CEDINI, Costantino
Nacque a Padova nel 1741. Di lui si hanno scarse notizie: ma la sua attività fu legata a Venezia, dove lo troviamo iscritto alla fraglia pittorica dal 1768 al 1771. Fu pittore figurista e la prima sua opera ricordata è una storia di Alessandro e Dario di cui parla il Gradenigo.
Il 12 genn. 1771, annota il Gradenigo, "furono affacciati al di fuori delle Nuove Procuratie nella Piazza di San Marco quattro gran quadri" che illustravano tale argomento; autori erano Vincenzo Scozia, Giuseppe Gobbis, Gio. Batta Canal e il C.; i dipinti "incontrarono l'universale aggradimento da veneti compatrioti", i quali, essendo scomparsi i più valenti, e rinomati per tutta l'Europa celebri Professori nella Pittura", si consolavano per l'attitudine dimostrata dai loro migliori allievi. Le tele di Alessandro e Dario erano state eseguite su commissione di Ferrigo Venier per il suo palazzo veneziano di S. Agnese; distrutto il palazzo, non si hanno più notizie dei dipinti.
Tutti gli artisti nominati dal Gradenigo avevano studiato all'Accademia, avendo a maestri allievi del Piazzetta e del Tiepolo; particolarmente interessato al maneggio della scuola era in quegli anni Giacomo Guarana, del quale il C. è generalmente considerato allievo. Le notizie dell'attività del C. quale allievo dell'Accademia cominciano piuttosto tardi: nel gennaio 1775, sappiamo, egli partecipò ad una rivolta contro il neopresidente Giacomo Guarana, perché si voleva che, contro le regole, la posa del modello nudo durasse sei sere anziché tre. La protesta era stata organizzata da Giambattista Mengardi, padovano, coetaneo del Cedini. Le autorità accademiche non concessero la riforma ed espulsero i ribelli; ma l'anno seguente (gennaio 1776) i riformatori dello Studio di Padova, dai quali l'Accademia dipendeva, accettarono le richieste degli allievi, e i due contestatori C. e Mengardi furono nominati professori accademici.
Le notizie più numerose del C. successive a tale anno si ricavano dall'archivio dell'Accademia veneziana: e qui si riferiscono perché, in mancanza d'altro, ci fanno intuire quale dovette essere la sua personalità.
Egli ebbe la carica annuale di maestro nel 1784, 1788, 1791, 1794, 1797: in tali anni, cioè, egli insegnò agli allievi a studiare il nudo; l'incarico doveva essere tenuto periodicamente dai vari professori accademici e non poteva essere rinnovato se non dopo una mora biennale. Nell'estate 1785 con Giacomo Guarana il C. andò a SS. Giovanni e Paolo, dove esisteva un laboratorio di restauro, per giudicare come erano stati acconciati alcuni quadri del palazzo ducale.
All'inizio della prima dominazione austriaca, il 24 aprile 1798, quando si epurarono i contrari al nuovo governo, il C. fu riconfermato professore accademico e membro del Collegio dei pittori. Nell'ottobre dello stesso anno, scelto per giudicare i lavori di una scuola pubblica di pittura detta "scuola dei gesuiti" perché in passato tenuta da questi, chiese di essere sotituito da Francesco Maggiotto. Nel 1802 ebbe la carica di consigliere; nel settembre 1804 era di nuovo confermato professore accademico dagli Austriaci; alla fine dello stesso mese fu nominato presidente e incaricato di proporre un nuovo piano di studi della "facoltà di pittura" per quella che avrebbe dovuto essere l'Accademia riformata. Ma alla fine del 1805 il Veneto tornò ai Francesi, integrato nel Regno italico, e dal 1807 l'Accademia fu regolata da un ordinamento napoleonico che istituiva cattedre con professori di nomina governativa.
Il C. era rimasto presidente della vecchia Accademia anche nel periodo di trapasso dall'una all'altra organizzazione e chiuse l'anno scolastico 1806-1807 con la consueta distribuzione dei premi. All'inizio del nuovo anno fu ancora una volta confermato professore accademico (24 sett. 1807), ma non ebbe più alcuna funzione nell'istituto rinnovato. Morì a Venezia il 5 aprile 1811 (Archivio parrocchiale dei SS. Apostoli).
