ROSA, Daniele
– Nacque a Susa, in Piemonte, il 29 ottobre del 1857 da Norberto e da Laura Valletti.
Il padre, deputato del parlamento subalpino, era amico di Daniele Manin e fu per tale amicizia che diede al figlio lo stesso nome. Norberto morì precocemente, lasciando i figli giovanissimi alle cure della madre, che non gli sopravvisse a lungo.
Daniele compì gli studi classici a Torino; per volere della famiglia, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, che abbandonò per seguire la sua inclinazione per le scienze naturali. Divenne assiduo frequentatore del Museo di zoologia dell’Università di Torino, allora importante centro di studi zoologici. Ne era direttore Michele Lessona (1823-1894), affiancato da una schiera di giovani appassionati e preparati come Lorenzo Camerano (1856-1917), Ermanno Giglio-Tos (1865-1926) e Alfredo Borelli (1857-1943).
Rosa si laureò nel 1880 con una tesi sui pesci d’acqua dolce del Piemonte. Trascorse poi un semestre a Gottinga nell’istituto di zoologia di quella università, lavorando assieme a Ernst Ehlers (1835-1925), studioso di Policheti. Fu lui che lo indirizzò allo studio degli Oligocheti, un gruppo allora poco conosciuto. Rientrato in Italia, iniziò come assistente la sua attività di zoologo al Museo di Torino. Dal 1892 al 1894 sostituì Lessona nelle lezioni di zoologia e dal 1895 al 1898 tenne un corso di embriologia comparata. La sua carriera universitaria non fu né facile né veloce: nei molti concorsi a cattedra ai quali partecipò in quegli anni, la sua già ricca produzione scientifica non fu adeguatamente riconosciuta. Risultò finalmente idoneo nel 1898 in un concorso all’Università di Parma e fu nominato professore incaricato di zoologia e anatomia comparata a Sassari nel 1899; l’anno successivo divenne professore straordinario, e infine ordinario nel 1902 a Modena.
Nel 1905 Rosa fu chiamato a occupare la cattedra di zoologia e anatomia comparata all’Università di Firenze, dove rimase dodici anni; fece quindi ritorno a Modena. Nel 1918, su invito della facoltà di scienze di Torino, assunse la direzione dell’istituto di zoologia dove si era formato. Vi rimase per poco: forse gli impegni legati all’importante carica aggravavano il peso di altre irrinunciabili incombenze familiari. La sua vita fu funestata dai problemi di salute suoi e della sorella, che lo costrinsero a far ritorno, dopo soli due anni, a Modena, dove insegnò fino al 1932, quando fu collocato a riposo all’età di settantacinque anni. In quello stesso anno si stabilì a Pisa, dove frequentò l’istituto di zoologia; aggravandosi le sue condizioni di salute, fu costretto a ritirarsi presso parenti a Novi Ligure, dove mori il 26 aprile 1944.
La voce Evoluzione dell’Enciclopedia Italiana (1933) fu uno dei suoi ultimi lavori. Durante la lunga attività universitaria formò molti allievi, tra i quali Luigi Cognetti de Martiis (1878-1931), Giuseppe Colosi (1892-1975) ed Edoardo Zavattari (1883-1972), ai quali non impose mai le proprie linee di ricerca, lasciandoli liberi di dedicarsi ai temi da loro prescelti. Visse una vita di solitudine: le sue comparse in pubblico erano limitate ai congressi che frequentava. Le ricorrenti infermità e la gracile costituzione gli impedivano grandi spostamenti e la maggior parte del suo tempo la trascorreva tra le pareti dell’istituto universitario, coltivando i suoi numerosi interessi: la sistematica accanto alla morfologia, la lettura e la traduzione delle opere di Ernst Haeckel, la paleontologia e la biogeografia, discipline decisive per gli sviluppi delle sue argomentazioni sull’evoluzione.
Tra il 1884 e il 1907 Rosa produsse una settantina di lavori sugli Oligocheti, molti per descrivere specie nuove, provenienti dalle parti più disparate del mondo: dalla Patagonia, dall’Antartide, dall’Europa dell’Est, dalla Birmania e da tante altre regioni del globo. Lavorava sulle raccolte di colleghi, che mandavano il materiale a lui, uno dei pochi esperti di Oligocheti nel mondo, accanto a Frank E. Beddard, Edmond Perrier, Wilhelm Michaelsen e John Stephenson.
