Il diritto del possessore di conservare, in casi tassativamente stabiliti dalla legge, il possesso della cosa di fronte al proprietario che ne chiede la restituzione, finché non siano state rimborsate le spese sostenute per la sua conservazione o il suo miglioramento, ovvero finché non sia stata fornita la garanzia per il pagamento di un debito. La ritenzione funziona come garanzia a favore del possessore, che ha nei confronti del legittimo proprietario una ragione di credito connessa alla cosa posseduta e consente al possessore di condizionare la restituzione della cosa al soddisfacimento del credito. Il diritto di ritenzione compete tra gli altri: al possessore di buona fede (art. 1152 c.c.) per le indennità spettantigli a causa delle riparazioni, dei miglioramenti e delle addizioni; al coerede (art. 748 c.c.) tenuto a collazione; all’usufruttuario (art. 1006, 1011 c.c.) che ha eseguito a sue spese le riparazioni poste a carico del proprietario o che ha pagato le imposte e altri pesi a carico della proprietà, o che ha anticipato il capitale, i debiti o i legati che gravavano sull’eredità; al compratore (art. 1502 c.c.) con patto di riscatto per le spese necessarie e utili; al creditore pignoratizio (art. 2794 c.c.), se il pegno è stato costituito dal debitore e questi ha verso lo stesso creditore un altro debito sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima che sia stato pagato il debito anteriore; al creditore privilegiato (art. 2756 c.c.) per le prestazioni e le spese relative alla conservazione e al miglioramento dei beni mobili. Il creditore privilegiato ha inoltre il diritto di vendere la cosa, secondo le norme stabilite per la vendita del pegno.