LEVI, David
Figlio di Salomone Vita e di Milca Pugliese, nacque a Chieri (presso Torino) il 6 nov. 1816, anche se in un suo scritto autobiografico (Ausonia. Vita d'azione, dal 1848 al 1870, Torino 1882) posticipò la propria nascita al 1821, inducendo in errore alcuni suoi biografi. Le condizioni agiate della famiglia, titolare di un'impresa tessile e di attività commerciali, gli consentirono di frequentare, dal 1830 al 1835, il collegio ebraico di Vercelli, uno fra i migliori istituti di educazione per gli ebrei nel Regno di Sardegna, dove agli acattolici era precluso l'accesso alle scuole pubbliche.
Il L. ricordò quegli anni come "un periodo d'ortodossia e d'ebraismo" durante il quale, tuttavia, ebbe modo di formarsi intellettualmente e politicamente anche sui libri della biblioteca di Giuseppe Vita Levi, mazziniano e membro della Giovine Italia. Qui lesse i classici italiani e i libri proibiti di Voltaire, D. Diderot, J.-J. Rousseau, L. Simonde de Sismondi, C. Botta, e restò particolarmente impressionato dalla Storia della grandezza e decadenza dell'Impero romano di E. Gibbon.
Nel 1836 iniziò gli studi universitari prima a Piacenza e a Parma, dove conobbe P. Giordani, quindi a Pisa, dove instaurò una stretta amicizia con G. Montanelli (andò a vivere nella sua casa), che lo introdusse alla conoscenza delle teorie sansimoniane. Nel 1837 fu affiliato alla massoneria in una loggia di Livorno, una fra le pochissime città italiane dove l'organizzazione liberomuratoria, confusa con altre fratellanze segrete di ispirazione patriottica, restò in vita nonostante la messa al bando da parte dei governi restaurati. Passò poi all'Università di Siena, dove conseguì la laurea in giurisprudenza. Durante il soggiorno in Toscana prese contatto con G.P. Vieusseux e con alcuni esponenti del suo cenacolo culturale.
Nel 1841, rientrato in Piemonte, dove era precluso agli ebrei ogni impiego governativo, scelse la via dell'esilio volontario e si recò prima a Ginevra, dove incontrò alcuni amici di G. Mazzini (L.A. Melegari, G. Modena, G. Lamberti), e poi a Lione. Di qui passò a Parigi, dove entrò in contatto con la comunità di esuli e di patrioti italiani, fra i quali G. Massari, G. Ricciardi, G. Arconati, T. Mamiani e P. Giannone. All'Università frequentò i corsi di P.-P. Royer-Collard, di P. Rossi, di E. Quinet, di J. Michelet e, avvicinatosi al pensiero utopico socialista, cominciò a collaborare, con scritti letterari e politici, a periodici come la Revue indépendente, la Démocratie pacifique e Le National. Verso la fine del 1842 si recò a Londra, dove ebbe il primo dei suoi tre colloqui con G. Mazzini (gli altri si svolsero a Parigi nel 1843 e a Milano nel 1848), che gli affidò alcuni messaggi riguardanti il progetto della spedizione dei fratelli Bandiera.
Tornato in Italia, fra il 1843 e il 1844 si dedicò appieno all'organizzazione di questa impresa, viaggiando in Piemonte e nel Lombardo-Veneto (a Venezia frequentò anche N. Tommaseo, già incontrato a Parigi), per raccogliere fondi e tenere i contatti fra i membri del movimento mazziniano. Dopo il tragico fallimento della spedizione scrisse un canto sulla morte dei fratelli Bandiera che ebbe vasta circolazione negli ambienti patriottici. Abbozzò inoltre un dramma, Il profeta o La passione di un popolo che, pubblicato a Torino nel 1866, si sarebbe rivelato la sua migliore opera letteraria.
Deluso e scoraggiato, si ritrasse per qualche tempo dall'impegno politico attivo, nel quale si rituffò nel 1846, quando si recò nuovamente a Parigi, dove ebbe modo di partecipare a un'adunanza segreta della Fratellanza repubblicana europea e di avvicinare molti esponenti del movimento repubblicano francese. Visse insomma il clima di attesa e di preparazione della rivoluzione che si respirava a Parigi e di cui egli parlò agli amici al suo rientro in Piemonte.
