DEMI (δῆμοι)
Nome della più piccola unità territoriale presso gli antichi Greci, e più specialmente presso gli Ioni. Le funzioni dei demi nell'organizzazione sociale ci sono note quasi esclusivamente dalla costituzione ateniese. Naturalmente, come associazioni di compaesani, legati da interessi locali e da culti comuni nella circoscrizione del villaggio o della borgata e dei territorî a essi appartenenti, i demi sono di data assai più antica della costituzione clistenica, e risalgono verosimilmente alla formazione medesima degli stati ellenici; tra l'altro i demi sono nominati nelle leggi di Solone. Ma prima di Clistene l'organizzazione municipale era assai rudimentale; il legame degli abitanti di ogni singola borgata era quasi esclusivamente quello religioso; nessun ufficio in essa aveva qualche attinenza con l'organizzazione dello stato, che si limitava a riconoscere ai deliberati delle associazioni municipali, come a quelli di tutte le altre associazioni, validità di legge per coloro che ne facevano parte. Con gli ordinamenti di Clistene il demo diventa non soltanto la principale divisione territoriale dell'Attica, ma anche l'ossatura della cittadinanza dello stato, poiché ogni ateniese, nobile o non nobile, in quanto era iscritto in un demo, aveva i medesimi diritti e doveri di fronte allo stato: dalla totalità dei demoti dei singoli demi era costituito il demo degli Ateniesi. Dobbiamo così distinguere le funzioni statali e quelle strettamente municipali del demo.
Una divisione distrettuale in Attica, al fine essenziale della riscossione delle imposte e dell'arruolamento dell'armata, era già stata introdotta al tempo della tirannide di Pisistrato con le naucrarie, distretti assai vasti, creati artificiosamente sul principio gentilizio. I demi che vogliono invece fondarsi esclusivamente sul principio territoriale, sono assai più piccoli delle naucrarie. Naturalmente non era possibile evitare una grande diseguaglianza nella grandezza e nella popolazione dei singoli demi, poiché nella suddivisione del territorio attico in tali demi si dovette avere riguardo alle tradizioni e in certo modo anche alle antiche associazioni locali. Molti demi, invero, hanno conservato anche l'antico nome derivato da famiglie nobili, e antiche tradizioni (come p. es. il divieto di matrimonio fra i demoti di Agnunte (v.) e di Pallene). Tuttavia, per non generare eccessive sproporzioni, i centri più cospicui dell'Attica furono divisi fra più demi; così, p. es., Braurone. Lo stesso avvenne a maggior ragione per Atene: Atene, l'ἄστυ, politicamente non fu altro che un'espressione geografica; il suo territorio fu diviso tra un gran numero di demi circonvicini. Il numero dei demi istituiti da Clistene non è sicuro; . Strabone conta 174 demi, e di quasi tutti il nome ci è noto, ma alcuni di essi sono posteriori a Clistene (v.). A questo è dovuta la distribuzione dei demi in 10 tribù (ϕυλαί) e in 30 distretti (τριρρεύς). La ristrettezza del numero dei demoti, legati spesso quasi tutti da un vincolo di parentela, facilitava grandemente il controllo dei cittadini di pieno diritto. Infatti dopo Clistene, al posto delle antiche fratrie furono i demi a giudicare sul possesso dei diritti cittadini e a compilare la lista di coloro che avevano titolo a prendere parte all'assemblea popolare. Le iscrizioni nelle liste del demo avvenivano annualmente, in una seduta apposita dei demoti; per aver diritto a essere iscritti bisognava essere figli legittimi o figli adottivi di un demota, e aver compiuto il diciottesimo anno di età; i nuovi cittadini erano per lo più presentati all'assemblea del demo dal padre o dal tutore, il quale prestava giuramento che il giovane aveva compiuto l'età prescritta ed era nato da un legittimo matrimonio con una cittadina; se il voto dei demoti era favorevole, il giovane era iscritto senz'altro nelle liste del demo; se la sua età legale non era riconosciuta, la sua iscrizione era rimandata; se invece non era riconosciuta la nascita cittadina, nel sec. IV l'aspirante poteva appellare al tribunale popolare: ma veniva venduto schiavo a beneficio dello stato se il tribunale, udite le ragioni dei demoti per bocca di cinque avvocati da loro nominati, respingeva l'appello. Il passaggio del controllo sui diritti politici dei cittadini dalla fratria al demo, ebbe per effetto di togliere la possibilità alle famiglie nobili di esercitare la loro influenza per l'ammissione o l'esclusione dalla cittadinanza; viceversa però la ristrettezza del numero dei demoti, e spesso la loro povertà, rendeva più facile la corruzione elettorale. A questo inconveniente si cercò di ovviare con la revisione delle liste dei cittadini di pieno diritto (διαψηϕίσεις).
