Democrito
Filosofo greco, nato ad Abdera, vissuto tra il V e il IV sec. a.C., è considerato insieme con Leucippo uno dei fondatori della dottrina atomistica, secondo la quale la realtà è costituita da un numero infinito di elementi corporei finiti e indivisibili (atomi), dotati di moto, grandezza e figura, che muovendosi in un vuoto infinito danno luogo, aggregandosi e disgregandosi, al nascere e perire delle cose.
D. lo ricorda in If IV 136 Democrito che 'l mondo a caso pone, dove l'espressione non sta genericamente per " dispone il mondo alla rinfusa ", ma per " ritiene il mondo esser derivato dal caso ". Il giudizio di D. (l'unico espresso sui filosofi citati nel passo, tranne Aristotele), già ravvisabile in Cicerone (Nat. deor. I XXIV 66), risentiva di tutta la tradizione patristica e teologica, ripresa dai primi commentatori di D., che aveva coinvolto a un tempo Democrito ed Epicuro nell'accusa di negatori della creazione, della provvidenza e dell'immortalità dell'anima.
Si veda: Lattanzio Div. inst. I II 2 " principium sumere, quae videtur prima esse natura: sitne providentia, quae rebus omnibus consulat an fortuito vel facta sint omnia vel regantur: cuius sententiae auctor est Democritus, confirmator Epicurus ", e, per l'immortalità dell'anima, ibid. VII VII 12, Girolamo Ep. 60 ad Heliodorum. Ma, soprattutto, ciò che la tradizione unanime aveva posto in risalto, insistendo proprio su termini quali casus e fortuna, era la mancanza di un principio coordinatore e la presenza assoluta del caso nella cosmologia atomistica (cfr. Agost. Ep. cl. II 118 56 ad Dioscorum III 28 " corpusculorum concursu fortuito "; Latt. Div. inst. VII III 23 " mundum Epicurus, sive Democritus, sua sponte natum esse dixit "; Girol. Com. Eccl. IX " omnia fortuito geri, et variam in rebus humanis fortunam ludere "; Calcidio Com. in Tim. 215 " casu quodam et sine ratione "; Boezio Herm. sec. III 9 " nec omnia casu, ut Epicurus "; Bruno Exp. Ep. Paul. II ad Corinth. IV " terrena solo casu fortunae volvere "; Tommaso Exp. super Job. prol. " Democritus et Empedocles, plurima casui attribuebant "; v. anche Ilario Tract. super Psal. 1 e 148). Ma in tale giudizio veniva particolarmente a convergere la concezione aristotelica per cui " casus et fortuna non intendunt finem " (An. post. 95a 9, tr. Gerardo da Cremona) e che rigettava il caso dal numero delle cause costituenti il mondo (Phys. II IV-VI). E quella concezione echeggia proprio nell'espressione a caso, espressione che aveva il proprio riscontro nell'analoga latina a casu, ricalcata su termini tecnici aristotelici (Boezio Herm. pr. I 9 " Nihil igitur neque est neque fit nec a casu [ἀπὸ τύχης] nec utrumlibet... sed ex necessitate omnia ", tr. da Arist. 18b 5-6 = Herm. sec. III 9; Tommaso, al passo di Aristotele Phys. II 4, 196a 24-6 " Sunt autem quidam qui caeli huius et mundanorum omnium causam esse ponunt casum: a casu [ἀπὸ ταὐτομάτου] enim fieri ", commentava in Com. Phys. II IV VII 6: " Democritus posuit prima rerum principia corpora indivisibilia per se et semper mobilia, ex quorum aggregatione dicebat mundum casualiter factum "; ma cfr. anche Sum. theol. I 22 2c, 116 1c, Cont. Gent. III 3, Com. II de Coel. VII 2, Comm. Metaph. I lect. III, Comm. Phys. II lect. VII, Alb. Magno Phys. II II XI). Peraltro, il pone deriva dall'uso tecnico del latino ponere, per " afferma ", " sostiene ".
Ma se D. accetta l'opinione corrente di un Democrito sostenitore dell'ordinamento casuale del cosmo, resiste tuttavia alla condanna dei padri che raffigurando il filosofo greco come negatore del dogma cristiano, l'avevano accomunato a Epicuro nella stessa accusa di empietà: Democrito, contrariamente a Epicuro, siede nel Limbo come degno rappresentante della sapienza antica. Ciò perché D. accetta l'immagine del Democrito saggio e virtuoso, esaltata dagli scrittori latini, e conservata e arricchita nei florilegi morali medievali.
