Dirty Harry
(USA 1971, Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo, colore, 102m); regia: Don Siegel; produzione: Don Siegel, Carl Pingitore per Warner Bros./Seven Arts/Malpaso; soggetto: Harry Julian Fink, Rita M. Fink; sceneggiatura: Harry Julian Fink, Rita M. Fink, Dean Riesner; fotografia: Bruce Surtees; scenografia: Dale Hennesy; montaggio: Carl Pingitore; musica: Lalo Schifrin.
Il rude ispettore Harry Callahan (Callaghan nell'edizione italiana) è incaricato del caso Scorpio, un giovane killer che spara dai tetti: il criminale chiede un lauto riscatto alle autorità di San Francisco, altrimenti farà un cadavere al giorno. Dopo che Scorpio ha rapito una ragazza, Callahan incontra in un parco il maniaco per consegnargli il denaro e gli conficca un coltello in una coscia. Il killer fugge. Callahan scopre che Scorpio vive nello stadio e lì lo tortura per farsi dire il luogo dov'è nascosta la ragazza, ma è troppo tardi; in aggiunta, il killer viene rilasciato a causa dei metodi illegali dell'arresto. Per evitare che l'odiato sbirro lo pedini, egli paga un uomo per farsi pestare a sangue e accusare pubblicamente Callahan. Come ultima impresa, Scorpio si impadronisce di uno scuolabus carico di bambini, ma viene costretto da Callahan ad arrestare la propria corsa in una cava, dove il piombo dell'ispettore lo manda all'altro mondo. Callahan getta lontano il proprio distintivo.
Una larga fetta di pubblico trovò immediatamente in Callahan una figura da applaudire a scena aperta. Il meccanismo d'identificazione è messo in moto da una compattezza caratteriale plasmata attraverso una rete di tratti controversi: l'attitudine solitaria, il sangue freddo spinto fino all'eccesso caricaturale (può affrontare una sparatoria masticando un hot dog), l'ostinazione stoica del dovere, l'aperto sprezzo dimostrato verso tutto ciò che puzza di politichese e burocratico, la lealtà nei confronti degli amici, l'agghiacciante cinismo dei suoi motti di spirito, lo stress e le nevrosi… Il tutto cementato da uno statuto divistico che Clint Eastwood già si portava appresso prima del film, e che con Callahan conoscerà un picco mediatico frastornante. Ma questo ibrido di eroismo intransigente e bastardaggine sul filo del criminoso sdegnò molte coscienze, trasformando il film in terreno di scontro. La stroncatura più celebre, dell'influentissima Pauline Kael, bollava senza mezzi termini Dirty Harry come apologia del fascismo, vedendovi un preoccupante manifesto della maggioranza silenziosa che aveva votato Nixon e ne approvava i pressanti richiami alla legge e all'ordine. Don Siegel, che aveva alle spalle alcune nette prese di posizioni liberal (la difesa delle esigenze dei carcerati in Riot in Cell Block 11 ‒ Rivolta al blocco 11, 1954; il doloroso tentativo di comprensione della gioventù bruciata in Crime in the Streets ‒ Delitto nella strada, 1956), sostenne a sua difesa che ritrarre un poliziotto dai metodi molto spicci non equivale ad assolverlo. Eastwood era invece meno conciliante: invocava come sacrosanti i diritti delle vittime innocenti ed esaltava chi ha il coraggio di disubbidire agli ordini ingiusti.
