro segreto del 10 marzo 1853, Savelli fu sostituito al ministero dell’Interno da Teodolfo Mertel e assunse la presidenza della Consulta di Stato per le finanze, tentando di rendere più sostenibile il bilancio dello Stato tramite la razionalizzazione del personale burocratico (Archivio di Stato di Roma, Cons. St. Fin., b. 144, Rapporto sopra disposizioni relative al ramo degl’impiegati civili del governo, 13 gennaio 1854). Le proposte della Consulta, organo privo di poteri concreti, caddero nel vuoto pur essendo di anno in anno reiterate (Jankowiak, 2007, pp. 181-188). Proprio la questione finanziaria determinò, nel 1859, la rottura tra Pio IX e Savelli, quando il cardinale protestò contro l’irregolarità delle spese sostenute dal ministero delle Armi, chiedendo al papa di non convalidarle. La protesta, giunta quando la situazione politica della penisola dopo la fine della seconda guerra d’indipendenza metteva a repentaglio la sopravvivenza dello Stato pontificio, poteva peraltro essere letta come un atto di sfiducia nei confronti del segretario di Stato Giacomo Antonelli, allora alla testa del ministero delle Armi, e indusse Pio IX a sollevare Savelli dall’incarico di presidente della Consulta (Vincennes, Service historique de la Défense, G6, carton 7, il generale Goyon al ministro Randon, 10 dicembre 1859; Roncalli, 1972-2009, IV, p. 112).
Ritiratosi a vita privata, Savelli visse in solitudine fino alla morte, sopraggiunta dopo una lunga malattia il 30 agosto 1864.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Segr. Stato, Corrisp. Gaeta e Portici, rubrica 165, f. 11; Archivio di Stato di Roma, Miscellanea della Commissione governativa di Stato, busta unica; Ministero dell’interno, Amministrazione pubblica, bb. 23, 28, 118, 162; Consulta di Stato per le finanze (1850-1870), 110-118 (verbali della Consulta, 1853-1859), 120-129 (verbali della Commissione permanente, 1854-1859), 144-148 (rapporti e rescritti, 1853-1859); Vincennes, Service historique de la Défense, série G6 (Expédition de Rome, 1848-1870), cartons 4, 7; La Courneuve, Archives diplomatiques, Correspondance politique, Rome Saint-Siège, vol. 990.
Dedicano attenzione a Savelli L.C. Farini, Lo Stato romano dal 1815 al 1850, Firenze 1853, I, pp. 149 s., 173, 276, 285, 316, 339, II, p. 67, IV, pp. 66 s., 155, 248; M. Minghetti, Miei ricordi, I, Torino 1889, pp. 186 s.; N. Roncalli, Cronaca di Roma, a cura di M.L. Trebiliani - D.M. Bruni, I-IV, Roma 1972-2009, ad indicem. Apologetico, ma ricco di notizie è S. Ciccolini, Intorno a monsignor Savelli, Roma 1865. Notizie aneddotiche in R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno di Pio IX al 20 settembre, I-II, Roma 1907. Una prima ricostruzione biografica, priva però di precisi riferimenti documentari, in L. Tencajoli, Cardinali corsi. Domenico Savelli, ministro di Pio IX (1792-1864), in Corsica antica e moderna, III (1934), 2, pp. 1-21. Accurate le voci di C. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates, Stuttgart 1978, pp. 516 s. e P. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 630 s. Per il contesto politico-amministrativo in cui si svolse la carriera di Savelli, D. Demarco, Il tramonto dello Stato pontificio. Il papato di Gregorio XVI, Torino 1949; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974; M. Caravale - A. Caracciolo, Lo Stato pontificio da Martino V a Pio IX, Torino 1978; G. Martina, Pio IX (1851-1866), Roma 1986; F. Jankowiak, La curie romaine de Pie IX à Pie X. Le gouvernement central de l’Église et la fin des États pontificaux, Rome 2007. Su polizia e ordine pubblico in un’ottica di medio periodo, G. Santoncini, Ordine pubblico e polizia nella crisi dello Stato pontificio (1848-1850), Milano 1981; S.C. Hughes, Crime, disorder and the Risorgimento. The politics of policing in Bologna, Cambridge 1994; C. Lucrezio Monticelli, La polizia del papa. Istituzioni di controllo sociale a Roma nella prima metà dell’Ottocento, Soveria Mannelli 2012, pp. 198-204.