CRISPO de' MONTI (Crispomonti), Giovanni
Di nobile famiglia, nacque all'Aquila intorno alla metà del XV secolo da Corrado e da Maria Notamanni. Non si conosce il luogo dove si formò come giurista e conseguì il titolo di dottore in utroque iure col quale è indicato nelle sue pubblicazioni.
La presenza a Siena nel 1475 fra gli ospiti della casa della Sapienza di un Giovanni dell'Aquila che a differenza degli altri studenti godeva dell'appellativo di "ser", nonché certe edizioni senesi di studi del C. segnalate dagli scrittori indurrebbero a considerare la città toscana probabile luogo di maturazione o almeno di passaggio l'insegnamento che il C. tenne a Padova senza godere di una particolare fama suggerirebbe invece, conformemente a quel che si sa sul protezionismo dei vari Studi, un dottorato lì conseguito.
Della sua attività patavina non resta menzione nelle storie di quella università, ma egli vi fu sicuramente in qualità di pubblico lettore almeno negli anni accademici 1488-89 e 1489-90. Il 1º ag. 1489 licenziò per le stampe una repetitio ai titoli De hereditatibus quae ab intestato deferuntur e De gradibus cognationis delle Istituzioni di Giustiniano (I. 3,1 e 3,6). Lo studio, dedicato al vicentino Ludovico de Scledo, già rettore dell'università degli artisti e in quel tempo collega del C. nella terza scuola di Istituzioni, uscì dai torchi dello stampatore Johann Hamann, operante a Venezia, il 19 ott. 1490. In data 8 ott. 1490 la medesima tipografia aveva pubblicato un altro studio del C. la cui stesura era stata ultimata solo il 23 giugno dello stesso anno. Si tratta del lavoro più noto, quello che circolò col titolo di Termini omnium actionum, o anche come Arbor omnium actionum tam pretoriarum quam civilium, o come Termini omnium actionum cum arbore, o infine Nomenclatura actionum omnium tam pretoriar um quam civilium.
La pubblicazione fu dedicata a Domenico Capranica patrizio romano, allora canonico della basilica di S. Maria Maggiore in Roma e nipote di colui che era stato il cardinale fermano (probabilmente il C. volle ricordare Angelo dei quattro Capranica succedutisi in un ventennio, a partire dal 1458, alla guida della diocesi di Fermo). Nell'esordio il C. sottolineò come lo scritto fosse nato dall'esigenza di facilitare ai giovani che attendevano allo studio del diritto civile la comprensione di una materia complessa come quella delle azioni. In realtà la lunga fortuna dello scritto restò legata al taglio didattico e all'esposizione concisa ed esauriente. Certamente di maniera la dichiarazione secondo cui egli sarebbe stato indotto a scrivere da un coro di incoraggiamenti.
I temi degli scritti padovani inducono a ritenere che il C. fosse lettore di Istituzioni e quindi titolare di una delle cattedre meno prestigiose e remunerate di quello Studio. Nel 1492 il già ricordato docente di istituzioni Ludovico de Scledo si vide aumentare il modestissimo stipendio unicamente per stima personale, non per la materia insegnata, ed erano anni in cui altre cattedre venivano remunerate assai lautamente.
Nel 1495, durante l'occupazione del Regno da parte di Carlo VIII, il C. era in patria sembra, anzi, che, apprezzato anche come uomo di spada, si fosse trovato a svolgere un qualche ruolo nello schieramento predisposto per contrastare l'invasione: il cardinale Lodovico d'Aragona, luogotenente regio per l'Abruzzo, lo avrebbe nominato capitano e spedito a presidiare con una compagnia la zona di Cittaducale. Il cedimento generale e immediato dello schieramento aragonese non avrebbe consentito al C. di impegnarsi minimamente.
Rientrato all'Aquila, insieme con altri concittadini di prestigio fu inviato ambasciatore a Carlo VIII. I contatti col re francese gli procurarono la nomina ad uditore delle due province d'Abruzzo e quella di regio consigliere. Quest'ultima gli sarebbe stata conferita il 23 apr. 1495. Non si sa quale trattamento gli fu riservato quando rapidissima sopraggiunse la restaurazione aragonese.
