DE CESARI, Giovan Battista
Nato a Casalabriva, piccolo villaggio della Corsica, a circa 50 km da Aiaccio, intorno al 1770, emigrò nel Regno di Napoli dopo la Rivoluzione francese dell'89, servitore di livrea - secondo altri invece appartenente a "buona famiglia ed ex ufficiale delle schiere del Condé" (Colletta, (II, p. 42). Quando l'esercito dei gen. J. - E. Championnet nel dicembre del 1798 sconfisse l'esercito napoletano, abbandonò Napoli; secondo V. Cuoco accettò, insieme con altri sei emigrati corsi al servizio dell'Inghilterra, di scortare da Caserta fino ad un porto delle Puglie le figlie di Luigi XV, Maria Adelaide e Maria Vittoria, in fuga dalle truppe francesi (Cuoco, p. 115).
Insieme con il D. giunsero il 9 genn. 1799 a Taranto G. F. Boccheciampe, soldato disertore, R. Corbara, avventuriero già espulso dalla Toscana, U. Colonna, vagabondo, S. Pittaluga, L. Durazzo e A. Guidone, rei di reati comuni, e cercarono a lungo ma inutilmente un imbarco per la Sicilia. Quando la città si proclamò repubblica (8 febbr. 8 marzo '99) i sette giovani, per consiglio di un frate, ripararono sulla antistante isoletta di San Pietro nel Mar Grande. Nella notte del 10 febbraio però, temendo prossima la venuta delle truppe francesi, tornarono a terra e ripararono in una masseria a poche miglia dalla città; di lì partirono alla volta di Brindisi, sperando di trovare un imbarco per Corfù o per Trieste.
Fermatisi nel villaggio di Monteiasi, furono alloggiati da una vecchia alla quale, forse per essere meglio serviti, dissero che fra loro vi era il principe ereditario. La notizia si sparse rapidamente; e poiché il Corbara aveva l'età, la statura e i lineamenti del viso somiglianti a quelli di Francesco di Borbone, una gran folla accorse entusiasta per festeggiarlo. Nonostante egli si affrettasse a smentire l'identità, tutti credettero di riconoscere nel Corbara il principe, e il giorno dopo i giovani vennero accompagnati in trionfo fino a Brindisi; qui il popolino entusiasmato chiese loro di mettersi a capo della controrivoluzione. In Brindisi si era ricostituito infatti l'antico governo, avuta la certezza che i Francesi erano ancora lontani, mentre il cardinal F. Ruffo stava mobilitando in Calabria per ordine del re migliaia di contadini per riconquistare il Regno di Napoli.
Nel porto di Brindisi si trovava da alcuni giorni la nave che doveva trasportare a Trieste le principesse di Francia. Queste, forse stimolate dalle dimostrazioni di entusiasmo popolare, consigliarono ai corsi di profittare della favorevole occasione per dimostrare il loro attaccamento alla monarchia; così, il Boccheciampe e il D. restarono nella città come incaricati del re per agire contro i nemici dello Stato, mentre il Corbara partì da Otranto per Corfù con l'intento di sollecitare gli aiuti della flotta russo-turca che assediava il presidio francese. Il Boccheciampe, che si spacciava per fratello del re di Spagna, e il D., nella veste di duca di Sassonia, ricevettero gli omaggi delle deputazioni di molte città della Puglia e della Basilicata; a capo di un esercito di un migliaio di uomini, tutti "galeotti e carcerati fuggiti dalle case di forza e di tutti i facinorosi delle province" di Bari e di Lecce (Cuoco, p. 115), sottomisero Francavilla, Ostuni, Fasano, Monopoli, Castellana, Putignano e giunsero trionfalmente a Lecce. Più difficile fu la conquista di Martina (A marzo 1799) e di Acquaviva (30 marzo), che avevano giurato di soccombere piuttosto che riconoscere gli impostori: dopo un duro assedio furono abbattute le mura, massacrate le guarnigioni e saccheggiate le cittadine tenacemente repubblicane.
