BALBI, Costantino
Nacque il 12 sett. 1676 dalla nobile famiglia genovese, fratello minore del doge Francesco Maria. Iniziata la carriera diplornatica, si distinse in modo particolare nelle sue ambascerie alla corte di Vienna. Dopo essere stato per qualche mese, nel 1705, agente corrispondente di Genova a Milano, egli si recò a Vienna per la prima volta dal 1706 al 1710, durante la guerra di successione di Spagna, in un periodo politicamente molto delicato sia per la corte imperiale, sia per la Repubblica di Genova, alleata di Carlo d'Asburgo. Durante l'ambasceria, il B. iniziò le trattative per l'acquisto del porto del Finale, che furono riprese e concluse felicemente dallo Spinola, ambasciatore a Vienna dopo di lui, dal Doria a Milano e dal Sorba all'Aia. Non altrettanto positivo fu invece l'esito del tentativo, da lui intrapreso a Costantinopoli negli ultimi mesi del 1709, di ottenere per la Repubblica una base di sbocco commerciale a Costantinopoli.
La richiesta, da lui avanzata, di conferma delle precedenti capitolazioni, trovava condizioni favorevoli sia per il fatto che proprio in quegli anni l'interesse degli stati europei era volto altrove, sia per l'appoggio dato dallo zar Pietro il Grande a tali richieste - che erano state avanzate anche dalla Repubblica di Venezia - allo scopo di evitare in tal modo il pericolo di un esclusivo predominio degli Asburgo nel bacino del Mediterraneo. Il B. non riuscì nell'intento, ma, riprendendo le trattative con la Porta, interrotte da molti anni, creò le basi perché il suo successore, Vincenzo Castelli, ristabilisse il vecchio accordo commerciale.
Tornato in patria, nel 1717 il B. fu incaricato della Provvisione dei navigli, carica che ricoprì anche nel 1722. In questo periodo fu inviato di nuovo a Vienna, per tre anni, sicuramente prima del 1720; in quell'anno, infatti, egli era agente corrispondente della Repubblica presso la corte romana, dove rimase dal 4 nov. 1720 al 20 sett. 1721, nel momento della controversia fra la Repubblica e la Curia per l'ospitalità concessa dalla prima al cardinale Alberoni, dopo l'esilio di lui dalla corte di Spagna.
Il B. non riuscì a conseguire l'accordo con Clemente XI, che si mostrò inflessibile verso il cardinale caduto in disgrazia e verso i suoi ospiti, giungendo sino a minacciare il sequestro dei "frutti dei Monti" spettanti ai Genovesi se l'Alberoni non fosse stato consegnato, ma con il successore Innocenzo XIII fu trovato un onorevole compromesso. Tornato a Genova, il B. sostenne nel Minor Consiglio la necessità di arrivare ad un accordo sulla questione anche con la corte spagnola, contro l'opinione di Alessandro Grimaldi, che consigliava di rompere ogni trattativa con Filippo V dopo che il re si era rifiutato di ricevere l'inviato speciale della Repubblica, il fratello del B., Francesco Maria. Prevalse la posizione più prudente che il B. consigliava ed in effetti l'accordo con la corte spagnola fu finalmente trovato con la mediazione del duca di Parma Francesco II.
Nuove importanti cariche lo attendevano in patria al suo ritorno: già nel 1721 fu eletto capo della giunta di giurisdizione e successivamente inquisitore di Stato, supremo sindicatore ed infine procuratore della Repubblica, nel 1732.
Nominato doge l'11 febbr. 1738 (fu incoronato l'11 giugno), si trovò a dover fronteggiare la nuova situazione creatasi in seguito alla insurrezione in Corsica; sollevazione che l'arrivo, in quello stesso mese di febbraio, di truppe francesi, al comando del conte di Boisseux - in seguito ad una precedente richiesta del governo genovese - non servì a reprimere.
I Corsi rifiutarono di sottomettersi a Genova e non vollero accettare il trattato definitivo di pace, sottoscritto dal B. e dal Senato da una parte, e dal re di Francia e dall'Inghilterra dall'altra. Il successivo riaprirsi delle ostilità costrinse il B., che avrebbe invece preferito la via delle pacifiche trattative, a chiedere nuovi rinforzi alla Francia. Le nuove e più fresche truppe, al comando del marchese di Maillebois, riconquistarono a Genova buona parte dell'isola, che era caduta in mano dei rivoluzionari seguaci di Teodoro di Neuhoff. E fu allora, nel 1739,che il B. cercò d'instaurare nell'isola un regime meno duro dei precedenti, coll'adottare la blanda politica del Veneroso e coll'inviare quale nuovo governatore l'ex doge Domenico Spinola.
L'11 maggio del 1739 il B. lasciò la carica di doge, ritirandosi a vita privata. Prima di morire (s'ignora l'anno esatto, sembra intorno al 1741), egli aveva ricoperto altre cariche onorifiche, quale quella di protettore del conservatorio delle Figlie di S. Girolamo e del collegio del Bene.
Bibl.: C. Manfroni, Le relazioni fra Genova, l'impero bizantino e i Turchi, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XXVIII (1898), p. 786; P. L. Levati, I dogi di Genova e vita genovese (1721-1746), Genova 1913, pp. 34-38; R. Quazza, La lotta diplomatica tra Genova e la Spagna dopo la fuga dell'Alberoni dalla Liguria, in Arch. stor. ital.,LXXVIII, 1 (1920), pp. 219, 228; G. Giachero, Storia economica del Settecento genovese, Genova 1951, p. 75; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, I, Genova 1955, p. 326; A. Cappellini, Diz.biogr. dei genovesi illustri e notabili, Genova 1932, p. 13; L. Bittner-L. Gross, Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder, I (1648-1715), pp. 245, 250; II (1716-1763), p. 139.