corruzione
corruzióne s. f. – Scambio illegale tra un pubblico ufficiale e un soggetto privato, nel quale quest'ultimo si fa parte attiva per dare al primo denaro, beni o favori, e in cambio riceve un vantaggio che non gli è dovuto oppure è costretto a pagare per un atto dovuto. La c. si differenzia dalla concussione, nella quale è il pubblico ufficiale a farsi parte attiva a favore dello scambio illegale con il soggetto privato.
Diritto. – La pervasività dei fenomeni corruttivi nella vita pubblica e finanche nel costume del Paese rende evidente che non si tratta di questione riducibile alla sola prospettiva criminale; molto più ampio e diversificato, rispetto all'opzione penale, dovrebbe dunque essere l’arsenale di strumenti e contromisure da contrapporre a questa degenerazione di tipo sistemico. L’adozione, fortemente sollecitata anche a livello sovranazionale, di una strategia integrata di contrasto alla corruzione è una scelta ineludibile, da tutti predicata ma assai poco praticata, e richiederà certamente un ripensamento del ruolo svolto dal diritto penale. Oggi, infatti, l’assenza di adeguati interventi preventivi basati su modelli organizzativi tesi a garantire la trasparenza e favorire il controllo delle decisioni, assegna al diritto penale un ruolo non solo centrale, ma pressoché esclusivo nel contrasto del malaffare politico-amministrativo e imprenditoriale. Si tratta di una collocazione sbilanciata e impropria, aggravata dalla presenza di un sistema di incriminazione dei fatti di corruzione, tanto ampio, quanto (anche per questo) poco funzionale. Il codice penale assegna infatti rilevanza (differenziata) a pressoché tutte le possibili forme di c., a condizione che nella posizione di corrotto si trovi un soggetto che svolge una pubblica funzione o esercita un pubblico servizio. La c. tra privati, di cui pure è stata proposta l’introduzione, non è infatti penalmente rilevante. Nell’area di rilevanza penale della c. ricadono invece quasi tutte le ipotesi in cui il pubblico agente accetta una retribuzione non dovuta (anche sotto forma di utilità diversa dal denaro) come corrispettivo per compiere (od omettere) o per aver compiuto (oppure avere omesso) un atto del proprio ufficio e ciò non solo nel caso, più grave, che l’atto sia contrario ai doveri di ufficio, ma anche in quello, meno grave, in cui sia invece conforme a quei doveri. Lo schema corruttivo base, sul quale s’innestano e si combinano le numerose variabili normative, si propone come la rappresentazione del mercimonio di un’attività pubblica, realizzato assegnando un prezzo a un atto la cui unica finalità e motivazione dovrebbe essere quella di concretizzare in modo imparziale obiettivi di efficiente gestione della cosa pubblica. A fronte di un'estensione forse eccessiva degli ambiti di rilevanza penale, che tocca il suo vertice di gravità nell’ipotesi di corruzione in atti giudiziari (oggetto, per es., del noto processo Mills), la vigente disciplina presenta difetti non rimediabili se non attraverso un intervento di riforma. L’inesauribile casistica giudiziaria generatasi a partire dall’epoca della cosiddetta tangentopoli ha invero fatto emergere numerose criticità applicative e la recente recrudescenza del fenomeno sembra avere finalmente dato impulso alle riforme necessarie, anche per dare finalmente attuazione agli obblighi internazionali assunti dall’Italia in materia di lotta alla corruzione. Le proposte in avanzata discussione mirano per esempio a eliminare il necessario legame, rivelatosi limitante, che la incriminazione richiede tra la indebita retribuzione e l’atto del pubblico agente, tale che la prima si configuri come un corrispettivo del secondo. Non è infatti infrequente che la controprestazione sia più genericamente, ma più ampiamente riferibile a una sorta di indistinta disponibilità al favoritismo, che riguarda la funzione nel suo complesso. Il proposto incremento delle pene dovrebbe poi attenuare il ricorrente rischio di prescrizione. Il carattere sistemico della c. e la promiscuità ambientale che caratterizza soggetti appartenenti, rispettivamente, al mondo politico, a quello amministrativo e a quello imprenditoriale, rende poi spesso problematica la distinzione di episodi di prevaricazione da parte di soggetti pubblici riconducibili alla concussione e situazioni in cui il reciproco vantaggio determina lo svolgimento di una trattativa tra ‘pari’, collocabile nell’area della corruzione.
Economia. – L'analisi economica della c. coincide largamente con quella della concussione. Per reprimere efficacemente il reato di c. è necessario comprendere e analizzare le sue determinanti. La c. cresce all’intensificarsi dei controlli pubblici sulle attività private, all’aumentare della discrezionalità amministrativa e all’indebolirsi dei controlli ex post. Pertanto, una delle più efficaci misure di contrasto alla c. è la liberalizzazione dei mercati e l’introduzione di automatismi nell’erogazione dei sussidi o nei processi autorizzatori. Ove la discrezionalità amministrativa debba in qualche modo rimanere, occorre inasprire i controlli, non tanto quelli sulle procedure seguite, spesso inefficaci, essendo le procedure indipendenti dall’eventuale c., quanto quelli sui risultati conseguiti dall’azione amministrativa. Solo se l’amministrazione pubblica è responsabile dei risultati (inclusi i costi spesi per raggiungerli) e non solo delle procedure, è possibile ridurre, se non sconfiggere la corruzione. Infatti, a differenza di altri reati nei quali una delle parti coinvolte direttamente è il soggetto leso, per es. nel furto o nell’omicidio, nel caso della c. il soggetto leso non è una delle due parti dello scambio, ma il contribuente, costretto a pagare di più per un servizio, un appalto o, più in generale, per finanziare una pubblica amministrazione inefficiente (v. accountability). In altre parole il corrotto e il corruttore non hanno alcun interesse o incentivo alla denuncia. Peraltro, il legame tra corrotto e corruttore è stabile, visto che spesso le occasioni di c. si ripetono nel tempo senza che necessariamente alcuno all’esterno se ne accorga. Proprio per tale ragione i fenomeni di c. solo raramente vengono indagati e ancora meno sanzionati. Per quanto riguarda i confronti internazionali sul fenomeno, non essendo il numero dei reati sanzionati rappresentativo del fenomeno, la c. viene misurata dal grado di percezione che ne ha la popolazione. Come si può verificare dai dati raccolti da Transparency international (http://www.transparency.org), in Italia vi è un grado di percezione della corruzione da parte dei cittadini particolarmente elevato: su 183 Stati considerati nel 2011, l’Italia si colloca al 69° posto, seguita, tra i paesi europei, solo da Romania, Grecia e Bulgaria, in una posizione assai distante dalle nazioni più sviluppate come la Germania (14° posto) e Francia (25° posto). Come il numero di reati di c. è una misura per difetto della c. effettivamente esistente in un Paese, così il grado di percezione sovrastima la c. come reato, raccogliendo al proprio interno tutta una serie di comportamenti di favore che non necessariamente riguardano il reato di c., ma che attengono soprattutto al profilo dell’etica e dei valori morali.