Se Marziano Capella, in una figurazione singolarmente vicina a quella dantesca, aveva rappresentato Democrito " circunfusus atomis " (II 213), accanto alle " animae... beatorum veterum, quae iam caeli tempia meruerant ", già Cicerone (Nat. deor. I XLIII 120, Academ. II 10, 14, 73 e 125, Fin. I XVI 17, V XIX 50, XXIX 87, Tusc. V XXXIX 114) e Seneca ‛ morale ' (Provid. I VI 2, Vita b. VII XXVII 5, Ira V VI 3, Tranq. an. IX II 3, XIII 1, cui attinge ampiamente R. Bacone Op. Ma. VII I V, III V, VII) avevano tramandato nel filosofo la figura di un uomo estraneo alla voluptas epicurea, di grande ingegno, famoso e verecondo, che aveva abbandonato i campi e disprezzato le ricchezze ereditati, per darsi tutto agli studi e alla conquista della vita beata, sino al punto da strapparsi gli occhi per " ravvivare e acúire le speculazioni dell'animo suo " (Gellio X 17, che è tra le principali fonti per Democrito nel Medioevo; cfr. Tertulliano Apol. XLI 11, che però sostituisce " quod mulieres sine concupiscentia aspicere non posset ", e Nicolaus Pergamenus Dialog. creat., ed. Graesse, Tübingen 1880, 38).
Tutto ciò ben s'inseriva nell'ideale del contemptus mundi (e la fortunata raffigurazione del " Democritus ridens " ne fa fede: cfr. Sidon. Apoll. Ep. IX, Carm. II 294), e non mancarono di riprenderlo e di rielaborarlo i dossografi medievali. Vincenzo di Beauvais, Giovanni Walleys, Gualtiero Burley, Giovanni di Salisbury tra gli altri, avevano raccolto intorno al filosofo greco tutta una serie di esempi morali di origine classica e che in parte si ritrovano in una pagina del Fiori e vita di filosafi, laddove si parla di Democrito " molto grande filosafo e... gentilissimo de sangue ", e tra gli esempi della sua sapienza citava un detto (in realtà di Anassagora: cfr. Cic. Tusc. III XIV 30) che lo avvicinava alla figura di Giobbe. Che dunque D. scegliesse Democrito come simbolo dell'amore totale per la filosofia è confermato da Cv III XIV 8 Onde Democrito, de la propria persona non curando, né barba né Capelli né unghie si togliea, passo probabilmente derivato, secondo il Toynbee (Dante Dict., II ed., 222), da una falsa reminiscenza di Orazio (Ars poet. 296-298 " Credit, et excludit sanos Helicone poetas / Democritus, bona pars non ungues ponere curat, / Non barbam "; cfr. anche Ps.-Acrone Schol. in Hor., ad l.), ma che lascia perplesso il Renucci, il quale pensa piuttosto a una tradizione scolastica nata da un fraintendimento di un testo alterato di Orazio. Essa comunque trovava fondamento nella famosa descrizione che del filosofo si leggeva nella seconda lettera a Damageto dello Pseudo Ippocrate: " sub quodam ramosa et humili platano sella lapidea considebat solus, admodum pallidus, macilentus barba promissa superiore tonsa, crassa lodicula convolutus " e nella consuetudine di considerare il saggio estraneo alle cose terrene. Della dottrina fisica democritea D. ben poco doveva conoscere; la sola citazione è in Cv II XIV 6 dove, parlando delle varie opinioni sulla via lattea (la Galassia), dice: Altri dissero, sì come fu Anassagora e Democrito, che ciò era lume di sole ripercusso in quella parte. Per questo passo e i rapporti con il testo aristotelico, v. ANASSAGORA (ma cfr. anche Macrobio Com. in Somn. Scip. I XV 6 = Remy d'Auxerre Comm. in Mart. Cap., Libri I-II, ediz. C.E. Lutz, Leida 1962, 206 5-8; v. anche 207 14-16).
Di nessuna reale utilità, nonostante l'ammirata accoglienza di non pochi e non minori dantisti, è l'indagine di Adolfo Faggi sul Democrito dantesco (v. bibliografia). Essa, se è decisamente discutibile sul piano della pura storiografia filosofica, è senz'altro inutilizzabile per una corretta interpretazione sia dell'uso che del filosofo fa D., che delle complesse caratteristiche dottrinali del Limbo. L'autore tenta semplicemente di ripercorrere un arbitrario itinerario speculativo per cui D. avrebbe incluso Democrito nel Limbo, escludendone Epicuro, con congetture di sapore teoretico, estranee sia alla tradizione e alla filosofia medievale che al mondo culturale di Dante.
Bibl. - Vincenzo di Beauvais, Speculum Doctrinale, Donai 1624, IV 98 176, V 77; Speculum Morale, ibid. III I IV 7; Speculum historiale, ibid. III 32; Giovanni di Salisbury, Policraticus, Oxford 1909, VII VIII 669c, VIII V 723a; Giovanni Walleys, Florilegium de vita et dictis illustrium philosophorum, Roma 1655, 261-263; Gualtiero Burley, Liber de vita et moribus Philosophorum, ed. Knust, Tübingen 1886, XLIII; Fiori e vita di filosafi ed altri savi ed imperadori, in Segre-Marti, La Prosa del Duecento 522; A. Faggi, " Democrito che il mondo a caso pone ", in " Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ", vol. 74 (1938-1939), II 3, classe sc. mor., stor. e filolog., 221-231; A. Renaudet, D. humaniste, Parigi. 1952, 114, 116-117, 140; P. Renucci, D. disciple et juge du monde gréco-latin, ibid. 1954, 155, 158, 262, 378; A. Pézard, Un D.Èpicurien? in Mélanges offerts à É. Gilson, Toronto-Parigi 1959, 503.