SANTILLANA, David (de)
– Nacque a Tunisi il 9 maggio 1855, primogenito di Moses e di Nunes Martinez. La famiglia paterna, di lontana origine iberica e discendente dalla comunità sefardita livornese, era stanziata da più generazioni in Tunisia. Il padre di Santillana svolse incarichi di mediazione fra il governo britannico e il bey tunisino, come interprete consolare e in quanto membro influente della comunità ebraica locale, alla quale lo stesso bey avrebbe riconosciuto in quegli anni, sotto la pressione delle potenze europee, importanti diritti civili.
Poliglotta per nascita e formazione, David Santillana condivise la prima educazione con i figli del console generale britannico Richard Wood, amico e socio in affari del padre; in seguito frequentò la scuola italiana di Tunisi e seguì brevemente a Londra studi di diritto, forse in preparazione della carriera diplomatica. Rientrato in Tunisia nel 1873, fu aggiunto come segretario alla Commissione finanziaria internazionale presieduta dal padre, istituita nel 1869 con lo scopo di cercare soluzioni all’indebitamento del Regno tunisino nei confronti dei Paesi europei. Nel 1875 Santillana subentrò al padre come traduttore ufficiale del bey, incarico che richiedeva, nel contesto delle burocrazie di corte ottomane, estese competenze giuridico-politiche oltre che linguistiche. Fu probabilmente in quella veste che Santillana conobbe Pasquale Vincenzo Carletti, anch’egli traduttore di corte e rappresentante italiano in Tunisia, per il quale tradusse anonimamente l’importante trattato di apologetica musulmana di Muhammad Rahmatullah al-Hindi, Izhar al-Haqq, poi pubblicato da Carletti stesso (Idh-har ul-Haqq ou Manifestation de la vérité, I-II, Paris 1880). In una delle commissioni create per rappresentare gli interessi europei presso la corte beilicale, Santillana entrò in contatto con il lucchese Odoardo Maggiorani, avvocato e mediatore internazionale, con il quale avrebbe stabilito una duratura collaborazione. All’inizio del 1879, in seguito a una concessione disputata fra il governo francese e quello tunisino (il cosiddetto affaire Sidi Thabet), Santillana dovette lasciare ogni incarico al servizio del bey su pressione della Francia e si trasferì in Italia; nello stesso anno chiese la cittadinanza italiana e s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma. Mentre suo padre aveva rappresentato in Tunisia gli interessi della Gran Bretagna, diventandone cittadino nel 1857, Santillana scelse, fin dalle prime esperienze professionali, la rappresentanza degli interessi italiani, in un’epoca in cui la maggioranza degli abitanti europei di Tunisia era italiana e il governo italiano ambiva a esercitare maggiore influenza sul Paese. Prima ancora di ultimare gli studi fu nel 1880, su incarico di Benedetto Cairoli, il principale mediatore dell’acquisto della ferrovia Tunisi-Goletta-La Marsa, all’epoca di proprietà britannica, da parte della società italiana Rubattino, affare che contrappose agli interessi francesi quelli del governo italiano, alla vigilia dell’occupazione francese della Tunisia.
Nel 1881 assistette il finanziere anglo-tunisino Joseph (Yusuf) Levy, probabile agente per conto dell’Italia, nella rivendicazione del diritto di retratto su una vastissima proprietà fra Susa e Tunisi, contesa fra diversi governi (affaire dell’Enfida). Nel 1882 fu chiamato come interprete dal collegio britannico di difesa del capo nazionalista egiziano Ahmed ῾Urabi, ufficiale dell’esercito khediviale e promotore di una rivolta contro l’ingerenza europea che, repressa militarmente dall’Inghilterra, aveva condotto all’occupazione del Paese.
Laureatosi nel 1883, Santillana esercitò l’avvocatura a Roma e a Firenze, continuando a intervenire nelle cause civili riguardanti la corte beilicale in Italia e nelle principali controversie che opposero gli interessi italiani a quelli delle altre potenze coloniali, in Tunisia e in tutto il Nordafrica. Negli ultimi anni del secolo sposò Emilia (Emily) Maggiorani, figlia di Odoardo, filantropa e attiva nelle associazioni per la difesa e i diritti delle donne. Nel 1887 era morto Moses, trasferitosi anch’egli in Italia a seguito di dissesti finanziari.