Nella lunga attività di insegnante ebbe allievi Carlo Bevilacqua, Bernardino Bisson, Giovanni Demin, Lattanzio Querena e molti altri che tramandarono la tradizione locale. Dovette esser molto attivo come pittore figurista; ma di lui sono documentate poche opere. L'affresco nel soffitto della chiesa di Torre di Mosto (Venezia) con una Gloria di santi, firmato "Constantinus pinxit", è databile attorno al 1770; quello della veneziana chiesa di S. Barnaba rappresentante la Gloria del santo in mezzo alle decorazioni dipinte da Lorenzo Sacchetti, pittore "ornatista", poiché la ricostruzione della chiesa è terminata nel 1776, si può supporre eseguito poco dopo. Nel soffitto a crociera della chiesa di S. Cassiano eseguì altri affreschi, circondati dagli stucchi di Giambattista Castelli: poiché il Moschini, nella prima edizione della sua Guida di Venezia del 1815, li dice dipinti da qualche anno, possiamo supporre che essi siano circa del 1800. Una fattura di quell'anno, esistente nell'Archivio dei Manin a Udine, informa che a tale epoca il C. lavorava nel palazzo Manin a Rialto, a Venezia, dipingendo la "stanza del Caminetto" con storie romane in monocromato, tuttora ben conservate (Pavanello, 1978). Altri affreschi del C. si trovano nei palazzi veneziani Moro-Lin, Giustinian dei Vescovi, Contarini delle Figure, Balbi-Valier. Nel 1792 ebbe l'incarico di dipingere il sipario per il teatro La Fenice, di G. A. Selva, inagurato in tale anno.
La personalità del C. sfugge ad un'analisi critica: ma lo possiamo considerare nel novero dei maestri che trasmisero la tradizione pittorica settecentesca del Piazzetta e del Tiepolo agli artisti attivi nel primo Ottocento. È probabile che esistano, nel Veneto, molte altre sue opere, prive di attribuzione o ritenute di maestri dal nome più altisonante del suo. Per analogia di caratteri stilistici e per la pennellata, il Tiozzo gli attribuisce alcuni affreschi con storie mitologiche nella villa Cappello di Noventa Padovana, e quello del soffitto della parrocchiale di Dolo (Venezia), con la Gloria di s. Rocco, datato nel 1807. Di recente il Pavanello ha attribuito al pittore anche gli affreschi del palazzo Maldura, a Padova, quelli della villa Da Zara-Biasioli a Casalserugo (Padova), databili attorno al 1775, e quelli a soggetto allegorico e mitologico dipinti attorno al 1795 nel veneziano palazzo Diedo, in soffitti dell'ala destra.
Fonti e Bibl.: Molte delle notizie citate sono nell'Arch. dell'Accad. di Belle Arti di Venezia in buste ordinate cronologicamente. Nei Notatori Gradenigo vi è un cenno alla data 12 genn. 1770 (m. v.), stampata in Notizie d'arte tratte dai Notatori e dagli Annali del N. H. Pietro Gradenigo, a cura di L. Livan, Venezia 1942, p. 204. Vedi inoltre: G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia...,Venezia 1915, II, pp. 127, 175; Id., Itinér. de la ville de Venise, Venezia 1819, pp. 245, 292; G. Fontana, Cento pal. fra i piú celebri di Venezia sul Canal grande e nelle vie interne dei sestieri, Venezia 1865, pp. 23, 166, 172; G. S., Dipinto a fresco nel soffitto di S. Barnaba, Venezia 1896; E. Bassi, La Regia Accad. di Belle Arti di Venezia, Firenze 1941, pp. 42 s.; R. Pallucchini, La pittura venez. del Settecento, Venezia-Roma 1960, pp. 171, 191, 230; M. Muraro, Affreschi veneti, in Emporium, CXXXVIII (1963), p. 115 fig. 35; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1963, pp. 122, 469, 565, 880; Exhibition of 16th-18th cent. Old Masters, Lasson Gallery, London 1966, n. 15 (La giovinezza e il tempo); C. B. Tiozzo, Gli affreschi della arcipretale di Dolo, Padova 1966; Id., Un vasto ciclo di dipinti di C. C. in una villa del Padovano, in Padova, XIV(1968), 6, pp. 3-5; Id., Gli affreschi delle ville del Brenta, Padova 1968, pp. 120, 160; Id., C. Semenzato, La riviera del Brenta, Treviso 1968, pp. 25, 86, 128; M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1975, p. 55, ill. 38; G. Pavanello, Gli affreschi di Palazzo Maldura a Padova,in Arte veneta, XXIX(1975-1976), pp. 262-68; Id., Francesco Fontebasso e C. C. in Palazzo Diedo, in Bollettino dei Musei civici veneziani, XXI (1976), 3-4, pp. 9-15; Id., Dipinti settecenteschi in due palazzi veneziani, in Antichità viva, XV (1976), pp. 39, 44; Id., C. C. (1741 -1811), in Bollettino del Museo civico di Padova, LXI (1972 [ma 1978]), pp. 179-278, ill. 30; Id., La decorazione neoclassica nei palazzi veneziani, in Venezia nell'età di Canova (catal.), Venezia 1978, pp. 281-300 passim; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 260.