Il Rivera, celebratore seicentesco della famiglia Crispomonti e a questa legato da affinità, ricorda che il giurista in epoca imprecisata, ma forse successiva agli avvenimenti fin qui ricordati, fu chiamato anche alla suprema magistratura nella città natale e in tal funzione dové impegnarsi coi colleghi nella riconquista della baronia di Carapelle. Il tenore epico della narrazione dell'impresa che il Rivera trascrive da altro autore non toglie alla stessa sapore villereccio. Molto sospetta appare la notizia secondo cui il C. sarebbe stato creato conte palatino dall'imperatore Massimiliano I: la rapidità e l'approssimazione del racconto dimostrano che i discendenti, pur gelosi custodi di tante carte familiari, inspiegabilmente non possedevano prova alcuna del conferimento di così roboante titolo.
Il C. avrebbe sposato Isabella Agnifili, nipote del cardinale Amico vescovo dell'Aquila, e avrebbe avuto da lei tre figli: Giancarlo, Alessandro e Leonardo. Non si conosce l'anno della sua morte: si suppone che sia avvenuta in età matura, ma non avanzata. La vedova, ancora giovane, sarebbe passata a seconde nozze con Giovanni de Nardis, anche lui dottore.
Il C. avrebbe dato alle stampe altri scritti oltre a quelli pubblicati a Venezia e sopra ricordati, ma la dispersione degli esemplari a stampa non consente facili verifiche. Il Besta segnalò uno scritto De sindacatu che sarebbe stato edito a Siena nel 1487 e ristampato nella stessa città, al ritmo poco credibile di un grosso successo editoriale, negli anni 1488, 1490, 1493. Nel 1493 della stessa opera si sarebbe curata una ristampa anche a Venezia. Nel 1487 sarebbe uscito a Siena anche un suo De testamentis e una raccolta di suoi Consilia. L'Ermini ripropose le stesse informazioni, omettendo le molte ristampe senesi. Non si sa se il Besta e l'Ermini si rifecero entrambi ad una stessa fonte per loro attendibile o controllarono di persona. Certo è che i repertori letterari meno recenti attribuirono al C. l'opuscolo sulle azioni e la repetitio ai due titoli delle Istituzioni e questa paternità più contenuta è tuttora verificabile con gli incunaboli a noi pervenuti. Gli stessi repertori attribuirono al C. uno scritto di taglio storico letterario: De Naxo insula expugnata a Turca. Un volume in folio pubblicato a Basilea nel 1556 avrebbe raccolto lo studio sulle azioni, la repetitio e lo scritto su Nasso.
Il ricordo del C. restò comunque legato allo scritto sulle azioni ristampato innumerevoli volte: nel 1498 fu impresso nuovamente da Hamann insieme con il De cautelis del Cipolla, Ludovico Gomez vescovo di Sarno lo inserì nel primo dei due volumi, stampati a Lione nel 1567-68, dal titolo De actionibus tracratus clarissimorum iurisconsultorum, i Giunta lo riproposero nel 1592 nel volumen parvum di una loro edizione del Corpus iuris civilis. Lo scritto fu altresì stampato a Venezia nel 1547 e 1582 di seguito al De actionibus di Giason del Maino.
Fonti e Bibl.: L'Aquila, Biblioteca provinciale, ms. n. 1, II: G. Rivera, Origine e discendenza... della illustrissima famiglia Crispo Monti, in C. Crispomonti, Historia dell'origine et fondazione della città dell'Aquila, pp. 17 ss. I. B. Ziletus, Index librorum iuris pontificii et civilis, Venetiis 1566, ff. 3v, 27v A. Fontana, Amphiteatrum legale seu bibliotheca legalis amplissima, I, Parmae 1688, coll. 264, 426, 695 VI, ibid. 1694, col. 169 I. Facciolati, Fasti Gynmasii Patavini, Patavii 1757, II, p. 64 L. Giustiniani, Memorie istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, I, Napoli 1787, pp. 277 s. C. Minieri Riccio, Memorie stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 229 A. Dragonetti, Le vite degli illustri Aquilani, L'Aquila 1847, pp. 109 s. L. Zdekauer, Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano 1894, p. 182 E. Besta, Fonti, in Storia del diritto ital., a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 868 G. Ermini, Crispo de' Monti, in Enc. ital., XI, Roma 1931, p. 925 Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VI, nn. 7835, 7836.