NORSA, David Aron
– Nacque a Mantova il 27 marzo 1807 da Moisè Samuel e da Bella Rosa Romanelli.
Possidente, formatosi con buoni studi, fu apprezzato in seno alla comunità israelitica, in particolare da Samuele Trabotti, con il cui lascito nel 1834, venne fondato l’omonimo Pio Istituto, allo scopo di educare giovani israeliti e fornire assistenza medica ai poveri e sussidi ad artigiani. Fu membro del Consiglio di amministrazione dell’istituto, assiduo alle riunioni dal 1835 al 1844. Si occupò, da giovane, di affari nell’orbita familiare, ma era incline all’insegnamento e fu scelto dal correligionario avvocato Giacobbe Massarani per l’istruzione privata del figlio Tullo.
Fatto saliente della sua esistenza fu la conversione al cattolicesimo. Dopo un percorso di ricerca interiore e bisogno di assoluto, il 12 febbraio 1848 fu battezzato a Torino, nel convento della chiesa di S. Tommaso. In Pensieri d’un cattolico (Prato 1850, p. 3) scrisse di aver cercato invano nella sua religione risposte convincenti, ma non specificò se e con quali correligionari ne avesse discorso (all’epoca il rabbino maggiore di Mantova era il giovane e valente Marco Mortara). La conversione era maturata nello sfondo politico-culturale del cattolicesimo liberale e tra le speranze riposte nel pontificato di Pio IX (nel febbraio 1875 sulla Rivista universale [IX, 1875, pp. 140-155] narrò di essere stato prima liberale che cattolico e di dovere il gran passo anche al cambiamento recato, nei primi anni, dal nuovo papa nella politica della S. Sede). Nel suo cammino verso la fede fu influenzato dalla conoscenza di Alessandro Manzoni, che attinse l’anelito alla conversione degli ebrei dal sacerdote giansenista Eustachio Degola. In Pensieri d’un cattolico è riferito l’episodio illuminante dell'esperienza di grazia fatta da Manzoni il 2 aprile 1810 nella chiesa di S. Rocco a Parigi, episodio che Manzoni non smentì mai, né nella lettera di congratulazioni del 4 agosto 1850 per l’uscita del libro, né quando Norsa lo interpellò per la seconda edizione. L’esempio manzoniano di quanto potesse la grazia restò impresso nell’animo di Norsa, che tuttavia per decidersi alla conversione impiegò ancora anni, nei quali riprese a impegnarsi all’istituto Trabotti e in cui viaggiò a lungo. Decisivo fu il colloquio con un religioso francescano piemontese, di cui non riporta il nome, conosciuto durante il ritorno dal viaggio nel Levante e che seguì a Torino.
Nel convento torinese di S. Tommaso rimase fino al momento della confermazione. In seguito tornò per breve tempo a Mantova e poi si stabilì a Firenze, dove sposò Emilia Piamonti da cui ebbe due figli: Alessandro e Giulia, morta per malattia a 12 anni.
In Pensieri d’un cattolico (1850, p. 12) scrisse che il passaggio da una religione a un’altra fu di per sé difficile e tanto più lo fu lasciare la religione degli oppressi per quella degli oppressori. Raccomandava dunque la tolleranza verso quanti, non per loro colpa, non fossero giunti al vero credo. Propugnava inoltre la ripresa del cammino patriottico, dopo la delusione provata per l’allocuzione papale del 29 aprile 1848 e la conclusione fallimentare del biennio 1848-49. A suo giudizio era il movimento moderato, confortato dall’assetto costituzionale in Piemonte, a dover guidare il paese verso l’unità, affidandosi al papa e ai principi che avevano receduto per il sopravvento delle correnti democratiche.