Furono proprio i suoi numerosi lavori sugli Oligocheti, caratterizzati da attente considerazioni di carattere biogeografico, che gli permisero di elaborare la prima stesura della Riduzione progressiva della variabilità (presupposto dell’Ologenesi), pubblicata a Torino nel 1899, tradotta in francese nell’anno seguente e in tedesco tre anni più tardi. Nel 1909 pubblicò il primo lavoro sull’argomento dell’ologenesi (Saggio di una nuova spiegazione...), e la versione definitiva della teoria (Ologenesi...) nel 1918, quando la sua produzione scientifica era quasi esclusivamente orientata sul tema evoluzionistico.
Fin dai tempi della sua frequentazione del gruppo di Lessona, Rosa era rimasto affascinato dalle problematiche evoluzionistiche; l’estinzione di tanti gruppi di organismi lo aveva particolarmente colpito, ma non lo convincevano le spiegazioni date dalla selezione naturale. Si chiedeva come fosse possibile, soprattutto nel caso di gruppi a larga distribuzione geografica, attribuire la loro scomparsa alle rapide trasformazioni dell’ambiente. Queste non bastavano a spiegare la loro estinzione senza lasciare discendenti trasformati. Secondo Rosa la selezione naturale non farebbe che favorire un fenomeno che comunque si sarebbe verificato, un fenomeno legato alla natura stessa degli organismi. La causa principale della loro estinzione doveva ricercarsi nel fenomeno della riduzione progressiva della variabilità. Le cause dell’evoluzione erano per Rosa le cause stesse della vita, i meccanismi evolutivi erano impliciti negli esseri viventi, l’ambiente offriva solo le condizioni di vita, soddisfatte le quali l’evoluzione filogenetica procedeva autonomamente. Considerava l’evoluzione della specie analoga all’evoluzione dell’individuo: come nell’uovo era già predeterminato lo sviluppo dell’individuo, così la specie primigenia conteneva in sé gli sviluppi della sua evoluzione filogenetica.
L’analogia individuo-specie è stata un tema ricorrente nella storia del pensiero scientifico di più secoli ed era presente persino in Charles Darwin, in una fase precoce della sua elaborazione della teoria evolutiva (G. Pancaldi, Darwin in Italia. Impresa scientifica e frontiere culturali, Bologna 1983, p. 72). L’analogia permetteva di trovare un’alternativa all’influenza dell’ambiente e forniva una chiave interpretativa a chi, non convinto della selezione naturale, non era disposto a concepire la storia dei viventi solo come un processo casuale, ma voleva delle leggi naturali ‘certe’ e intendeva il processo evolutivo come qualcosa di necessario e orientato. È evidente l’influsso delle teorie ‘ortogenetiche’ nell’Ologenesi di Rosa, che condivideva parte delle sue argomentazioni con altri scienziati in Europa: Oscar Hertwig, Johannes Koelliker, Theodor Nägeli, Carl Eimer, Carlo Emery. Occorre sottolineare che, a differenza di alcune teorie ortogenetiche, per Rosa questa evoluzione per ‘cause interne’ non richiedeva necessariamente un regista: nulla concedeva ad atti fideistici, non nutriva alcun sentimento religioso, neppure nella forma panteistica dei filosofi della natura, ma più verosimilmente si proponeva di ricondurre tutti i fenomeni della vita a quelli del mondo inorganico e alle sue leggi.
Il polifiletismo poteva sembrare insito nell’interpretazione ologenetica di Rosa: si sarebbe potuto affermare che tutte le specie oggi esistenti e quelle già estinte si fossero sviluppate parallelamente? A una tale critica Rosa puntualizzava che, anche invocando l’evoluzione per cause interne, si poteva continuare a sostenere il monofiletismo: tutte le specie si sono formate da un’unica specie primigenia per successive biforcazioni. A ogni biforcazione si sono originate due specie, che a loro volta si sono biforcate. A ogni dicotomia si raggiungeva una maggior specializzazione, ma anche una riduzione progressiva della capacità di variare ulteriormente. Con il termine variazione Rosa non si riferiva alla variabilità darwiniana, quella su cui opera la selezione naturale e che lui considerava come normali oscillazioni all’interno della specie stessa, irrilevanti ai fini evolutivi. L’evoluzione di una specie a un certo momento si fermava perché veniva meno la sua capacità di produrre altre variazioni; il risultato finale era uno stadio di fissità e l’incapacità di adattarsi a nuove condizioni di vita la portava all’estinzione.
