DOCIBILE
Secondo di questo nome, figlio dell'ipato di Gaeta Giovanni (I), nacque durante il governo del nonno Docibile (I), probabilmente nel penultimo decennio del sec. IX, visto che già nel 934 suo figlio Giovanni (II) sottoscriveva insieme con lui i documenti ufficiali. Non è noto quando venne associato dal padre al governo, ma è probabile che ciò avvenne non molto tempo dopo la morte del nonno Docibile (I), l'ultima volta menzionato come vivo nel 906.
Le fonti ricordano D. come correggente per la prima volta nel 914, alla vigilia della battaglia sul Garigliano. Egli partecipò verosimilmente alle trattative condotte nell'aprile o nel maggio 915 da Giovanni, suo padre, con lo stratega bizantino Nikolaos Picingli a proposito della distruzione della colonia saracena sul Garigliano. È ricordato, infatti, come correggente nel documento emanato in questo stesso periodo per incarico del papa Giovanni X e relativo all'alleanza antisaracena.
Per convincere ad aderire alla lega i signori di Gaeta che ormai da tre decenni tolleravano sul loro territorio la colonia saracena, servendosene come baluardo contro i conti longobardi di Capua, a Giovanni fu conferito il titolo bizantino di patrizio imperiale. D., invece, non ricevette alcuna onorificenza: il che mostra come a Gaeta - a differenza di Amalfi, dove cinque anni più tardi sia il capo sia il correggente furono investiti di titoli bizantini - si potesse fare a meno di simili legittimazioni, dato che la dinastia fondata da Docibile (I) governava indisturbata ormai da quasi cinquant'anni. Più importanti dei riconoscimenti da parte bizantina erano per i signori di Gaeta le concessioni del papa e della nobiltà romana che nel documento summenzionato donavano loro i territori di Traetto e di Fondi e inoltre la somma di 1.000 mancusi. La cessione di Traetto e Fondi, tuttavia, era forse soltanto la conferma di una donazione più antica di papa Giovanni VIII. Purtroppo a questo proposito le fonti non danno alcuna certezza. Rimane il dubbio sull'autenticità del documento che l'attesterebbe, e non si sa neanche se la donazione abbia avuto effetto.
Nelle fonti narrative relative alla battaglia sul Garigliano, che portò alla completa distruzione della colonia saracena, i nomi di D. e di suo padre non compaiono. Soltanto un'iscrizione menzionata anche nella cronaca di Leone Ostiense di due secoli più tardi testimonia che anch'essi erano coinvolti. Questa iscrizione oggi murata nel basamento del campanile del duomo di Gaeta, si trovava originariamente in una norre" strategicamente importante vicino al ponte della via Appia sul Garigliano che era stata distrutta nel corso dei combattimenti. Il testo, varie volte discusso dagli studiosi, informa che Giovanni ricostruì l'edificio e lo donò al figlio Docibile.
La notizia riportata da una fonte agiografica del sec. XII secondo la quale D. fece traslare dopo la battaglia sul Garigliano le ossa di s. Erasmo da Formia a Gaeta è frutto invece di uno scambio di persona (B. Lohrmann, Die Jugendwerke des Johannes von Gaeta, in Quellen und Forsch. aus ital. Arch. und Bibl., XLVII [1967], pp. 429 s.); mentre è sicuramente riferibile a D. il racconto di un altro agiografo, secondo il quale egli sarebbe stato testimone di una guarigione miracolosa avvenuta alla tomba di s. Eupuria.
Come correggente del padre D. si qualificò inizialmente, fedele alla tradizione, come ipato, ma a partire dal 930 si riscontra nei documenti il titolo allargato di dux et ypatos, che continuò ad usare anche nei primi anni del suo governo autonomo. Dal 939 in poi egli però si qualificò soltanto come dux. L'assunzione del titolo ducale non va però interpretata come segno di emancipazione politica dai duchi di Napoli (in verità realizzata da tempo), ma corrispondeva piuttosto al desiderio di prestigio di un signore, il padre del quale aveva potuto fregiarsi del prestigioso titolo di patrizio imperiale. Del resto già nel 924 uno zio di D. è ricordato come dux di Terracina. Ma soltanto i figli e successori di D. si adeguarono completamente all'uso napoletano, assumendo il titolo di consul et dux. I bizantini però non tennero conto di questi cambiamenti e ontinuarono a chiamare il signore di Gaeta ἄρχων.
Nel 933 o nel 934 D. diventò unico signore di Gaeta dopo essersi dovuto contentare a lungo, come suo padre, del ruolo di correggente. Ma già prima della morte del padre D., a sua volta, aveva associato nel governo il figlio Giovanni (II), che sin dal 934 sottoscriveva insieme con lui i documenti. Poco dopo D. abbandonò l'uso della datazione in base agli anni di governo degli imperatori bizantini. Era il periodo della rivolta dei signori longobardi i quali, alleatisi con il marchese di Spoleto, combattevano allora contro i Bizantini. L'abbandono della datazione bizantina da parte di D. mostra che Bisanzio stava perdendo sempre più la sua influenza politica nell'Italia meridionale.