I demi fornivano costantemente allo stato ateniese i membri del Consiglio dei cinquecento, la bulè, contribuendo ciascuno con un numero definito secondo la sua grandezza, numero che varia da uno a 22 buleuti. Le liste dei buleuti ci sono così di grande aiuto per determinare la grandezza dei singoli demi: poiché all'epoca di Clistene i cittadini ateniesi erano circa 25.000, i più piccoli demi dovevano contare appena una cinquantina di demoti; il maggiore di tutti, Acarne, che forniva appunto 22 membri alla bulè, doveva contarne un migliaio. Altre funzioni statali del demo si esplicavano nella leva degli opliti e dei marinai, e nell'ordinamento dell'esercito, poiché sappiamo che i demoti marciavano insieme e combattevano fianco a fianco; gl'inabili al servizio militare potevano farsi sostituire da un loro demota. I demi avevano anche una certa importanza nell'amministrazione statale, in quanto l'assemblea dei demoti doveva designare i facoltosi che potevano essere soggetti all'unica forma d'imposta diretta dello stato ateniese, la εἰσϕορά. Altre obbligazioni e contribuzioni avevano i demi nelle feste statali, specialmente nelle Penteteriche, e corrispondentemente prendevano una parte speciale a tali feste - come ci è testimoniato per le Panatenee - sfilando tutti i demoti insieme, dietro la guida del loro demarco, nelle processioni, avendo diritto alla loro porzione nei banchetti, e via dicendo.
Un'altra magistratura, di cui abbiamo notizia soltanto dopo la caduta dei Trenta Tiranni, ma che sembra risalire a Clistene e che era eletta per demi, era quella dei 500 nomoteti, i "legislatori".
Poiché con le riforme di Clistene l'esercizio dei diritti politici venne a dipendere dall'appartenenza del cittadino a un demo, negli atti ufficiali dal sec. V viene registrato il demotico anziché il patronimico; nelle stele funerarie e negli altri documenti privati, invece, resta vivo l'uso del patronimico; più tardi, diventando il formulario degli atti pubblici più verboso, si usa indicare tanto il demotico quanto il Fatronimico, e il demotico, perdendosi a poco a poco il suo valore primitivo strettamente territoriale, si usa pure nelle iscrizioni private, essendo diventato quasi un titolo caratteristico della famiglia, pure per i suoi membri stabilitisi fuori del demo.
Per le sue funzioni municipali, il demo si eleggeva i proprî dignitarî, in un'assemblea annuale chiamata appunto "dei magistrati" (ἀγορὰ τῶν ἀρχόντων). I principali di tali magistrati erano il demarco e i tesorieri, incaricati essenzialmente dell'amministrazione delle casse municipali. Il demarco aveva inoltre, accanto alla cura degli obblighi del demo verso lo stato cui abbiamo sopra accennato, diverse altre incombente civili e di polizia: doveva, p. es., scortare i creditori nei possessi dei debitori per procedere al pignoramento di essi; doveva provvedere al seppellimento dei defunti, o intimare ai parenti di occuparsene; doveva curare l'ordine e la decenza nei luoghi sacri, e multare i disturbatori. Cespiti d'entrata normali per i demi erano il reddito dei proprî risparmî, il fitto dei proprî beni, e l'imposta (ἐγκτητικόν) per il diritto di possedere terreni fuori del demo cui apparteneva ogni singolo cittadino; le spese del demo si aggiravano soprattutto attorno al culto, aggiungendosi quelle per costruzioni e riparazioni di edifici, per ricompense o corone a magistrati benemeriti, e simili.
