Posizione epistemologica che attribuisce un ruolo fondamentale alla convenzione nell’ambito della scienza. Sostenuto dapprima da J.-H. Poincaré, il quale, dopo la scoperta della geometria non-euclidea, negava il carattere di evidenza intuitiva degli assiomi geometrici, riducendoli a convenzioni, in epoca più recente, con lo sviluppo della logica, dell’assiomatica e delle ricerche sui fondamenti della matematica, il c. ha trovato ulteriori applicazioni. Si riconosce infatti che, sia pure con opportune limitazioni, le proposizioni iniziali di un sistema ipotetico-deduttivo vengono scelte sulla base di convenzioni e risulta quindi non più utilizzabile l’impostazione tradizionale che riteneva gli assiomi come verità evidenti. Nel neopositivismo logico, a opera di R. Carnap, l’adesione al c. conduce all’affermazione del cosiddetto ‘principio di tolleranza’, secondo il quale in campo logico «non esiste morale» e la logica stessa consiste in «stipulazioni convenzionali sull’uso dei segni». La tesi di L.Wittgenstein, infine, sul linguaggio come gioco basato su convenzioni, si può ritenere un’ulteriore evoluzione della posizione convenzionalista.