Sulla via di Casamassima le truppe del D. incontrarono un distaccamento francese uscito da Barletta e subirono una dura disfatta più che per la superiorità francese, per il terrore sparsosì m quelle truppe raccogliticce per una voce che preannunziava l'avanzata di una grossa colonna di patrioti uscita da Bari per prenderli alle spalle. Dopo la sconfitta il D. si ritirò a Gallipoli; intanto i Francesi si ritiravano dalle Puglie, dirigendosi verso Nord per fronteggiare l'arrivo degli Austro-Russi, mentre a Brindisi arrivavano alcuni legni della flotta russo-turca. Il D. allora, riordinata la sua truppa, si recò a Taranto, ove ricevé un dispaccio del card. Ruffo, giunto in Basilicata, che gli ordinava di partire per Matera per-unirsi al suo esercito. Qui l'8 maggio il D. si incontrò col Ruffo, che per ordine del re lo insignì del grado di generale della 5ª e 6ª divisione delle truppe borboniche. Tre giorni dopo i due eserciti congiunti attaccarono la città di Altamura e la saccheggiarono orribilmente; per ricompensa molti dei volontari che formavano l'esercito del D. furono da lui innalzati al grado di ufficiali.
Per tutto il mese di maggio il D. operò, agli ordini del Ruffò, in varie città della Puglia che ancora sostenevano la Repubblica; ai primi di giugno giunse nel Molise, il 9 era a Benevento ove gli giunse l'ordine di proseguire la marcia per Avellino e poi per Nola: lì si riunì col Ruffo il quale, probabilmente sobillato da altri ufficiali, invidiosi dei successi del D., lo privò del comando della cavalleria. Ma un forte malcontento si diffuse nell'esercito, per cui il Ruffo, paventando diserzioni, conferì al D. il comando assoluto di tutta l'armata. Tre divisioni puntarono su Napoli, una da Portici, una da Capodichino su porta Capuana, e un'altra sul ponte della Maddalena e il fortino di Vigliena; il 13 giugno i sanfedisti vinsero la battaglia al ponte della Maddalena, il 14 occuparono il castello del Carmine e dilagarono nella città. Nello stesso giorno giunse notizia che una colonna di truppe repubblicane minacciava la città di Portici: il Ruffo, per fronteggiare il pericolo, scelse il D. che, con poche centinaia di uomini, riuscì a sconfiggere il nemico.
Rientrato re Ferdinando IV a Napoli, il D. fu ricevuto a bordo del vascello inglese ed ebbe i segni della gratitudine dei sovrano: fu nominato brigadiere dei reali eserciti e barone del Regno di Napoli con la pensione annua di 4.000 ducati. Dopo questa data sul D. non risultano altre notizie.
Fonti e Bibl.: V. Durante, Diario stor. delle operazioni di guerra..., Napoli 1900; D. Petromasi, Storia della spedizione dell'em. card. F. Ruffo, Napoli 1801, pp. 26 s., 37 s., 81; C. Perrone, Storia della Rep. partenopea, Napoli 1860, pp. 71 s., 154, 170, 179, 181, 188-90, 254 ss., 266, 268 s., 342, 346, 457; G. La Cecilia, Storie segrete... dei Borboni di Napoli, Palermo 1860, p. 290; A. Dumas, Cento anni di brigantaggio, Napoli 1863, pp. 50-72, 105; V. Cuoco, Saggio stor. sulla rivoluz. napol. del 1799, Firenze 1926, pp. 115 s., 201, 215, 270, 272, 274; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, Napoli 1951, II, pp: 39-42 (con bibliografia), 50, 58, 61, 78, 129, B. Maresca, Carteggio del card. Ruffo col ministro Acton, in Arch. stor. d. prov. napol., VIII (1883), pp. 69, 641; Id., Il cav. A. Micheroux nella reazione napoletana del 1799, ibid., XVIII (1893), pp. 515 s., 683, 689 s., 695 s.; XIX (1894), pp. 101 s., 104, 106, 109 s., 136, 252, 261, 263, 266, 269 s., 282, 291, 482, 489; P. Pieri, Taranto nel 1799 e mons. Capecelatro, in Arch. stor. ital., I (1924), pp. 201-18; H. Acton, I Borboni di Napoli, Milano 1960, pp. 401 s.; S. La Sorsa, Storia di Puglia, V,Bari 1960, pp. 109 ss., 133 ss.; P. Palumbo, Risorgimento salentino (1799-1860), Lecce 1968, pp. 51, 54, 66 s., 108 e n. 69; T. Pedio, Giacobini in Italia meridionale, I,Bari 1974, pp. 329-85 (contiene il testo del Diario storico, cit.).