Vent’anni dopo, l’unità d’Italia sotto la monarchia sabauda e la conquista di Roma lo spinsero ad allestire la seconda edizione del volume. Avrebbe voluto dedicarla a Manzoni, il quale però, nella lettera del 5 marzo 1871, si schermì, adducendo che la dedica avrebbe implicato la completa condivisione dei contenuti, mentre egli preferiva non prenderne parte: i punti contestati riguardavano l’occupazione italiana di Roma e il trasferimento della capitale. Norsa pubblicò il libro nel 1874 a Firenze con il titolo Pensieri d’un cattolico. Seconda edizione riveduta con lettere del Manzoni, del Lambruschini e di Mons. Corti, con proemio sulle condizioni attuali d’Italia e con note alle meditazioni del Mamiani, mantenendo il racconto biografico della prima stesura, aggiornato con un nuovo proemio, pessimista rispetto al presente, e con l'inserimento di 52 pensieri: impressioni, riflessioni e giudizi su libri letti. Prevedeva l’aggravarsi del conflitto con la Chiesa, sanabile soltanto con l’impegno elettorale e politico dei cattolici, per costituire una maggioranza parlamentare volta alla conciliazione con la S. Sede. Riteneva pertanto rovinosa la formula «né eletti né elettori». Lamentava l’estensione del sistema amministrativo piemontese all’intero paese, a cominciare da regioni che avevano conosciuto la buona amministrazione austriaca. Denunciava il moltiplicarsi delle spese, la mancanza di equità fiscale e la crescita del debito pubblico. Propugnava l’elezione dei deputati in due gradi, non diretta dal popolo, ma dai consigli provinciali, l’abolizione del voto segreto in Parlamento, il decentramento amministrativo, la diminuzione nel numero degli impiegati pubblici compensata da un migliore trattamento, e il ripristino del sindacato tutorio sull’amministrazione dei beni delle vedove con figli minori. Lo preoccupava il primato in Europa di una potenza protestante, la Germania. Giudicava che l’Italia non potesse essere che cattolica e si dovesse salvaguardare l’unità confessionale del popolo. D’altro canto, per coerenza di liberale, riteneva giusta, in linea di diritto, la libertà di culto. Temeva di dispiacere i liberali in quanto cattolico e i cattolici in quanto liberale, chiedendo perdono al pontefice per quanto potesse rammaricarlo e si dichiarava pronto a ritrattare le affermazioni censurabili.
La Civiltà cattolica, recensendo in forma anonima il libro nel 1875 (XXVI, vol. VI, pp. 706-717), osservava che l’autore, pronto a sottomettersi al papa, era un liberale atipico, con un colorito di liberalismo variabile nelle diverse pagine in quanto esprimeva frasi riprensibili ma poi le correggeva e accettava il Sillabo. Il recensore – secondo il quale per questi motivi Norsa poteva smettere di dirsi liberale, non essendolo affatto – apprezzava il racconto della conversione e lo riteneva opera di un cattolico sincero, ma rimproverava il fatto che il libro non fosse stato sottoposto alla preventiva approvazione dell’autorità ecclesiastica.
Al giudizio de La Civiltà cattolica Norsa rispose in un articolo del 17 febbraio 1875 sul giornale L’armonia della religione con la civiltà, scritto in polemica con L’Osservatore cattolico e in cui sostenne una posizione di sintesi tra cattolicesimo e liberalismo: a suo avviso, il vero liberalismo garantiva le libertà civili e politiche, di cui i cattolici dovevano fruire per il bene stesso della Chiesa. Non erano veri liberali i governanti italiani nel porre restrizioni alle scuole cattoliche e private, giusta conquista era, invece, la libertà dei culti, garantita dallo Stato nell’ambito giuridico e politico, diverso dall’ambito della Chiesa, che non poteva parificare la verità all’errore. Lo Stato poteva dirsi laico, ma doveva proibire la professione di ateismo, incompatibile con l’ordine morale e sociale.
