CAETANI, Cristoforo
Nacque intorno al 1360, secondogenito di Giacomo (II) e di Sveva di Sanseverino. Fu capostipite dei Gaetani d'Aragona (denominazione assunta ufficialmente nel 1466) conti di Fondi, di Morcone, conti poi duchi di Traetto, principi d'Altamura, di Alife, di Piedimonte, duchi di Laurenzana.
Il padre nelle contese per il trono napoletano si era schierato con Carlo III di Durazzo da cui aveva ricevuto benefici e donazioni. La posizione dei Caetani nel corso delle frequenti lotte tra papi - o antipapi - e i re di Napoli fu sempre delicata, giacché per la posizione geografica dei loro feudi essi erano contemporaneamente feudatari del papa e del re.
Il C. iniziò la carriera delle armi nel 1384 combattendo accanto al padre nell'esercito di Carlo III di Durazzo contro Luigi d'Angiò. Nel 1393, al servizio del re Ladislao, combatté insieme con il fratello Nicola contro Luigi d'Angiò. Nel marzo dell'anno 1395 il fratello Antonio, che era patriarca di Aquileia, prima di fare il suo ingresso nel patriarcato inviò il C. in Istria, in qualità di marchese, con dodici cavalieri che gli erano stati concessi dal Comune di Udine. Il C. rimase presso il fratello sino alla fine dell'anno. Nel 1402 il padre ottenne dal re che il C., sebbene secondogenito, potesse ereditare dalla madre la contea di Morcone. In questi anni il C. ricopriva la carica di maresciallo e capitano d'armi. Nel luglio 1402 gli fu affidato il comando dell'esercito che doveva andare in Puglia a combattere contro la contessa di Conversano, partigiana di Luigi d'Angiò; nel 1406, poi, Ladislao gli affidò il governo delle province di Molise e Terra di Lavoro.
Sempre al servizio di Ladislao, nell'aprile 1408 prese parte alla spedizione intrapresa dal re contro Roma. Il 25 aprile l'esercito entrava nella città. Costretto a ritornare a Napoli il 24 giugno, Ladislao affidò il governo di Roma al senatore romano Giannozzo Torti e al Caetani. Ma il 3 luglio quest'ultimo fu richiamato improvvisamente a Napoli e dopo non molto venne imprigionato insieme con i nipoti Giacomo, Ruggero e Francesco. È probabile che l'improvvisa decisione del re fosse dovuta non tanto al comportamento del C., quanto piuttosto alle pressioni esercitate in questo senso su Ladislao da Gregorio XII che aveva dichiarato ribelle Antonio Caetani ed altri cardinali che nel maggio erano fuggiti da Lucca dove si trovava la Curia e si erano riuniti a Pisa. Riunitosi poi in questa città nel marzo dell'anno successivo il concilio, fu deciso, molto probabilmente ad opera del cardinale Antonio Caetani, di inviare il cardinale Ottone Colonna (il futuro Martino V) come ambasciatore al sovrano per ottenere, tra l'altro, la liberazione dei Caetani prigionieri. La missione ebbe successo: ma i Caetani, appena liberati, non tornarono al servizio di Ladislao, bensì si unirono ad altri baroni napoletani e si misero al servizio della lega che, nel 1409, sotto gli auspici del papa Alessandro V, si era formata tra Siena, Firenze e Luigi d'Angiò proprio contro il re di Napoli.
Il C. continuò a servire il pontefice nel corso delle successive lotte tra Giovanni XXIII e Ladislao: nel settembre 1411 gli fu affidato il governo di Roma insieme con Paolo e Francesco Orsini. ed egli difese la città dalle truppe napoletane. Nel luglio 1413 tuttavia lasciò il servizio pontificio; prestò infatti un nuovo giuramento al re, il quale dopo la fuga del papa da Roma era entrato con l'esercito in città. Il 13 luglio Ladislao concesse totale perdono al C. e a suo nipote Giacomo (IV).
