culto
Gli atti con cui l'uomo venera divinità e forze sovrannaturali
Preghiere, cerimonie, riti e pellegrinaggi sono presenti in gran parte delle società umane. A partire da credenze religiose e tradizioni differenti, gli esseri umani hanno dato vita a forme di culto molto variabili. Il culto è in genere un'attività importante nella vita di un gruppo perché scandisce il tempo distinguendo momenti di vita quotidiana da periodi di festa e di riflessione. I luoghi di culto (come le sinagoghe, le chiese, le moschee, i santuari, i piloni votivi e altri ancora) sono spesso centri simbolici di notevole importanza
Si può definire il culto come l'insieme degli atti attraverso i quali una comunità venera una o più divinità oppure altre forze sovrannaturali (spiriti, antenati, santi), al fine di assicurarsi la loro benevolenza e di accrescere così il benessere della comunità stessa. Il termine culto deriva dal verbo latino còlere, che significa "coltivare" ma anche "onorare", "venerare", "trattare con rispetto".
Il culto può essere interno o individuale, come una preghiera o una meditazione recitata in silenzio, ma più spesso è costituito da azioni e gesti esterni e pubblici, detti appunto atti di culto. In questo secondo significato, il culto indica l'insieme dei riti e delle pratiche tipici di una religione, fondati su una tradizione più o meno antica. Alcuni aspetti del culto molto diffusi sia nelle religioni monoteistiche sia nelle religioni politeistiche sono le preghiere collettive, la lettura, la recitazione e il commento di testi sacri (per esempio la Torah degli ebrei, la Bibbia dei cristiani, il Corano degli islamici); le offerte e i sacrifici; i pellegrinaggi e le processioni.
Anche la danza e la musica sono spesso aspetti importanti del culto: si tratta anche in questo caso di azioni (si potrebbe dire di performance) attraverso le quali gli uomini cercano di instaurare e di mantenere un buon rapporto con gli esseri sacri.
Il culto si presenta in forme molto diverse nelle varie società e religioni del mondo. Si parla di culti monoteistici in presenza di religioni che venerano una sola divinità; di culti politeistici quando vi sono più divinità; di culti animistici per quelle religioni in cui vengono riconosciuti vari tipi di forze sovrannaturali ed esseri sacri. Bisogna tenere presente che anche i culti delle religioni dette universalistiche (cioè diffuse in varie parti del mondo) hanno subito variazioni a seconda delle società che le hanno adottate. L'ebraismo (Ebrei), il cristianesimo, l'Islam, l'induismo, il buddismo (Buddha), per esempio, hanno tradizioni di culto diverse a seconda dei luoghi in cui sono presenti.
Gli studiosi delle religioni definiscono sincretismo queste forme miste di culto, prodotte cioè dall'incontro tra religioni diverse. Sia il cristianesimo sia l'Islam per esempio, diffondendosi in Africa, hanno accolto in sé il culto degli antenati tipico di molte società originarie di questo continente. Trasportati forzosamente in America durante il periodo coloniale, gli schiavi africani diedero vita a culti sincretistici come il vodù (ad Haiti, un'isola dei Caraibi) e il candomblé (culto molto diffuso in Brasile).
Le varie religioni affidano in genere a particolari persone il compito di fare da mediatori tra la comunità e le forze sovrannaturali.
Si parla di culti sciamanici se è uno sciamano a fare da mediatore. Gli sciamani sono persone che solo durante lo svolgimento del culto hanno un rapporto stretto con le divinità o gli antenati: possono essere 'posseduti' dagli esseri sacri che, attraverso essi, comunicano con l'intera comunità.
Gli studiosi delle religioni parlano invece di culti ecclesiastici quando esiste una speciale categoria di persone che ha il compito di occuparsi in modo continuo del culto e quindi del rapporto con la divinità: pensiamo ai rabbini della religione ebraica; ai preti e ai pastori del cristianesimo; agli imam dell'Islam. I culti ecclesiastici sono propri in genere di religioni che possiedono testi sacri scritti: agli specialisti del culto si richiede di conoscere questi testi, di diffonderli e di tramandarli alle generazioni successive.
Una caratteristica molto diffusa degli atti di culto è che essi si ripetono nel tempo: si parla a questo proposito di ciclicità o di periodicità del culto. Molti riti religiosi si svolgono in effetti a intervalli regolari. L'alternarsi del giorno e della notte può essere segnato dalla preghiera (la preghiera del mattino e della sera); il trascorrere delle settimane è scandito da giorni di festa dedicati al culto (il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani); l'alternarsi delle stagioni coincide con riti importanti: pensiamo al Natale cristiano, che si celebra nei giorni del solstizio d'inverno, o alla Pasqua, che segna l'inizio della primavera.
Si può dire che il culto scandisce il tempo di molte società, distinguendo i momenti sacri dai momenti profani. Per questo, nelle società basate sull'agricoltura, il culto accompagna i periodi dell'anno più importanti del calendario agricolo (la semina, il raccolto, l'inizio della stagione produttiva e così via). Anche il ciclo della vita di un essere umano è scandito da atti di culto che si svolgono in occasione della nascita, dell'ingresso nel mondo degli adulti (i cosiddetti riti di iniziazione), del matrimonio, della morte. Gli antropologi hanno definito riti di passaggio i riti relativi al ciclo della vita.
Infine, il culto è spesso la ripetizione di un evento storico o mitologico importante per una religione: la messa dei cattolici, per esempio, ricorda la passione e la risurrezione di Cristo. La festa di al-'Ayd al-kabir ("la grande festa") o festa del montone ricorda nel mondo islamico il sacrificio di Isacco. La Pasqua ebraica celebra la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto e il passaggio del Mar Rosso.
Gli spazi in cui si svolge il culto sono di solito luoghi a cui la comunità dei credenti attribuisce una grande importanza. Un luogo di culto può essere costituito da un altare oppure da semplice recinto il cui steccato separa il luogo sacro interno dal mondo esterno. Le moschee degli islamici, le sinagoghe degli ebrei, le chiese cristiane, i templi indù e buddisti sono esempi di luoghi di culto tipici delle religioni universalistiche. La forma di questi edifici presenta aspetti simbolici: le chiese cristiane, per esempio, sono costruite a forma di croce, a ricordare il martirio di Cristo. Le moschee sono orientate verso la Mecca, città storicamente e simbolicamente importante per gli islamici e legata alla memoria di Maometto.
I luoghi di culto racchiudono a loro volta oggetti, immagini, rappresentazioni di grande valore simbolico. La Torah (cioè i cinque libri del Pentateuco) rappresenta il testo sacro degli ebrei ed è collocata in posizione centrale nelle sinagoghe. I cristiani cattolici danno molto rilievo alle immagini (dipinti, statue, reliquiari) di Dio, dei santi e di altre figure oggetto di devozione. Al contrario, i protestanti scoraggiano l'uso di queste immagini e affidano per lo più alla parola della Bibbia il compito di mediare tra Dio e gli uomini. L'uso delle immagini è proibito nelle moschee islamiche. Se i luoghi di culto sono ampiamente diffusi sul territorio, spesso vi sono centri di culto che simboleggiano un'intera religione. La città di Gerusalemme, per esempio, è un centro di culto di grande importanza simbolica per l'ebraismo, il cristianesimo e l'Islam: il controllo politico di questa città ricca di simboli religiosi ha prodotto (e produce tuttora) forti conflitti tra le varie comunità religiose.