L’indiscussa reputazione internazionale di esperto di diritti comparati, e soprattutto di diritto islamico, valse a Santillana l’invito a far parte, nel 1896, unico membro non francese, della Commissione incaricata di riformare i codici civili e commerciali tunisini.
Se l’intento originario era quello di condurre la codificazione sul modello e con materiali della legislazione francese, il risultato finale di tale impresa, svolta sull’arco di tre anni, fu un’opera innovatrice e autorevolissima dovuta pressoché esclusivamente a Santillana (Code civil et commercial tunisien. Avant-projet discuté et adopté au rapport de M.D. Santillana, Paris 1899). Nell’ Avant-Projet, all’origine del Code des obligations et des contrats promulgato in Tunisia nel 1906, adottato dal Marocco nel 1913 e quindi in Libano e Mauritania, si dispiega il metodo originale applicato da Santillana nella recensione delle fonti e nella codificazione. Metodo comparatista e riformista perché attinge a una pluralità di fonti (oltre che a quelli francesi, ai codici italiano, svizzero e tedesco, al fiqh sunnita nelle sue varie scuole ma soprattutto al diritto romano), per estrarne regole comuni e giungere a un testo coerente al servizio della riforma del diritto; storico, in quanto risale all’origine e alle influenze reciproche dei diversi sistemi giuridici; consensuale perché fondato sul principio giusnaturalista del solus consensus obligat (Renucci, 2015, p. 37).
Centrale nella dottrina dell’Avant-projet è l’istituto dell’obbligazione, tramite fra la deontologia islamica e il formalismo europeo; nello stesso senso va intesa la proposizione di un codice unico civile e commerciale, contraria al modello francese coevo di doppia codificazione e infine respinta, ma consonante con lo spirito della legge islamica e con il movimento che, in quegli anni, sosteneva l’analoga riforma in Italia (Aluffi Beck Peccoz, 2013, pp. 41 s.).
La redazione dell’Avant-projet valse a Santillana l’invito delle autorità coloniali italiane a far parte, dopo il 1905, della commissione per la redazione del codice civile per l’ Eritrea, promulgato nel 1909. Eguale stima e considerazione egli ricevette dagli studiosi orientalisti della Sapienza di Roma raccolti intorno a Ignazio Guidi; da questi venne, nel 1910, la proposta d’incaricare Santillana, in età già matura, dell’insegnamento di storia delle dottrine filosofiche alla neonata Università egiziana del Cairo, della quale egli aveva contribuito a scrivere il regolamento degli studi. Pur durato un solo semestre, l’insegnamento dette modo ai colleghi europei e ai suoi studenti egiziani, fra i quali Taha Husayn e Ahmad Amin, di apprezzare, oltre alla perfetta padronanza dell’arabo, la cultura filosofica di Santillana, vasta ed eclettica. Fu lo stesso Santillana a rifiutare il rinnovo dell’incarico, per motivi di salute o forse per gli esiti politici e istituzionali dell’impresa di Libia (1911), la cui impopolarità in Egitto e in tutto il Nordafrica avrebbe condotto l’anno successivo al ritiro del corpo docente italiano. Nel 1912 tornò in Tunisia su incarico del governo, per investigare cause e fautori delle violente manifestazioni anti-italiane dell’anno precedente e predisporre una mediazione presso le autorità religiose e politiche locali. Dopo la conquista della Libia, e per influenza di Guidi e di Carlo Alfonso Nallino, l’opera di mediazione di Santillana fu soprattutto volta a fornire alla politica coloniale italiana strumenti scientifici di conoscenza e di governo. Nello stesso anno, con Guidi, Nallino e Celestino Schiaparelli, patrocinò presso il governo la causa della fondazione di un istituto di studi orientali a Tripoli per la formazione del personale amministrativo e docente inviato nella colonia libica, progetto che Giolitti respinse; nel 1914, e fino al 1917, formò, con gli stessi e con Leone Caetani, una commissione per lo studio delle questioni islamiche d’interesse coloniale. Dal 1913 al 1923 Santillana tenne, da libero docente, l’incarico di diritto musulmano presso la facoltà di giurisprudenza della Sapienza di Roma, per l’opposizione del Senato accademico all’istituzione di un analogo insegnamento presso la Scuola orientale della facoltà di lettere. Nel 1920 la proposta di conferirgli l’ordinariato della materia fu respinta dal ministro Benedetto Croce per motivi formali. Nello stesso anno Santillana fu nominato socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei.