Pubblicò altri articoli, saggi, recensioni nella Rivista Universale e, in minor numero, nella Rassegna nazionale. Nello scritto Bando agli equivoci (Rivista universale, IX, febbraio 1875, pp. 140-155) esortava i cattolici a tener conto dei fatti compiuti, per quanto deplorevoli. Piuttosto che attendere lo sfacelo del paese dall’insurrezione di forze eversive o dalla sconfitta in guerre, conveniva inserirsi nella legalità costituzionale, per volgerne al meglio il futuro. Ricordava l’avviso paolino che ogni potestà viene da Dio e gli ammaestramenti di uomini di Chiesa circa l’obbedienza dei cristiani a poteri terreni, operando con paziente virtù per influenzare e cambiare le vicende della storia. Bilanciava i rimproveri ai governanti con riconoscimenti di aspetti positivi nel nuovo assetto. Dichiarava che non avrebbe cessato di levare la voce finché una sentenza inappellabile della Chiesa non gli imponesse il silenzio. Il saggio La libertà dell’insegnamento (ibid., IX, aprile 1875, pp. 387-404) rivendicava la libertà delle scuole cattoliche e dei corsi di insegnamento privato con il controllo di ispezioni statali. Lamentava la soppressione delle facoltà teologiche e l’assenza d’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche. Nella recensione a La semplicità dell’anima umana di Giuseppe Pederzolli, Rovereto 1874 (ibid., VIII, maggio 1975, pp. 556-557), ne correggeva il pronunciato spiritualismo con l’evidenza della base organica e cerebrale su cui poggia l’intelletto. D’altro lato, recensendo Dell’anima umana di Joseph Ennemoser, Firenze 1875, comprovava la prodigiosa illuminazione della fede, testimoniando la forza serena della piccola figlia nel dolore e nella morte (ibid., IX, luglio 1875, pp. 104-108).
Nella recensione a due volumi di Tullo Massarani (Studii di politica e di storia e Studii di letteratura e d’arte entrambi pubblicati a Firenze fra il 1873 e il 1875) si felicitò del passaggio degli israeliti dalle interdizioni all’integrazione nella vita italiana, di cui l’allievo era esempio. Lodava la cultura profusa nella raccolta, ma dissentiva da giudizi storici su aspetti positivi della riforma protestante negli sviluppi moderni e sull’ostacolo dei papi all’unificazione italiana, facendo presente che neppure le potenze regionali si erano assunte il compito di unire la penisola, maturato in tempi recenti (Rivista universale, IX, ottobre 1875, fasc. 156, pp. 446-449).
Morì a Firenze il 22 novembre 1886.
Fonti e Bibl.: Mantova, Archivio storico della Comunità ebraica di Mantova, Registro delle nascite, anno 1807; Fondo del Pio Istituto Trabotti, verbali delle riunioni; Firenze, Archivio storico del Comune , Registro degli atti di morte, anno 1886, volume 2 A, n. 1267. A. De Gubernatis, Il Manzoni ed il Fauriel studiati nel loro carteggio inedito, Roma 1880, p. 62; Una nobile vita. Carteggio inedito di Tullo Massarani scelto, ordinato e postillato da Raffaello Barbiera, Firenze 1909, ad ind.; A. Manzoni, Tutte le lettere, a cura di Cesare Arieti. Con un’aggiunta di lettere inedite o disperse a cura di Dante Isella, Milano 1986, II, pp. 539 s., III, pp. 385 s.; G. Busnelli, La conversione di Alessando Manzoni dal carteggio di lui. Studio biografico, Roma 1913, pp. 6, 65 s.; F. Ruffini, Il ‘miracolo’ nella fede, nella vita e nell’arte di Alessandro Manzoni, in La cultura, IX, 1 (1930), 8, pp. 665-678; Id. La vita religiosa di Alessandro Manzoni, I, Bari 1931, pp. 429 s., 433-436, 458; B. Migliorini, Ancora del miracolo di San Rocco, in La cultura, IX, 1(1930), 9, pp. 767 s.; A. Canepa, Considerazioni sulla seconda emancipazione e le sue conseguenze, in La Rassegna mensile di Israel, XLVII (1981), 1-3, pp. 45-89; W. Feinstein, The civilization of the Holocaust in Italy: poets, artists, saints, antisemites, Cranbury, NJ, 2003, p. 137; M. Perani, Per uno studio dell’opera e del pensiero di Marco Mortara: recenti scoperte di manoscritti ignoti. La sua bibliografia e piste di ricerca, con una appendice di documenti inediti, in Materia Giudaica, XV-XVI (2010-11), pp. 31-110.