Durante i quattro anni dell'ostilità tra i Caetani e Ladislao, i feudi dei Caetani erano rimasti abbandonati e della situazione avevano approfittato i vicini e, in particolare, la città di Gaeta che nel settembre 1409 aveva acquistato da Ladislao il castello di Suio, già feudo dei Caetani. Il C., tornato alla fedeltà a Ladislao, si mosse in armi contro Gaeta per recuperare i beni perduti; ma, nel settembre 1414, per ordine della regina Giovanna II, succeduta a Ladislao, doveva porre fine alle ostilità e iniziare le trattative con quella città e gli abitanti di Mola e di Suio. Le ostilità ripresero però ben presto perché alla città di Gaeta si era unito Pietro Origlia, conte di Caiazzo (che negli anni della messa al bando dei Caetani aveva acquistato da Ladislao i castelli di Maranola e Castellonorato, feudi dei Caetani). Il C. lo sconfisse e nel giugno-luglio 1416 le due parti firmarono una tregua, che venne poi rinnovata nel 1419.
Nell'estate 1415 una spedizione militare guidata da Muzio Attendolo Sforza, al servizio della regina Giovanna II di Napoli, si mosse contro il C. che si era ribellato. Non sappiamo i motivi di tale ribellione, né l'esito dell'azione dello Sforza: comunque agli inizi del 1417 il Cprestava di nuovo obbedienza a Giovanna, e nel maggio raggiungeva lo Sforza presso Capua per partecipare all'azione contro Braccio da Montone che aveva occupato Roma. Il 27 agosto l'esercito dello Sforza occupava la città. Pochi giorni dopo all'interno delle truppe napoletane scoppiava un dissidio armato tra i Caetani e i Conti per la titolarità di alcune terre in Marittima. Per imposizione dello Sforza il C. e Ildebrandino Conti addivennero a una tregua il 18 genn. 1418 a Spigno.
All'inizio del novembre 1418 Giacomo (II), al fine di dividere i beni della famiglia, assegnò al C. i feudi nel Napoletano, e quelli nella Campagna e nella Marittima al nipote Giacomo (IV), figlio del primogenito Giacomo (III), Giacomo (II) chiese ed ottenne da Giovanna che il C., benché secondogenito, gli succedesse nel titolo di conte di Fondi. Nello stesso tempo la madre Sveva di Sanseverino donava al C. il feudo di Piedimonte, che costituiva la sua dote; tre anni dopo il C. chiedeva alla regina di riconoscere questo atto come donazione "inter vivos". L'11 ag. 1419, inoltre, Giovanna II gli donò in perpetuum una rendita annua di 200 once e, poco dopo, lo nominò vicereggente negli Abruzzi e governatore dell'Aquila.
Lo Sforza, intanto, il 18 giugno 1420 si dichiarava sciolto dai giuramenti prestati a Giovanna II e si poneva al servizio di Luigi III d'Angiò che contendeva il trono alla regina. Napoli fu cinta d'assedio dalle truppe angioine e il C., che si trovava in Abruzzo, organizzò con rapidità un esercito e si diresse verso Napoli. Riuscito ad entrare in città, la difese validamente per tre mesi dagli attacchi dello Sforza che le aveva posto l'assedio e di Luigi d'Angiò che aveva bloccato il porto. Prese parte alle trattative aperte da Giovanna II con Braccio da Montone al fine di indurre il condottiero a intervenire contro Luigi III. Il 20 0 il 22 sett. 1420 Giovanna, in segno di riconoscenza, nominò il C. gran protonotario e logoteta del Regno a vita, in sostituzione di Francesco Zurlo che si era ribellato.
In veste di protonotario il C. assistette; verso la fine del 1420, alla stesura dei capitoli per l'adozione da parte della regina Giovanna di Alfonso d'Aragona. Il 1º giugno 1411 la regina volle dare al C. un nuovo segno della sua riconoscenza concedendogli in feudo la contea di Sant'Agata dei Goti e la baronia di Tocco, nel principato Ulteriore, e alcuni castelli. Il 26 giugno, quando Alfonso d'Aragona entrò in Napoli, il C. fu al suo fianco in qualità di protonotario e di rappresentante del popolo napoletano. Nell'ottobre di quello stesso anno il C. fu deputato insieme con altri cinque dignitari del Regno a trattare la pace con Firenze ed in questa circostanza egli ebbe contatti con Rinaldo degli Albizzi, ambasciatore dei Fiorentini, il quale rimase assai favorevolmente colpito dalla personalità del C. (Commissioni, I, pp. 325-338).