Fiducioso nelle aperture liberali di Pio IX, salutò il suo avvento al soglio pontificio con un'ode che G. Capponi fece stampare a Firenze nel 1847 e presentare al papa. Nell'ottobre 1847, insieme con gli amici L. Valerio e G. Cornero, organizzò una dimostrazione a Torino in favore delle riforme, e nel febbraio seguente, sempre nella capitale subalpina, fu tra i promotori di un banchetto per propagandare la causa dell'emancipazione delle minoranze religiose. In questa fase riprese a occuparsi attivamente di giornalismo e con Valerio concorse alla fondazione della Concordia; collaborò inoltre al Messaggero di A. Brofferio, alla Libertà e all'Italia del popolo stampato a Milano. Allo scoppio della guerra contro l'Austria partì per la Lombardia come corrispondente della Concordia e scrisse una "Marsigliese" italiana che fu musicata da tal maestro Toroni.
Distaccatosi da Mazzini, che nell'ultimo incontro del maggio 1848 non riuscì a convincere ad abbandonare gli ideali repubblicani per sposare la causa dell'indipendenza nazionale con la monarchia sabauda, si batté per le annessioni della Lombardia e del Veneto e, dopo la sconfitta di Custoza (23-25 luglio 1848), per la necessità di una rapida ripresa delle armi.
L. Bulferetti ritiene che "il triennio 1847-49 segnò per il L. il passaggio dal volontarismo socialistico al democraticismo borghese" (Un utopista ebreo: D. L., in Id., Socialismo risorgimentale, Torino 1949, p. 95) e definisce la fase più evoluta del pensiero politico del L. come "ebraismo liberale" (ibid., p. 101), a differenza di D. Cantimori che parla di "liberalismo massonico" (Note su utopisti e riformatori sociali, VI, Un sansimoniano italiano. D. L. dal socialismo al liberalismo massonico, in Socialismo, III [1947], pp. 37-41). In effetti, dopo il 1848, nella riflessione e nell'impegno politico del L. la componente patriottica e liberaldemocratica prevalse su quella repubblicana e socialistica delle origini. Se ne trova una conferma evidente anche nel dramma Emma Liona o I martiri di Napoli del 1799 (Torino 1852), rappresentato più volte con successo al teatro Carignano, con il quale intese rilanciare le speranze dei liberali piemontesi nella lotta contro la reazione e per l'unificazione. Nondimeno tracce del suo interesse per la questione sociale e per l'emancipazione dei ceti popolari si trovano anche negli articoli scritti per la rivista La Ragione, diretta da A. Franchi, alla quale collaborò fra il 1854 e il 1858 occupandosi perlopiù di argomenti religiosi e propugnando la spedizione di Crimea.
Sul finire degli anni Cinquanta fu vicino a G. Pallavicino e G. La Farina. Non stupisce, pertanto, di trovarlo nel 1860 fra gli adepti del Grande Oriente italiano, l'obbedienza massonica appena ricostituita, che nell'intendimento del nucleo fondatore piemontese doveva rappresentare una sorta di aggregazione politica fiancheggiatrice di C. Cavour e della Società nazionale. All'interno di questa organizzazione il L. rappresentò l'ala più avanzata e per l'assemblea costituente del dicembre 1861, che lo vide eletto alla carica di segretario aggiunto, stilò un articolato programma, in base al quale la massoneria avrebbe dovuto impegnarsi per la realizzazione di riforme sociali e politiche di carattere progressista. In questo suo progetto, che fu recepito solo in modo molto generico, egli si professava fiero avversario dei "sistemi astratti di socialismo", mentre incoraggiava ogni forma di associazionismo popolare e auspicava l'avvento di un sistema politico basato sull'uguaglianza dei diritti e sul lavoro come fondamentale criterio di definizione della dignità umana.
Eletto deputato di Sant'Angelo di Lodi nel 1860 e confermato nella legislatura successiva, alla Camera sedette a sinistra. In particolare pronunciò vari discorsi sulla questione romana, nei quali difese i diritti dello Stato contro la minaccia clericale e, implicitamente, affermò le ragioni delle minoranze religiose nei confronti della Chiesa cattolica. Sostenne inoltre la necessità di un programma coloniale italiano da realizzare a Tunisi e in Egitto e presentò un progetto di colonie agrarie nel Mezzogiorno come rimedio alle cause del brigantaggio. Contrario alla convenzione italo-francese del settembre 1864, alle elezioni politiche del 1865 fu sconfitto. Tornò alla Camera in rappresentanza del collegio di Castel San Giovanni nel 1876, dopo l'avvento al potere della Sinistra, ma vi restò soltanto per la XIII legislatura.
