CRISTOFORO da Collesano, santo
Nacque a Collesano (prov. Palermo) probabilmente alla fine del sec. IX. Del periodo precedente il passaggio alla vita monastica sappiamo soltanto che egli era sposato e aveva due figli, Saba e Macario, nonché qualche proprietà terriera. Nulla conosciamo, invece, circa la sua posizione sociale ed economica, né sappiamo quale educazione avesse ricevuto o a quale ambiente culturale appartenesse. In data non precisabile C., ispirato, secondo le fonti agiografiche, da una visione dell'arcangelo Michele, abbandonò la sua famiglia per farsi monaco nel monastero di S. Filippo di Agira (prov. Enna). Dopo il noviziato trascorso nel monastero, gli fu permesso dall'abate Niceforo di ritirarsi nel piccolo eremo di S. Michele di Ktisma, dipendente da S. Filippo. La fama della sua vita ascetica e della sua santità si difflise ben presto in tutta la Sicilia, tanto da indurre anche i suoi figli ed altri concittadini a seguire il suo esempio e ad abbracciare la vita monastica ritirandosi, sotto la sua guida, a S. Michele; successivamente anche la moglie Kale prese il velo.
Durante una grande carestia - probabilmente quella del 939-940 verificatasi in seguito alla sanguinosa campagna del comandante fatimidico Halil contro i Siciliani ribelli., - C. abbandonò l'isola con la famiglia, i monaci e un gruppo di parenti e compaesani che non facevano parte della comunità. Passati in Calabria, essi fondarono un nuovo monastero, anch'esso dedicato a S. Michele, presso Merkurion nella valle dei Lao. Il monastero attirò in breve tempo tanti nuovi monaci che si resero necessarie ulteriori bonifiche per garantire il nutrimento dei numerosi abitanti nella comunità.
Dalla Calabria - per via marittima - si recò come pellegrino a Roma per pregare sulle tombe degli apostoli. Per il periodo della sua assenza nominò abate il figlio Saba. Poco dopo il suo ritorno da Roma nuovi attacchi arabi contro le coste calabresi costrinsero i monaci ad abbandonare il monastero (952) e a trasferirsi più a settentrione. Nella provincia di Latinianon in Basilicata essi costruirono il monastero di S. Lorenzo sul Sinni dove C. morì e fu sepolto.
Non si conosce la data esatta della sua morte, né è possibile avanzare ipotesi al riguardo; sembra comunque che già intomo all'anno 1000 C. fosse venerato -almeno nel suo monastero - come santo. Molto tempo prima di morire C. aveva affidato la direzione dei monastero principale e delle sue dipendenze al figlio Saba, mentre egli stesso si era ritirato in una cella non lontanodal monastero. Più tardi Saba fu costretto dai rinnovati attacchi arabi a rifugiarsi ancora più a settentrione, intorno a Salerno, dove fondò nuovi monasteri, la guida dei quali fu assunta dopo la sua morte (nel 990 circa) dal fratello Macario.
Le notizie relative alla persona e alla vita di C. si desumono da due testi agiografici greci, scritti, intorno al Mille, dal patriarca di Gerusalemme Oreste che aveva conosciuto Saba in Italia. Si tratta del Βίος καὶ πολιτεία τορ ὁσίωρ πατέρων ὑμῶν Χρισοϕόρου καὶ Μακαρίου e del Βίος καὶ πολιτεία τοῦ ὁσίου πατρὸς ὑμῶν Σάβα τοῦ Νέου. Ambedue i testi fanno parte di un gruppo di Vite di santi monaci greci, tutti provenienti dal monastero di S. Filippo di Agira, che erano stati costretti dagli avvenimenti bellici del sec. X e dell'inizio del successivo ad abbandonare la Sicilia e la Calabria per fondare monasteri nuovi e più sicuri in Basilicata. L'unico manoscritto conservato contenente la vita di C. e di Macario (cod. Vat. gr. 2072) proviene, molto significativamente, dalla biblioteca del monastero greco di S. Elia di Carbone (prov. Potenza). Le due Vite scritte da Oreste si differenziano, però, molto l'una dall'altra. Mentre la Vita di Saba fa frequenti riferimenti a persone ed avvenimenti storici noti, permettendo così un inquadramento cronologico sicuro del santo, la Vita di C. e di Macario è priva di connotazioni precise e non offre alcun elemento utile per la datazione. Tuttavia, non c'è motivo di dubitare dell'esistenza storica di Cristoforo. Tutte le notizie relative alla sua vita, infatti, si inseriscono perfettamente nel quadro del monachesimo greco dell'Italia meridionale.
