contenuto
Nella logica, c. di un concetto è la sua comprensione (➔). In gnoseologia, si distingue in ogni atto conoscitivo il c. (o materia, che è il dato), e la forma, ossia il principio organizzatore del dato. Nell’estetica il c. individua, in generale, ciò che l’autore rappresenta, canta, dipinge, narra ecc., laddove la forma corrisponde al modo in cui il c. è rappresentato. Ed «estetica del contenuto» (Gehaltsaesthetik, o estetica del was) si disse, in contrapposizione all’«estetica della forma» (Formaesthetik, o Gestaltsaesthetik, o estetica del wie), quella corrente estetica del sec. 19° che, scindendo il c. dalla forma, tendeva a risolvere l’arte nel primo. Contro questo dualismo di forma e c. (implicito e nell’«estetica del contenuto» e nell’«estetica della forma» del sec. 19°) ha reagito l’estetica italiana, da De Sanctis a Croce e a Gentile: pur dicendosi essa stessa «estetica della forma», ha inteso per ‘forma’ non la veste di un c., bensì l’«attività espressiva», o «potenza rappresentativa fantastica, formatrice delle impressioni», e ha teorizzato l’arte come sintesi a priori di forma e c., per cui la forma si dà il proprio contenuto. La critica di tale dualismo è stata in seguito diversamente riproposta da Della Volpe, il quale ha rivendicato l’istanza della complementarità funzionale, all’interno del discorso poetico, di immagini e concetti, e ha inteso la forma poetica come «circolo gnoseologico di idea e materia», cioè come una struttura logica e discorsiva, linguisticamente differenziata dalle strutture discorsive del linguaggio comune e del linguaggio storico-scientifico.