L'importanza delle funzioni statali dei demi attici cominciò a declinare ben presto, dalla fine del sec. V probabilmente, col declinare in genere della vita politica ateniese. La decadenza della vita politica dalla fine del sec. V è dimostrata, oltre che dalla testimonianza di Aristotele e di altri scrittori antichi, anche dalla trasformazione dell'istituto dei "giudici per demi" (καψὰ δήμους δικασταί), da principio 30 di numero, corrispondentemente con tutta verosimiglianza alle trittie, e che giravano, come dice il loro nome, per i demi; evitando ai demoti di doversi presentare per piccole querele ai tribunali della città; dalla fine del sec. V, però, il loro numero è di 40, eletti per tribù, e risiedenti permanentemente ad Atene.
Fuori che per l'Attica, l'organizzazione degli altri demi in Grecia ci è quasi completamente sconosciuta; è evidente che in ogni stato di qualche entità ci furono suddivisioni territoriali con una relativa indipendenza comunale. Negli stati dorici, al nome di demi corrispondevano altri nomi, come a Creta le κῶμαι; a Smirne oltre alle come sono nominati dei χῶροι, o χωρία; ma spesso non sappiamo il vero nome ufficiale di tali comuni, e per lo più non sappiamo la loro reale funzione rispetto alla costituzione dei varî stati. Per le città di parlata ionica, possiamo supporre nella maggior parte dei casi di trovarci di fronte a veri demi, con le funzioni che questi avevano in Attica, e creati appunto per influenza della costituzione ateniese: per Mileto tale derivazione può essere dimostrata. Del tutto diversa pare l'organizzazione dei demi nelle isole doriche di Coo, Calimno e Rodi. A Rodi constatiamo quasi una doppia suddivisione in demi: dopo il sinecismo del 408 a. C. Ialiso, Camiro e Lindo conservarono almeno attribuzioni e autonomie che corrispondono in certa maniera a quelle dei demi attici; ma oltre a questa larga divisione territoriale ve n'era una assai più ristretta, in piccole comunità che portavano appunto il nome di demi, che rappresentavano dunque suddivisioni non soltanto dello stato rodio ma anche dei distretti delle sue tre grandi città, di maniera che al complesso dei demi del circondario di Lindo, e non solo agli abitanti di tale città, spettava il titolo di δᾶμος Λινδοποιλτᾶν. Le relazioni fra questi demi e la città principale, come tra essi e lo stato rodio, non ci sono purtroppo bene specificate; ai cittadini spettava il demotico non dal nome della città, ma dal loro demo d'origine, demotico che anche le donne portavano e conservavano anche dopo il matrimonio. Per Lindo ci sono testimoniati i nomi di 13 demi, per Camiro di 12; altri demotici non sicuramente localizzati appartengono probabilmente al territorio di Ialiso, nel quale era anche la capitale Rodi. Secondo il medesimo principio erano divise anche le altre isole dello stato.
Pure per Coo abbiamo testimonianza di 9 demi, a capo di ognuno dei quali stava un demarco, e altri varî magistrati, specialmente con attribuzioni amministrative e religiose. A Calimno troviamo bensì una suddivisione territoriale in demi, distribuiti in varie tribù, ma nel tempo stesso troviamo ancora la distribuzione del popolo nelle tre antiche tribù doriche. L'organizzazione dei demi ci è testimoniata anche per i popoli ellenizzati dell'Asia Minore, come in diverse città della Caria, sia che venisse introdotta in queste una costituzione simile a quella degli stati greci vicini, per es. di Rodi, sia che tale nome ellenico nasconda antiche istituzioni locali.
Bibl.: B. Haussoullier, La vie municipale en Attique, Parigi 1884; id., in daremberg e Saglio, Dict. des Antiquités, II, i, p. 76 segg.; U. v. Wilamowitz-Moellendorff, Aristoteles und Athen, II, Berlino 1893, cap. 6°; V. v. Schöffer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. i segg.; G. De Sanctis, 'Ατϑίς, Storia della repubblica Ateniese, 2ª ed., Torino 1912, p. 335 seg. e passim; G. Busolt, Griech. Staatskunde, 3ª ed., I, Monaco 1920, p. 262 segg. Sulla topografia dei demi, vedi W. Q. M. Leake, Demen v. Attika, Brunswick 1840; id., The demi of Attica, 2ª ed., Londra 1841; A. Milchhoefer, in Sitzungsber. d. Akad. Berl., 1887, p. 41 segg.; id., in Abhandl. Akademie d. Wissensch. zu Berlin, 1892; id., in Athen. Mitt., XVIII (1893), p. 277 segg.; cfr. anche E. Curtius e J. A. Kaupert, Karten von Attica, Berlino 1881-1903.