In quegli anni riprese la sua attività di giornalista e di pubblicista, collaborando fra l'altro ai periodici Monarchia nazionale e Diritto, e dando alle stampe numerose opere dei generi più vari: scritti politici, saggi letterari e filosofici, raccolte di versi, drammi teatrali, opere autobiografiche. Fra i suoi contributi più significativi furono Questione romana: democrazia e papismo (Milano 1863), in cui ribadì la tesi della superiorità etica dello Stato laico rispetto alla teocrazia papale; Lo Stato in Italia (Roma 1878); La mente di Michelangelo (Milano 1883), che fu tradotto nel 1884 in francese e, adottato per le scuole dal ministero della Pubblica Istruzione, vendette oltre 16.000 copie; Giordano Bruno o La religione del pensiero (Torino 1887), in cui tracciò un profilo del filosofo che i massoni italiani eressero a simbolo della loro battaglia anticlericale contro ogni forma d'intolleranza religiosa. Il L. stesso continuò ad appartenere alla massoneria, senza ricoprirvi incarichi di rilievo, ad eccezione della sua partecipazione, nel 1875, al convegno di Losanna in rappresentanza del supremo consiglio del rito scozzese di Torino.
Il L. morì a Torino il 24 ott. 1898.
Fonti e Bibl.: Carteggi e altri manoscritti del L. si conservano nel Fondo Levi del Museo del Risorgimento di Torino, per la cui descrizione si rimanda al testo inedito, gentilmente concesso, di M. Novarino, Un utopista ebreo. D. L. dal ghetto di Chieri al Parlamento italiano, il quale si è avvalso del testo, anch'esso inedito, di E. Artom, Prime pagine di una biografia di D. L., conservato presso il Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano. Un elenco dettagliato delle opere del L. si trova in appendice a L. Neppi Modona, Dalle pagine di un diario inedito. D. L. a colloquio con Mazzini, in Boll. della Domus Mazziniana, VII (1961), 2, pp. 66-76. Sul L. si vedano: G. Vindice, La vita e le opere di D. L., Firenze 1889; F. Momigliano, Una vita di azione e di pensiero: D. L., in Il Pensiero italiano, VIII (1898), 96, pp. 457-466; R. Treves, La dottrina sansimoniana nel pensiero italiano del Risorgimento, Torino 1931, pp. 23 s., 29-31, 51, 64; L. Bulferetti, Contributi alla storia del pensiero sociale del Risorgimento: il socialismo e il 1848 nell'autobiografia inedita di D. L., in Società, II (1948), pp. 219-238; F. Pitocco, Utopia e riforma religiosa nel Risorgimento. Il sansimonismo nella cultura toscana, Bari 1972, pp. 9, 27, 120, 133, 143, 145, 151, 209; A. Comba, Patriottismo cavouriano e religiosità democratica nel "Grande Oriente italiano", in Boll. della Soc. di studi valdesi, XCIV (1973), 134, pp. 101-103, 105-112, 117-121; G. Luseroni, La massoneria in Toscana durante il Risorgimento: una storia problematica, in Le origini della massoneria in Toscana (1730-1890), a cura di Z. Ciuffoletti, Foggia 1989, pp. 173 s., 176, 182-184, 193-199; F. Conti, Massoneria e società in Toscana dopo l'Unità (1860-1890), ibid., pp. 203, 206 s., 265 s.; A.A. Mola, Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano 1992, pp. 62, 64 s., 182, 184, 186, 197, 405, 686; L. Polo Friz, La massoneria italiana nel decennio postunitario. L. Frapolli, Milano 1998, ad ind.; A. Comba, La massoneria, in Storia di Torino, VII, Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), a cura di U. Levra, Torino 2001, pp. 259 s., 263 s., 269, 273; Id., Giuseppe D. L., profeta del Risorgimento, in I. Artom e gli ebrei italiani dai risorgimenti al fascismo, a cura di A.A. Mola, Foggia 2002, pp. 109-116; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, pp. 21, 31, 34-37, 44, 357, 360; M. Novarino, All'Oriente di Torino. La rinascita della massoneria italiana tra moderatismo cavouriano e rivoluzionarismo garibaldino, Firenze 2003, pp. 54-58, 64-66 e passim. A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 632; L. Carpi, Il Risorgimento italiano. Biogr. storico-politica d'illustri italiani contemporanei, III, Milano s.d., pp. 328-337; Diz. del Risorgimento nazionale, III, pp. 376-378 (E. Michel); Enc. biografica e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 104.