DANNO (XII, p. 322)
Danno per inadempimento contrattuale. - Il codice civile del 1942 non si è discostato dai principî tradizionali, per cui, qualora l'inadempimento sia addebitabile a titolo di mera colpa, i danni dovuti sono quelli prevedibili al momento in cui è sorta l'obbligazione, mentre se l'inadempimento è dovuto a condotta dolosa, il risarcimento si estende anche ai danni imprevedibili. Per quanto riflette il caso di concorso di colpa del creditore nella produzione del danno, il nuovo legislatore, uniformandosi all'indirizzo della dottrina e della giurisprudenza, ha sancito (art. 1227) che, allorquando uno dei soggetti in colpa efficiente sia lo stesso creditore, la responsabilità del debitore inadempiente venga ridotta in proporzione della efficienza della colpa del creditore danneggiato.
Danno per fatto illecito. - La responsabilità da fatto illecito comporta l'obbligo di risarcire il danno cagionato alla vittima e danno deve considerarsi tanto il lucro cessante quanto la perdita effettiva, tanto la minorazione del patrimonio quanto il turbato godimento di ogni altro bene immateriale. Nel campo della responsabilità extracontrattuale, è risarcibile ogni danno, anche se mediato ed indiretto rispetto al fatto generatore, ed è sempre risarcibile per intero, qualunque sia il grado e l'intensità della colpa, sia o meno prevedibile l'evento, sempre che tra fatto e danno sussista il nesso di causalità. È stato così ripudiato il principio di commisurare il risarcimento al grado della colpa.
Come il creditore nell'inadempimento contrattuale, così il danneggiato da fatto illecito ha diritto innanzi tutto ad esser reintegrato in forma specifica nella situazione patrimoniale anteriore allo evento dannoso e, solo ove tale reintegrazione si manifesti eccessivamente onerosa per il danneggiante, il giudice è autorizzato a sostituire il risarcimento per equivalente economico.
Il nuovo cod. civ. prevede il caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere (art. 2047) e consente al giudice di attribuire, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, al danneggiato se non l'intero risarcimento, almeno una equa indennità.
Circa la responsabilità solidale tra i compartecipi di un fatto dannoso, nulla è stato innovato, ma ad eliminare ogni dubbio è stato affermato il diritto di regresso, contro i compartecipi, di colui che ha risarcito il danno. Il nuovo cod. ha ritenuto opportuno non discostarsi dal principio che i danni morali - ossia quegli effetti dell'illecito che non hanno natura patrimoniale - sono risarcibili solo quando derivino da un reato.
La recente legislazione ha resistito alle sollecitazioni di estendere la risarcibilità a tutti i danni non patrimoniali, avvertendo che soltanto nel caso di reato l'aggressione all'ordine giuridico si manifesta più íntensa e più sentito è il bisogno di una completa e più energica riparazione. L'art. 2059 prevede altresì la risarcibilità dei danni morali in forma diversa dall'assegnazione di un'indennità pecuniaria. Ispirandosi a tale criterio la giurisprudenza ha stabilito che il danneggiato dal fatto illecito altrui ha il diritto di conseguire un risarcimento tale da annullare ogni conseguenza economica dell'evento dannoso e che pertanto l'accertamento del danno, rapportato al momento in cui si verificò l'evento lesivo fa soltanto sorgere nel danneggiato un diritto di credito per una somma di danaro quale misura del pregiudizio patito. Tale somma, dovendo valere come mezzo di risarcimento, dovrà costituire l'equivalente del danno calcolato all'epoca della liquidazione, tenendosi conto della contingente realtà economica e cioè del diminuito potere di acquisto della moneta al momento in cui, per ripristinare la situazione patrimoniale anteriore, viene concretamente stabilita la quantità della prestazione dovuta.
Bibl.: W. D'Avanzo, in Commentario del codice civile. Dei contratti in generale, Firenze 1948, pp. 101-109; L. Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, II, Milano 1946, pp. 737-774; A. De Cupis, Il danno, ivi 1946.