Come monaco C. preferì condurre la vita di eremita, come fece sia nel monastero di S. Michele di Ktisma, sia nel monastero presso Merkurion. Anche a S. Lorenzo sul Sinni egli viveva da solo in una cella (καϑ᾿ἡσυχίαν) a qualche distanza dal monastero, ma in continuo contatto con la vita spirituale della comunità. Una tale mescolanza tra elementi cenobitici ed eremitici all'interno di un grande monastero non è una rarità nel monachesimo greco e si riscontra spesso in quelli dell'Italia meridionale. Altrettanto tipica è l'influenza esercitata dalla famiglia del fondatore sulla direzione del monastero, ed era quasi la regola che abati come C. o Saba nominassero come loro successori figli, fratelli e nipoti. Nel caso di C. si deve rilevare che, a quanto pare, la santità del figlio si è trasferita anche al padre e al fratello. Il grande santo della famiglia fu Saba il giovane, famoso per aver fondato molti monasteri in Calabria, Basilicata e Campania, il. quale, da vecchio, si trovò anche a svolgere un'attività politica: intervenne ripetute volte a Roma, alla corte di Ottone II e di Teofano, a favore del catapano bizantino e del dux di Amalfi. Saba, la cui attività è provata anche da fonti documentarie, dovette essere circondato già in vita da vasta fama: nella sua Vita sono raccontati numerosi suoi miracoli, guarigioni, moltiplicazioni di cibi e visioni. Di C., invece, sono riportati soltanto due miracoli piuttosto modesti: avrebbe indotto un orso ad abbandonare l'orto del monastero e avrebbe procurato con le sue preghiere un figlio alla moglie sterile di un personaggio importante di Rossano. Infine c'è da rilevare che, a differenza di quanto è avvenuto per Saba e per Macario, non sono tramandati inni liturgici dedicati a Cristoforo. La festa di C., di cui non è noto il giorno della morte, è celebrata, secondo il calendario basiliano, il 17dicembre, un giorno dopo quella del figlio Macario. Da tutti questi dati sembra lecito dedurre che la santità di C. non era molto di più che un'appendice di quella dei suoi più celebri figli.
Fonti e Bibl.: Historia et laudes SS. Sabae et Macarii iuniorum e Sicilia auctore Oreste Patriarcha Hierosolymitano, a cura di I. Cozza-Luzi, Roma 1893; J. Gay, L'Italie mérid. et l'Empire byzantiri, Paris 1904, pp. 262-268; M. Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, a cura di C. A. Nallino. II, Catania 1935, pp. 470 s.; L.-R. Ménager, La "byzantinisation" religieuse de l'Italie méridionale (IXe-XIIe siècles), in Rev. d'historie eccl., LIII (1958), pp. 764-767, G. Da Costa-Louillet, Saints de Sicile et d'Italie méridionale aux VIIIe. IXe et Xe siècles, in Byzantion, XXIX-XXX (1959-1960), pp. 130-142; S. Borsari, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell'Italia meridionale prenormanne, Napoli 1963, coll. 46-50, 90, 96, 98, 101, 124; F. Russo. C. di C., in Bibliotheca Sanctorum, IV, Roma 1964, pp. 346 ss.; V. von Falkenhausen, Imonasteri greci dell'Italia meridionale e della Sicilia, in Il passaggio dal dominio bizantino allo Stato normanno nell'Italia meridionale. Atti del secondo Convegno internazionale di studio sulla civiltà rupestre medievale nel Mezzogiorno d'Italia (Taranto-Mottola, 31 ott.-4 nov. 1973). Taranto 1977, pp. 199-202; E. Morini, Eremo e cenobio nel monachesimo greco dell'Italia meridionale nei secc. IX e X, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXXI (1977), pp. 354, 359-365, 376.