consumatore
consumatóre s. m. (f. -trice) – Come risulta dalla definizione ripetuta in tutte le direttive europee di settore e oggi confluita nel Codice del consumo (v. consumo, codice del), la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (art. 3, lett. b). La figura del c. va letta in contrapposizione con quella del professionista, definibile come la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale (art. 3, lett. c). Il c. è considerato il soggetto debole del rapporto di consumo e la legge lo ritiene bisognevole di protezione, sancendo l’applicabilità a esso di regole di tutela specifiche rispetto a quelle comuni del diritto privato. Si dibatte sulla delimitazione di tale figura, la quale, essendo imperniata non su uno status permanente dell’individuo ma sullo scopo (non professionale) dell’attività da questi concretamente svolta, solleva l’interrogativo se l’accertamento di tale scopo debba essere condotto alla stregua di un criterio prettamente oggettivo, essendo irrilevanti i motivi dell’atto posto in essere, ovvero se la nozione di c. debba piuttosto essere intesa in senso estensivo. Nella prima ipotesi, deve qualificarsi c. soltanto colui che compie un atto che soddisfi bisogni personali o familiari, e non il professionista che, pur agendo al di fuori della propria specifica attività professionale, acquisti beni o servizi strumentali o comunque inerenti all’esercizio della professione; nella seconda, bisogna distinguere tra atti della professione (ossia quelli compiuti nell’esercizio della specifica attività professionale dell’individuo), esclusi dall’ambito di tutela, e atti relativi alla professione (quali gli atti che, anche se strumentali o connessi all’esercizio dell’attività professionale, non ne costituiscono diretta espressione), compresi nella nozione di consumatore. Generano poi ulteriori incertezze i casi in cui la persona fisica agisca per finalità promiscue, ossia per scopi al contempo professionali e personali. Non rientrano, comunque, nella nozione di c., i soggetti che, quand’anche non professionisti, non sono persone fisiche: la ragione dell’esclusione non è facilmente comprensibile per le persone giuridiche o per i piccoli imprenditori o enti che operano senza una logica lucrativa o professionale. Al c. è riconosciuta e garantita una serie di interessi e diritti (art. 2, comma 2), qualificati come fondamentali e costituenti un bagaglio essenziale per la definizione dello status sociale e giuridico di un soggetto (il c., appunto) destinato ad acquistare un ruolo sempre più attivo nel mondo economico e giuridico. Tali diritti concernono: la tutela della salute; la sicurezza e qualità dei prodotti e servizi; un’adeguata informazione e una corretta pubblicità; l’educazione al consumo; la correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali; la promozione dell’associazionismo libero, volontario e democratico; l’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza. Dalla debolezza del c. come soggetto singolo, postulato di tutta la disciplina protettiva, discende, quale importante corollario, il riconoscimento, sotto il profilo giuridico, di organismi – come le associazioni dei c. – cui è attribuita la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, per promuovere le iniziative giudiziarie necessarie, specialmente, a ottenere la cessazione di comportamenti da parte della (grande) impresa prevaricatori e lesivi dei diritti dei c. e degli utenti. Tale forma di tutela degli interessi dei c. (essenzialmente, integrità fisica, salute, patrimonio) si affianca a quella offerta, in prima battuta, da una consistente normativa di origine comunitaria a protezione del soggetto debole del rapporto di consumo, con la quale, in partic., si fissano i modi di produzione dei beni o di prestazione dei servizi.