Palazzo, Corrado da
Bresciano, di nobile famiglia, è il primo dei tre vecchi (con Gherardo da Camino e Guido da Castello) ricordati da D., per bocca di Marco Lombardo (v.), in Pg XVI 121-126, quali unici rappresentanti di quella Lombardia in cui solea valore e cortesia trovarsi, / prima che Federigo avesse briga (vv. 116-117), sopravvissuti in rimprovèro del secol selvaggio (v. 135).
Discendente da quel " Corrado conte di Palazzo che fu uno dei commissari di Berengario contro gli Ungheri l'anno 902 " (Arrivabene), poche e scarne notizie di lui si hanno: fu podestà e vicario di Carlo d'Angiò a Firenze nel 1276, quindi capitano di Parte guelfa dal 1 marzo al 31 agosto 1277; proprio durante il suo vicariato si svolse il processo fra gli Alighieri e la chiesa di San Martino del Vescovo e la sentenza fu emanata " per d. Matheum iudicem et assessorem d. Curradi de Palazzo, regii vicarii in regimine Florentiae ". Fu capitano dei suoi concittadini nella guerra contro i Tarentini nel 1279 e, nello stesso anno, podestà di Siena, poi di Piacenza nel 1288. Concordi i commentatori antichi nell'affermare le sue doti di magnanimità e di cortesia: " portò - scrive l'Ottimo - in sua vita molto onore, dilettossi in bella famiglia e in vita politica, in governamenti di cittadi, dove acquistò molto pregio e fama "; Benvenuto, seguito dal Serravalle e dal Landino, inserisce la sua morte in un'atmosfera leggendaria: " de cuius [ Corrado] strenuitate audivi quod cum esset vexillifer pro sua republica in proelio, truncatis sibi manibus, nunquam deseruit publicum signum, immo perseveranter cum truncis retinens, non prius illud quam vitam abiecit ", ma questo atto eroico non è da attribuire al Corrado dantesco,, come ben osservò il Filalete, bensì a un suo omonimo antenato vessillifero di Enrico VI durante la guerra da questi condotta contro Tancredi di Lecce.
Bibl.-O. Rossi, Elogi historici di Bresciani illustri, Brescia 120, 42-45; F. Arrivabene, Il secolo di D., Udine 1827, 460; M. Barbi, Per un passo dell'epistola all'Amico fiorentino, in " Studi d. " II (1920) 137 (rist. in Problemi II 320); Piattoli, Codice 43; Davidsohn, Storia II II 159, 160.