L’Ologenesi di Daniele Rosa ebbe poca fortuna ai suoi tempi e ancor meno negli anni successivi. Hugo De Vries nel 1901 riconobbe la concisione di Rosa nel mettere in risalto la differenza tra mutazione come variazione filogenetica e variazione statistica in senso darwiniano. L’Ologenesi fu utilizzata da antropologi come Vincenzo Giuffrida-Ruggeri (1915; 1918; 1920) e George Montandon (1934), che vi trovarono un supporto alla loro convinzione che non ci fosse stata un’unica culla dell’umanità. L’opera di Rosa fu ricordata nel 1947 da Bernard Rench, passando in rassegna le teorie novecentesche riguardanti l’evoluzione per cause interne. Sicuramente il paladino di Rosa fu Giuseppe Colosi, che si prodigò a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento per far conoscere la teoria ologenetica (Colosi, 1958; 1961); ma fu tra i pochi, se non l’unico.
L’oblio per l’Ologenesi si completò, comunque, dopo gli anni Sessanta. La mancanza di una traduzione in inglese o in tedesco non ha facilitato la diffusione e la conoscenza dell’opera, ma determinanti furono i pesanti pronunciamenti degli storici dell’evoluzionismo più accreditati, in particolare George Gaylord Simpson, che nel 1978 liquidò l’Ologenesi come qualcosa di cui sorridere, al più una curiosità storica. Lo stesso Giuseppe Montalenti (1982) non era stato generoso con l’opera di Rosa, che venne ignorata da storici dell’evoluzione come Ernst Mayr (Towards a new philosophy of biology. Observations of an evolutionist, Cambridge, Mass., 1988), e Peter J. Bowler; quest’ultimo, trattando nel 1984 di Nägeli e altri ortogenisti, attribuiva a Willi Hennig l’assoluta paternità della tecnica cladistica di classificazione, tacendo del ruolo di Rosa (Evolution. The history of an idea, Berkley 1984, pp. 330, 332). Nel 2001 Antonello Lavergata ha curato una riedizione commentata dell’Ologenesi, valutandone criticamente il contributo scientifico e rilevandone l’interesse storico.
Opere. La riduzione progressiva della variabilità e i suoi rapporti coll’estinzione e coll’origine delle specie, Torino 1899; Saggio di una nuova spiegazione dell’origine e della distribuzione geografica delle specie (Ipotesi della “ologenesi”), in Bollettino dei musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino, 1909, vol. 614, pp. 1-13; Ologenesi, nuova teoria dell’evoluzione e della distribuzione geografica dei viventi, Firenze 1918; Evoluzione, in Enciclopedia Italiana, XIV, Roma 1933, pp. 664-672.
Fonti e Bibl.: H. De Vries, Die Mutationstheorie. Versuche und Beobachtungen über die Entstehung von Arten in Pflanzenreich, Leipzig 1901, p. 51; V. Giuffrida-Ruggeri, La cosiddetta culla dell’umanità, in Rivista italiana di sociologia, 1915, vol. 19, pp. 5 s.; Id.,Unicità del Phylum umano con pluralità di centri specifici, in Rivista italiana di paleontologia, 1918, vol. 24, pp. 3-15; Id., Su l’origine dell’uomo. Nuove teorie e documenti, Bologna 1920; G. Montandon, L’Ologénèse culturelle. Traité d’ethnologie cyclo-culturelle et d’ergologie systématique, Paris 1934, pp. 453, 456, 458; B. Rensch, Neuere Probleme der Abstammungslehre, Stuttgart 1947; G. Colosi, Neodarwinismo e ologenismo, in Bollettino di zoologia, 1958, n. 25, pp. 127-147; Id., L’opera di D. R. e la dottrina dell’evoluzione (con cenni biografici e bibliografici), in Memorie della Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 3, 1961, t. 4, parte 1, pp. 329-368; G. Simpson, Footnote to the discussion of R.’s theories by Baroni Urbani, in Systematic zoology, 1978, vol. 27, p. 346; G. Montalenti, Darwinismo e antidarwinismo, ieri e oggi, in Il Darwinismo nel pensiero scientifico contemporaneo, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Matematica e applicazioni, s. 8, 1982, vol. 72, n. 3, pp. 187-205; S. Casellato, D. R.: profile of a researcher, in On earthworms: proceedings of the International symposium on earthworms: dedicated to D. R...., Bologna-Carpi... 1985, a cura di A.M. Bonvicini Pagliai - P. Omodeo, Modena 1987, pp. 11-14; Ead., D. R. e l’evoluzionismo per cause interne, in Protagonisti della cultura italiana del Novecento, in Nuova secondaria, VIII (1990), 10, pp. 91-93; A. La Vergata, Introduzione, in D. Rosa, Ologenesi, Firenze 2001, pp. 5-80; S. Casellato, D. R. un protagonista della cultura scientifica del ’900, in Atti e memorie. Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie. Accademia nazionale di scienze, lettere e arti di Modena, s. 8, 2003, vol. 6, f. 2, pp. 23-35.