In genetica clinica, diagnosi e trattamento dei difetti congeniti. Il termine, coniato da D.W. Smith nel 1966, ha sostituito nell’uso corrente il vocabolo teratologia.
Le anomalie di un organo, di una porzione di un organo o di una regione più vasta dell’organismo possono derivare da cause intrinseche o da cause estrinseche (traumi, infezioni o farmaci teratogeni), che agiscono sui processi di uno sviluppo originariamente normale: nel primo caso si parla di malformazione, nel secondo di distruzione (disruption).
Tipi di anomalie congenite sono la deformazione e la displasia. Nella prima si verifica un’alterazione nella struttura e nella posizione di una parte del corpo. La displasia è invece un’alterata organizzazione delle cellule nei tessuti: l’alterazione dei condrociti che determina l’acondroplasia (➔) ne costituisce un esempio. Nelle anomalie in cui siano coinvolti il numero o la struttura dei cromosomi sono estremamente attendibili l’analisi del cariotipo e la FISH (➔ citogenetica); nelle malattie monogeniche, invece, si può effettuare una diagnosi molecolare mediante l’uso di sonde di DNA solo se il gene è stato identificato o si conosce la sua localizzazione su un tratto di cromosoma (➔ mappa).