Nel 1423 erano intanto mutati i rapporti tra Alfonso d'Aragona e la regina Giovanna che, revocata l'adozione dell'aragonese, nominava suo erede Luigi III d'Angiò. Alfonso aveva occupato la città di Gaeta ed il C., rimasto fedele a Giovanna, partecipò, probabilmente da terra, all'assedio della città. Il C. approfittò della vittoria per ampliare i propri feudi: si impadronì immediatamente di Maranola, di Castellonorato e della torre del Garigliano. Il 25 genn. 1424 la città di Gaeta deliberò di assegnare quei castelli al C. e ai suoi nipoti; ma tre giorni dopo la regina, contrariata da questo atto arbitrario del C., ingiungeva alla città di Gaeta di consegnare i fortilizi nelle mani di Guido Torelli, comandante della flotta che aveva assediato la città dal mare. I Caetani furono costretti ad abbandonare la torre del Garigliano, importante punto strategico; ma alla fine di maggio, la città di Gaeta, con l'assenso regio, restituì al C. la Bastia del Garigliano con tutti i diritti di traghetto, e Giovanna confermò tali possessi il 14 giugno.
Il 25 maggio il C. riceveva dalla regina l'incarico di muovere contro Giovanni d'Acquaviva perché costui riparasse ai danni recati ai vassalli di Francesco da Boccapianola. Nel giugno riuscì ad impedire lo sbarco a Gaeta di una flotta aragonese; il 13 di questo mese Giovanna gli concesse in feudo il casale di Sant'Andrea ultra serras Montorii.In questo periodo dovette anche partecipare alla difesa dell'Aquila assediata da Braccio da Montone.
Nel luglio dello stesso anno il C., quale vassallo pontificio, si recò con il suo esercito a Gallicano presso Palestrina, ove si trovava Martino V, e dove si erano radunati molti altri condottieri. Qui il C. si incontrò con Rinaldo degli Albizzi che gli propose di mettersi al servizio della Repubblica fiorentina, nella guerra contro i Visconti. La proposta trovò il favore del C., ma non quello del pontefice che, quale signore feudale, doveva dare il suo assenso. Le trattative tra i Fiorentini, il papa e il C. durarono per tutto l'autunno del 1424. Alla fine il papa acconsentì a che il C. o il nipote Onorato assumessero una condotta e combattessero per Firenze, purché non fosse loro affidato il comando generale. Le trattative comunque non approdarono ad alcun risultato. Forse il C. preferì accettare la carica di governatore del Regno con una condotta di mille lance, carica in cui lo troviamo ricordato da Rinaldo degli Albizzi il 3 ag. 1425.
Sino al 1425 circa il C. amministrò, anche a nome dei nipoti, l'intero patrimonio dei Caetani, non ancora divisi in conti di Fondi e conti di Sermoneta, ma in questi anni i nipoti cominciarono ad agire in modo indipendente. Nel giugno 1431 e nell'aprile dell'anno successivo il C. cedette al nipote Giacomo (IV) i feudi che la famiglia aveva nello Stato pontificio allo scopo di evitare il pericolo di una loro confisca in caso di conflitto tra Eugenio IV e la regina di Napoli.
Il 6 luglio 1431 il C. ottenne dalla regina il riconoscimento del possesso delle terre portategli in dote dalla moglie Isabella de Pizzutis che era morta, a quel che pare, qualche tempo prima. Dal matrimonio con Isabella, che il C. aveva sposato verso la fine del sec. XIV, non era nato alcun figlio; il C. però ne aveva avuti dieci da una donna napoletana, Bannella del Forno, che egli sposò il 20 marzo 1436. Già nel 1425, però, il C. aveva ottenuto sia da Martino V sia dalla regina Giovanna la legittimazione dei figli; dopo il matrimonio nacquero, sembra, Antonio, Ferdinando e Melchiorre.
Dopo la morte di Giovanna II (2 febbr. 1435) il C. si schierò dalla parte di Alfonso d'Aragona che lo riconfermò nel suo ufficio di protonotario. Partecipò inoltre alle azioni militari intraprese da Alfonso per conquistare il trono; il 5 ag. 1435 quando Alfonso fu sconfitto nella battaglia di Ponza il C., rimasto ad assediare Gaeta da terra, fu messo in fuga dagli abitanti della città; Onorato, figlio del C., fu fatto prigioniero in questa stessa battaglia.
