MONLEONE, Domenico
MONLEONE, Domenico. – Nacque a Genova il 4 genn. 1875 da Leonardo e da Giovanna Gennaro.
Il padre godeva della stima di G. Verdi e fu musicista versatile: violinista nell’orchestra civica diretta da A. Mariani, direttore d’orchestra, organista, insegnante presso il Civico istituto di musica di Genova, prolifico compositore, commerciante di strumenti musicali e organizzatore di concerti. Il fratello Giovanni (1879-1947), fu letterato e pubblicista e stretto collaboratore del M. (gli fornì i libretti di tutte le opere di seguito citate, salvo diversa indicazione).
Il M. intraprese lo studio del violino presso il liceo musicale N. Paganini di Genova con G. Bacigalupo e lo continuò privatamente con C. Moresco. Proseguì quindi gli studi presso il conservatorio di Milano con L. Mapelli diplomandosi nel 1895. Nello stesso anno debuttò come direttore d’orchestra al Politeama Genovese, attività che continuò fino al 1901 lavorando in Germania, Olanda, a Costantinopoli, Atene e Vienna (Theater an der Wien). Nella città natale diresse l’oratorio Mors et vita di Ch. Gounod e, tra i primi in Italia, l’Agape sacra dal Parsifal di R. Wagner. Nel 1904 presentò al concorso internazionale bandito dall’editore Sonzogno la sua prima opera, Cavalleria rusticana, sul medesimo soggetto – già musicato da P. Mascagni – tratto dalle scene popolari di G. Verga.
Alla partitura premise una spiegazione in cui, dopo aver reso omaggio a Mascagni, il M. ricorda i molti precedenti storici di opere liriche basate sullo stesso argomento e dichiara di aver effettuato tale scelta poiché non aveva trovato un altro soggetto che corrispondesse alle caratteristiche del bando.
L’opera piacque alla giuria, e fu segnalata dal segretario A. Galli ma, per volontà di Sonzogno, fu esclusa per i problemi che sollevava rispetto ai diritti d’autore. I fratelli Monleone dal canto loro non avevano chiesto a Verga il permesso di utilizzare la novella, che era già stata al centro di una dura contesa giudiziaria tra Sonzogno, Mascagni e Verga stesso.
La nuova Cavalleria costituiva un’ulteriore complicazione e il M. si dichiarò pronto a distruggerla se l’editore gli avesse commissionato un’altra opera, ma non se ne fece nulla. Passarono alcuni anni, fin quando l’impresario olandese Michel De Hondt decise di rappresentarla, il 5 febbr. 1907, al Paleis voor Volksvlyt di Amsterdam (l’Olanda non aveva ancora firmato la Convenzione di Berna sui diritti d’autore). L’«Altra Cavalleria», come venne subito ribattezzata, ebbe successo e, nel giro di poco tempo, fu replicata in diversi teatri olandesi, in Francia, Ungheria, Austria, ad Atene, Costantinopoli e Londra, per un totale di 25 recite in cui, curiosamente, era abbinata alla Cavalleria di Mascagni.
Nel frattempo il M. ottenne da Verga l’assenso alla rappresentazione in Italia. Il 10 luglio l’opera riscosse un caloroso successo al teatro Vittorio Emanuele di Torino, diretta da A. Guarnieri e, il 20 dello stesso mese, fu ripresa al Politeama Genovese. Si progettavano altre rappresentazioni ma a quel punto intervenne Sonzogno che, incoraggiato dal direttore della Società degli autori, M. Praga, intentò causa a Verga, al M. e al suo editore milanese A. Puccio. Questa volta Verga sostenne che la somma ricevuta una tantum da Sonzogno nel 1892 al termine di una lunga querelle giudiziaria con Mascagni non aveva comportato la cessione dei suoi diritti, e nelle argomentazioni avversarie, che sostenevano la tesi della concorrenza sleale poiché ormai la Cavalleria di Mascagni aveva avuto oltre mezzo milione di recite in tutto il mondo, ravvisò la prova che quell’accordo gli era stato carpito con dolo. I tribunali diedero ragione a Sonzogno e la Corte di cassazione di Torino bloccò la diffusione dell’opera del Monleone. Il caso fece discutere molto perché era forse la prima volta che veniva impedita la rappresentazione di un’opera in quanto basata sullo stesso soggetto di un’altra. Solo nel 1939 Mascagni, in occasione d’una rappresentazione genovese della sua Cavalleria, tolse il veto sull’opera del M., il quale nel frattempo ne aveva adattato la musica a un altro libretto (La giostra dei falchi, Firenze, teatro Verdi, 18 febbr. 1914, ripresa anche al Lirico di Milano, 5 sett. 1917).
Il secondo lavoro teatrale del M. fu l’operetta Una novella del Boccaccio, presentata al Politeama Genovese (26 maggio 1909) sotto lo pseudonimo di Walter di Stolzing, su libretto del fratello, che usò quello di Raoul D’Avergnac. Seguì Alba eroica, su commissione del Municipio di Genova, in occasione del cinquantesimo anniversario della spedizione dei Mille, rappresentata al teatro Carlo Felice (5 maggio 1910) con la direzione di G. Bavagnoli, quindi a Torino (teatro Vittorio Emanuele, 1914), Roma (teatro Adriano, 1916) e al Politeama Genovese (14 maggio 1919).
Ispirata all’episodio risorgimentale dei fratelli Bandiera, nonostante l’intento celebrativo l’opera coniuga con naturalezza l’elemento eroico e quello elegiaco e fu lodata per la fantasia e la strumentazione elaborata.
