Figlio (Sirmio 317 - Tarso 361) di Costantino: fu nominato Cesare nel 323 o nel 324, nel 337 imperatore insieme ai fratelli Costantino II e Costante I con il comando sulle province orientali. Combatté con scarso successo i Persiani, guidati da Shāhpūr II, da cui nel 348 fu battuto a Singara. Dopo l'uccisione di Costante (350; Costantino II era già stato ucciso nel 340), accorse in Occidente dove Magnenzio aveva usurpato il potere, mentre Vetranione era stato proclamato imperatore in Pannonia, e a Roma Nepoziano aveva assunto il potere imperiale. Vetranione ben presto depose il potere e Nepoziano fu ucciso; C. sconfisse Magnenzio a Mursa (Pannonia) e nel passaggio delle Alpi Cozie, costringendolo poi al suicidio (Lione, 353). Nel 354 fece giustiziare il cugino Gallo, che aveva nominato Cesare nel 351; nel 355 nominò Cesare il cugino Giuliano; batté in Pannonia i Sarmati e i Quadi, e si recò in Oriente dove i Persiani avevano riaperto le ostilità. Ma ne fu distolto dalla rivolta di Giuliano, proclamato Augusto dai soldati. Morì mentre marciava contro di lui. Con rigida intransigenza C. combatté il paganesimo proibendo i sacrifici e persino la venerazione delle immagini con una severissima legislazione. Con eguale intolleranza intervenne nella controversia ariana sostenendo gli ariani e combattendo Atanasio vescovo di Alessandria e il papato in quanto sostenitore di Atanasio: convocò di sua iniziativa due sinodi ad Arles (353) e a Milano (355), provocando l'esilio del papa Liberio e di molti vescovi, mentre Atanasio si salvò con la fuga. In punto di morte fu battezzato da un vescovo ariano.