Verso la fine del '35 o all'inizio del '36 fu ucciso Ruggero Caetani, figlio del fratello del C. Giacomo (III): si è pensato (cfr. Carinci) che Ruggero sia stato assassinato dal C. al quale si attribuisce anche un tentativo, peraltro fallito, di uccidere il figlio di Giacomo (IV), Onorato. è probabile che tali accuse non abbiano fondamento; è sicuro, comunque, che il C. temeva che i Caetani di Sermoneta rivendicassero diritti di primogenitura sulla contea di Fondi. Perciò il 1º ag. 1437 fece confermare da Alfonso d'Aragona per sé e per i suoi eredi i diritti di successione nella contea e negli altri feudi del Regno. Il C. inoltre fece proclamare ribelli dal re il nipote Francesco e il suo pupillo Onorato, allora appena sedicenne. Il 31 ag. 1438 il C. fece testamento: nominò erede universale il primogenito Onorato, imponendogli di cedere la contea di Morcone, con il relativo titolo, al secondogenito Giacomo, e dispose di alcuni lasciti minori per gli altri suoi figli.
Il C. morì a Fondi il 9 maggio 1441. Appare priva di fondamento la notizia (Conte Colino, p. 157) secondo la quale egli sarebbe stato ucciso il 18 ott. 1439 da una cannonata sparata dal campanile della chiesa del Carmine durante l'assedio che Alfonso d'Aragona aveva posto alla città di Napoli.
Il 15 maggio il re nominò suo figlio Onorato protonotario e logoteta a vita e gli confermò la successione nella contea di Fondi e negli altri feudi del Regno, ribadendo l'esclusione dei ribelli Francesco e Onorato.
Fonti e Bibl.: G. B. Carinci, Documenti scelti dall'archivio della eccellentissima famiglia Caetani, Roma 1846, pp. 184, 217, 292, 321, 345; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi…, a cura di C. Guasti, in Documenti di storia ital. della Società di storia patria per le prov. di Toscana, Umbria e Marche, I, Firenze 1867, pp. 335, 338; II, ibid. 1869, pp. 126, 130, 133, 182, 184, 303, 308, 314, 354; C. Minieri Riccio, Saggio di codice diplomatico…, I, 2, Napoli 1879, p. 48; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historia pertinentia, Neapoli 1881, p. XXX; Id., Repertorio delle pergamene dell'università e Comune di Gaeta, Napoli 1884, pp. 87-97; G. B, Carinci, Lettere di Onorato Caetani, Roma 1893, p. 185; Bindino da Travale, Cronaca, a cura di V. Lusini, Siena 1900, pp. 274-278; Paolo d. Lello Petrone, La Mesticanza, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 2, a cura di F. Isoldi, ad Indicem;Antonio di Pietro dello Schiavo, Diario romano, ibid., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, pp. 33 s., 40, 86, 111; Diurnali del duca di Monteleone, ibid., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, ad Indicem;G.Caetani, Regesto delle pergamene dell'Archivio Caetani, III, San Casciano Val di Pesa 1928, ad Indicem;IV, ibid. 1929, ad Indicem; A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, Aquila 1582, pp. 304, 313; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651, pp. 19, 221, 223; C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili napoletane, I, Napoli 1654, pp. 209, 211; A. Summonte, Historia della città e regno di Napoli, Napoli 1675, II, p. 629; D. A. Cantatore, De Historia Terracinensi, Romae 1706, p. 232; B. Facius, De rebus gestis ab Alphonso primo Neapolitanorum rego, Neapoli 1769, p. 11; L. Simonde de Sismondi, Histoire des républiques italiennes du Moyen-Age, IV, Bruxelles 1838, p. 371; G. Conte Colino, Storia di Fondi, Napoli 1902, p. 127; B. Amante-R. Bianchi, Memorie storiche e statuarie del ducato, della contea e dell'episcopato di Fondi…, Roma 1903, pp. 128-131; N. Faraglia, Storia della regina Giovanna, Lanciano 1904, pp. 39, 43, 50, 80, 91, 95, 115, 147-149, 170 s.; P. Pantanella, Notizie storiche della tema di Sermoneta, Roma 1911, I, p. 418; G. Caetani, Domus Caietana, I, 2, San Casciano Val di Pesa 1927, ad Indicem; P.Paschini, Antonio Caetani cardinale aquileiese, in Arch. d. Soc. rom. di st. patr., LII (1929), pp. 148 e n., 165, 169 e n., 184, 205, 211; Id., L'Istria patriarcale durante il governo del patriarca Antonio Caetani, in Atti e mem. d. Soc. istr. di arch. e st. patr., XLII(1930), p. 99.