L'infuocato dibattito ideologico attorno al film si comprende meglio se inserito nel clima dell'epoca, segnato da rivolte studentesche, cultura hippy sulla cresta dell'onda, guerra in Vietnam vicina allo sfascio: Dirty Harry emerge come oggetto scomodo, in cui si afferma il desiderio di un punto fermo virile e forcaiolo in mezzo alle incertezze sociali (poco dopo, sarà preso da simili ossessioni il privato cittadino di Death Wish ‒ Il giustiziere della notte, Michael Winner 1974). Al tempo stesso, la figura di Callahan si staglia come angelo della vendetta fuori dalla storia, attraversato da pulsioni di morte eterne e universali. Il detective di Eastwood, insomma, sembra trarre forza dal convergere di un alone mitizzante e di un tratteggio realistico preciso, in un'oscillazione che contribuisce ad arricchire la complessa riflessione sulla violenza che altri film, nello stesso 1971, stanno intraprendendo: The French Connection (Il braccio violento della legge) di William Friedkin, Straw Dogs e A Clockwork Orange. Dirty Harry, in particolare, insiste sulla dimensione urbana del fenomeno, calandosi in una San Francisco percorsa instancabilmente lungo traiettorie orizzontali e verticali, in un tour da caccia infernale che scopre minacce latenti sopra ogni tetto e tensioni sessuali, razziali e religiose a ogni giro d'angolo.
Ferme restando le posizioni etiche dei vari commentatori, quasi tutti si sono trovati d'accordo sulla potenza visiva e narrativa del film, tra gli esiti più alti di un regista che ha sempre fatto dell'efficacia una virtù stilistica. Callahan, inoltre, può inserirsi agevolmente nella vasta casistica dei personaggi favoriti dal regista, uomini ai margini che si stagliano contro una società dai contorni mediocri (tra i più riusciti, il gangster interpretato da Walter Matthau in Charley Varrick ‒ Chi ucciderà Charley Varrick?, 1973). È però necessario sottolineare l'apporto fondamentale di Eastwood al progetto. Il proficuo sodalizio tra Siegel ed Eastwood aveva preso avvio nel 1968, con Coogan's Bluff (L'uomo dalla cravatta di cuoio), un film che dimostra più di un motivo di contiguità con Dirty Harry (sbirro con la mano molto pesante, gettato nella grande città, grattacapo per i suoi superiori). Quando il soggetto di Dirty Harry venne per la prima volta sottoposto a Eastwood, Paul Newman aveva già declinato l'offerta per scrupoli ideologici. Anche Eastwood, impegnato nel suo primo film da regista (Play Misty for Me ‒ Brivido nella notte, 1971), rinunciò. Infine abbandonò il progetto pure Frank Sinatra (pare per un incidente a una mano), il cui coinvolgimento era già stato ufficializzato da qualche flano pubblicitario (titolo provvisorio Dead Right, per la regia di Irvin Kershner). Di nuovo la palla passò a Eastwood, che intervenne attivamente con la propria casa di produzione (la Malpaso) e premette perché la Warner ingaggiasse il fidato Siegel. Oltre ad intervenire assieme al regista sulla sceneggiatura, Eastwood finì anche per dirigere un'intera sequenza, quella in cui Callahan sventa il tentato suicidio di un uomo sul cornicione.
Benché alla fine del film Callahan, sulle orme di Gary Cooper in High Noon, getti con sprezzo il proprio distintivo, negli anni a venire il granitico tenente tornerà volentieri a fare danni. In Magnum Force (Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan, Ted Post 1973) sgomina un commando di poliziotti che ripulisce la città con metodi sommari, quasi a evidenziare una fedeltà alla costituzione messa un po' in ombra nel primo episodio. In The Enforcer (Cielo di piombo ispettore Callaghan, James Fargo 1976), gli affiancano una donna che si permette di psicoanalizzare la sua smania di pistole dalla lunga canna. Sudden Impact (Coraggio… fatti ammazzare, 1983, l'unico della serie diretto da Eastwood) è il più nero e malato, con un finale sconcertante in cui Callahan lascia a piede libero una ragazza che ha fatto strage dei suoi stupratori. Chiude nel 1988 Dead Pool (Scommessa con la morte), di gran lunga il più insignificante, diretto da Buddy Van Horn, che nel primo Dirty Harry coordinava la pattuglia degli stuntmen.
Interpreti e personaggi: Clint Eastwood (Harry Callahan), Harry Guardino (Bressler), Andy Robinson (Scorpio), Reni Santoni (Chico Sanchez), John Vernon ( sindaco), John Larch (capo della polizia), John Mitchum (De Georgio), Mae Mercer (Mrs. Russell), Lyn Edgington (Norma), Ruth Kobart (autista dell'autobus).
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