Tre anni dopo fu la volta de L’arabesca, su libretto del fratello in collaborazione con Biante Montelioi (pseudonimo di E. Bonetti). L’opera, di ambientazione e colori orientaleggianti, vinse il primo concorso nazionale bandito nel 1912 dal Municipio di Roma e fu rappresentata al teatro Costanzi l’11 marzo 1913, quindi a Venezia e Genova e, in una versione francese, anche in Belgio e Francia. Nel 1916 il M. scrisse Suona la ritirata, «dramma militare», tratto da un lavoro di F.A. Beyerlein, che poco concedeva agli elementi passionali e fu allestito al teatro Lirico di Milano (23 maggio), quindi a Torino, Firenze, Modena, Venezia e anni dopo al Carlo Felice di Genova (29 genn. 1927). In una versione tedesca curata dallo stesso Beyerlein, fu riproposto allo Stadttheater di Cottbus (1926) con il titolo Zapfenstreich. Quando l’editore Puccio cessò l’attività il M. strinse un accordo (1918) con Sonzogno che, da quel momento, pubblicò regolarmente i suoi lavori. Nel 1921, il 7 maggio, andò in scena al teatro La Fenice di Venezia, interpreti principali A. Pertile e M. Stabile, il dramma lirico Il mistero, accolto favorevolmente e ripreso a Genova (3 dicembre), al teatro Verdi di Firenze (1923), allo Stadttheater di Erfurt (in tedesco), al Gran Théatre des arts di Rouen (in francese, 1926).
Quest’opera utilizza un libretto rielaborato da G. Monleone sul soggetto che Verga, nel 1908, aveva proposto al M. in sostituzione del libretto della Cavalleria proibita. In un secondo tempo Verga e il M. avevano convenuto di non adattare il testo alla musica dell’opera contestata ma di utilizzarlo per una completamente nuova. Il mistero, in cui il M. abbandona i tratti più drammatici preferendo atmosfere più sentimentali, fu apprezzato per la modernità anche da R. Strauss.
Nel 1926 il M. diede alle scene Fauvette (Genova, teatro Carlo Felice, 2 marzo), ambientata a Parigi con una vicenda non immemore della Bohème di G. Puccini. L’opera fu giudicata positivamente per la bellezza dei declamati melodici e la strumentazione delicata, anche se fu criticata per l’uniformità dei colori. Nel genere comico il M. produsse Schêuggio Campann-a (Genova, teatro Carlo Felice, 12 maggio 1928, direzione di S. Failoni) su libretto di E. Canesi e A. Martinelli da una commedia dello stesso Canesi per G. Govi.
Si tratta di una delle pochissime opere liriche in dialetto genovese (dopo O mego pe forza di N. Bacigalupo e M. Novaro del 1874), dalla musica particolarmente briosa, in cui il colorito locale è ricreato utilizzando le cantilene popolari e i caratteristici trallalleri. Il lavoro fu proposto anche in una riduzione italiana con il titolo Il patto dei tre, e la critica elogiò il discorso musicale incalzante e in particolare il preludio sinfonico al terzo atto, una pagina descrittiva ispirata alla notte genovese.
Il 7 marzo 1933 il Carlo Felice ospitò la prima de La ronda di notte, nuovo lavoro del M. – ispirato al quadro di H. Rembrandt – che fu eseguito con molto successo anche in Olanda. L’ultima opera del M. fu Notte di nozze, su libretto di E. Bonetti da un soggetto di Sem Benelli, che vinse un concorso nazionale e fu allestita presso il teatro Sperimentale di Bergamo il 17 sett. 1940 con la direzione di A. Votto. Negli anni Trenta i lavori del M. godettero anche della diffusione radiofonica: l’EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) nel 1933 trasmise L’arabesca e La ronda di notte, nel 1934 Il mistero e nel 1941 Notte di nozze.
Il M. morì a Genova il 15 genn. 1942.
Al momento della morte il M. stava per licenziare un nuovo lavoro, Il monaco bianco, su libretto tratto da un dramma dello scrittore spagnolo F.B. de Marquina, che nella stesura dovrebbe aver preceduto Notte di nozze. Un’altra opera, Sotto il Knut, rimase inedita, mentre nell’archivio del fratello Giovanni si conservano i libretti di altre due opere per la musica del M.: Il barone di Münchhausen e Il mantello rosso. Lavoratore instancabile, il M. collaborò anche alla sovrintendenza del teatro Carlo Felice con C. Marchi nel periodo 1927-42. Godeva dell’amicizia di L. Mancinelli e di U. Giordano e fu compositore appartato, lontano da scuole e correnti artistiche. La sua produzione si distingue per la vena melodica di stampo pucciniano e per la strumentazione accurata. Nei suoi melodrammi una controllata modernità si fonde con le forme tradizionali dell’opera e i personaggi risultano sempre ben caratterizzati. Queste peculiarità gli permisero di ottenere calorosi consensi da parte del pubblico, mentre la critica gli rimproverò una sostanziale indifferenza rispetto alle tendenze della musica contemporanea.
Musiche per canto e pianoforte: La schiava e il pascia, fantasia fonofilmica (testo di G. Monleone), riduzione, Italia (s.l. né d., stampato in luogo di manoscritto, edizione fuori commercio; A una stellina, Genova 1925; L’atteso (versi di U. Garbieri), Milano 1918. Musica per banda: La Bohème di G. Puccini, fantasia, Milano 1897.
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