In quel periodo egli attese, con Guidi, alla traduzione integrale annotata del manuale di diritto di scuola malichita prevalente in Nordafrica e nella colonia libica in particolare, il Mukhtasar di Khalil b. Ishaq, del secolo XIV/VIII Egira (Il Mukhtasar o Sommario del diritto malechita di Halil b. Ishaq, I-II, Milano 1919, I, Giurisprudenza religiosa (῾ibadat). Versione del prof. Ignazio Guidi, II, Diritto civile, penale, giudiziario. Versione del David Santillana). La somma della dottrina giuridica esposta da Santillana nel corso dell’incarico universitario trovò sistemazione in quella che è considerata la sua principale opera accademica, Istituzioni di diritto musulmano malichita, il cui primo volume pubblicò nel 1926, ormai anziano e ritirato dall’insegnamento, mentre il secondo vide la luce una prima volta nel 1938, per le cure di Nallino e di Laura Veccia Vaglieri, fra le molte difficoltà legate alla promulgazione delle leggi razziali, avvenuta in quello stesso anno (Istituzioni di diritto musulmano malichita, con riguardo anche al sistema sciafiita, I, Roma 1926; II, Roma 1938, 1943).
Costante nell’opera di Santillana l’aspirazione a evidenziare e a valorizzare il sostrato condiviso dalle culture giuridiche presenti nella propria genealogia personale e intellettuale, il diritto romano e quello islamico soprattutto, ma anche il common law e sul fondo, seppure mai direttamente interpellata, la legge giudaica. Di tutte egli riconobbe la comune articolazione razionale e la natura «eminentemente sociale», la quale «trova nella convivenza umana la sua ragion d’essere, la sua materia propria e il collegamento dei vari istituti onde si compone» (dalla prefazione a Istituzioni di diritto musulmano, p. VI). Questa comune coscienza giuridica motiva la ricerca di una mediazione fra i diritti, già evidente nell’ispirazione e nel metodo dell’Avant-projet, e consente a Santillana di sottoporre la disposizione apparentemente disorganica della dottrina giuridica musulmana al criterio ordinatore del diritto europeo, «senza credere che il diritto, fatto storico e quindi relativo, abbia un solo modo di esprimersi, né che il nostro sia l’unico possibile» (p. VI).
Santillana morì il 12 marzo 1931 a Roma e fu sepolto nel cimitero di Castel Gandolfo. Nel 1924 era morta la moglie, Emilia; il loro unico figlio, Giorgio, fisico e storico della scienza, emigrò negli Stati Uniti nel 1936, per sottrarsi alle crescenti limitazioni imposte agli accademici di origini ebraiche.
Fonti e Bibl.: I principali riferimenti biografici in G. Levi Della Vida, D. S., in Rivista degli studi orientali, XII (1929-1930), pp. 453-461, poi in Aneddoti e svaghi arabi e non arabi, Milano-Napoli 1959, pp. 222-231; F. Castro, Il modello islamico, Torino 2007, pp. 166-185. Per una valutazione di Santillana giurista si vedano R. Aluffi Beck Peccoz, Il modello giuridico, scientifico e legislativo, italiano in Tunisia e Marocco, in Il modello giuridico-scientifico e legislativo italiano fuori dell’Europa. Atti del secondo Congresso internazinale della Sird, Siena... 2012, a cura di S. Lanni - P. Sirena, Napoli 2013, pp. 37-46; F. Renucci, D. S., acteur et penseur des droits musulman et européen, in Monde(s), 2015, n. 7, pp. 23-44. Sui rapporti con la politica coloniale italiana, D. S., l’uomo e il giurista, 1855-1931. Scritti inediti, 1878-1920, a cura di A. Baldinetti, Roma 1995; A. Baldinetti, Orientalismo e colonialismo. La ricerca del consenso in Egitto per l’impresa di Libia, Roma 1997, ad indicem. Si vedano inoltre F. Gabrieli, Orientalisti del Novecento, Roma 1993, pp. 55-59; M. Papa, D. S. e la vicenda Rubattino: l’approccio di un giurista continentale al sistema di Common Law, in D. S. L’uomo e il giurista 1855/1931. Questioni di diritto tunisino, a cura di M. Papa, Roma 1999, pp. 5-22; G.M. Piccinelli, S., D., in Dizionario biografico dei giuristi italiani, diretto da E. Cortese - I. Birocchi, Bologna 2013, pp. 1792 s.