Le fonti narrative del tempo non ricordano D., e perciò non sappiamo in quale misura egli sia intervenuto nelle lotte locali. Il Chronicon Salernitanum riferisce soltanto che Atenolfo Megalu, il gastaldo di Aquino imparentato con D., verso il 953 si ritirò con la famiglia a Gaeta, dopo aver imprigionato l'abate di Montecassino e in conseguenza subito l'assedio da parte di Landolfo I di Capua e di Gisulfo I di Salerno (p. 170, c. 164: vedi anche F. Scandone, Il gastaldato di Aquino, pp. 54-57). Come il nonno omonimo, anche D. strinse legami di parentela con le dinastie locali vicine. Sua moglie Orania (inizialmente ricordata con il titolo di ypatissa, poi con quello di ducissa) apparteneva forse alla dinastia dei duchi di Napoli. La figlia Maria sposò un principe di Capua-Benevento; anche due sorelle di D. avevano sposato nobili di quel principato.
Il testamento di D. corrisponde in molti punti a quello di Docibile (I) del 906, ma è molto più lungo. I più di trenta famuli elencati nel documento con le loro famiglie, ai quali D. concedeva la libertà, testimoniano l'allargamento della casa del principe. Al figlio e correggente Giovanni D. lasciò la residenza (palatium) e la torre sul Garigliano, insieme con altre terre. Anche i figli Gregorio e Marino - che dopo la morte di Giovanni avrebbero assunto, l'uno dopo l'altro, il governo a Gaeta - ebbero numerose case e possedimenti. Il confronto con altri documenti dimostra però che non tutte queste terre provenivano dal patrimonio privato del testatore. Molte di esse, sparse qua e là, facevano parte del Demanio (publicus). Siamo di fronte a una confusione tra proprietà privata e pubblica che si riscontra peraltro anche presso le dinastie di Napoli e di Amalfi. Alcuni possedimenti, situati per la maggior parte sulle rive del Garigliano, e due case a Napoli, dovevano invece restare proprietà comune di tutti i figli e le figlie. Il figlio Marino è ricordato per la prima volta nel 945 come dux di Fondi, un indizio che questa zona, una volta di proprietà pontificia, conservò la sua autonomia territoriale, come più tardi la regione intorno a Traetto e Castro Argento.
D. morì tra il 954 e il 957, anno in cui il figlio Giovanni è ricordato per la prima volta come suo successore a Gaeta.
Fonti e Bibl.: Historia miraculorum s. Eupuriae virginis, in Acta sanctorum Maii, III, Antverpiae 1680, p. 576c; Codex diplomat. Caietanus, I, Montecassino 1887, pp. 40 ss., nn.22, 30, 33, 35-37, 39, 41, 44-51, 52 (testamento del 954); P. Fedele, La battaglia del Garigliano dell'anno 915..., in Arch. della Società romana di storia patria, XXI (1899), pp. 189, 205 (testo dell'iscrizione), 207; Regesta chartarum, a cura di G. Caetani, Perugia 1922, pp. 1 ss. (edizione migliorata del testamento del 954); O. Vehse, Das Bündnis gegen die Sarazenen vom Jahre 915, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, XIX (1927), pp. 190, 202; P. Fedele, Il ducato di Gaeta all'inizio della conquista normanna, in Arch. storico per le prov. napoletane, XXIX (1904), pp. 58 s. nota 1; J. Gay, L'Italie méridionale et l'Empire byzantin..., Paris 1904, p. 252; F. Scandone, Il gastaldato di Aquino, in Arch. stor. per le prov. napol., XXIX (1909), pp. 54-57; M. Merores, Gaeta im frühenMittelalter (8.-12. Jh.), Gotha 1911, pp. 24 s., 63 s., 67, 72 ss., 79, 83, 85, 92 e passim; P. Egidi, Per l'iscrizione di Gaeta che ricorda la battaglia del Garigliano del 915, in Arch. della Società romana di storia patria, XLII (1919), p. 309; G. Arnaldi, La torre di Datto sul Garigliano, in Arch. storico per le prov. napoletane, LXXI (1950-1951), pp. 79 s.; G. Cecchelli, La torre di Pandolfo Capodiferro al Garigliano..., in Arch. della Società romana di storia patria LXXIV (1951), pp. 55, 18; C. G. Mor, L'età feudale, Milano 1952, pp. 263, 273, 292; G. Arnaldi, La fase preparatoria della battaglia del Garigliano del 915, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Napoli, IV (1954), pp. 129, 132, 140; V. v. Falkenhausen, La dominazione bizantina nell'Italia meridionale dal IX all'XI secolo, Bari 1978, pp. 37s.; J.-F. Guiraud, Le réseau de peuplement dans le duché de Gaète du Xe au XIIIe siècle, in Mélanges de l'Ecole française de Rome, XCIV (1982), 2, p. 491; V. v. Falkenhausen, I Longobardi meridionali, in Storia d'Italia, (UTET), III, Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, Torino 1983, pp. 350 s.