tedesca, comunità
Varietà diverse di tedesco sono parlate in Italia nell’Alto Adige (o Tirolo meridionale, Südtirol), e in una serie di piccole comunità linguistiche migrate in epoca medievale dalle propaggini meridionali del mondo germanico per insediarsi lungo la catena alpina entro gli attuali confini settentrionali d’Italia.
Le due situazioni indicate si differenziano per origini e caratteristiche dell’insediamento e per condizioni politiche e giuridiche odierne di tutela della lingua e cultura tedesca, nonché per profilo sociolinguistico complessivo delle comunità. Distinzioni interne possono anche essere compiute in base al gruppo dialettale tedesco delle diverse zone: alemannico nelle comunità walser (➔ walser, comunità) delle Alpi occidentali e bavarese meridionale nelle comunità sparse lungo le Alpi centro-orientali e in Alto Adige, dove si parla anche il tedesco standard.
Il territorio della comunità sudtirolese coincide amministrativamente con la provincia autonoma di Bolzano e si estende su una superficie di 7400 km2, corrispondente geograficamente al bacino superiore dell’Adige e dei suoi affluenti (Isarco e Rienza).
Secondo i dati riportati dall’Istituto Provinciale di Statistica (2008: 119), gli abitanti della provincia dichiaratisi di lingua tedesca (in base al censimento della popolazione del 2001) sono 296.461, ovvero il 64% su una popolazione complessiva di 462.999 abitanti. La distribuzione dei parlanti tedescofoni non è uniforme sul territorio ed è concentrata soprattutto nelle valli più che nei centri urbani di Bolzano, Merano e Laives, con valori che oscillano tra il 96,51% di parlanti tedeschi della val Venosta (Vinschgau) e il 26,62% della conurbazione di Bolzano.
Lo sviluppo storico dell’Alto Adige è determinato in larga parte dalla collocazione di questa regione lungo un confine naturale, via di passaggio fra il sud e il nord delle Alpi, teatro di numerose ondate migratorie, colonizzazioni e rovesciamenti nell’assetto politico e istituzionale.
La germanizzazione dell’area ebbe luogo attorno al VI secolo d.C. in conseguenza dei movimenti migratori a sud del Danubio da parte dei Baiuvari. L’insediamento si attuò gradualmente a partire dai fondovalle dell’Adige e dell’Isarco, per proseguire durante i secoli VII e VIII con l’occupazione di centri chiave come Bressanone, Bolzano e Merano. A partire dal 1363 il Tirolo divenne parte dell’impero asburgico e rimase in territorio austriaco fino al termine della prima guerra mondiale, con la sola eccezione della parentesi napoleonica (1805-1815), durante la quale fu ceduto alla Baviera e poi al Regno d’Italia come Dipartimento dell’Alto Adige.
Il trattato di Saint-Germain (1919) sancì il passaggio del Trentino (Welschtirol) e del Tirolo meridionale (Deutschtirol) dall’Austria all’Italia e l’inizio della storia contemporanea dell’Alto Adige. Con l’avvento del fascismo venne attuata nei confronti della comunità tedescofona altoatesina una politica di italianizzazione forzata (➔ fascismo, lingua del; ➔ politica linguistica), che si concretizzò con la progressiva introduzione dell’italiano nei domini dell’amministrazione, del diritto e della scuola e con la conseguente sospensione della scuola tedesca, ridotta alla clandestinità. Le politiche fasciste diedero inoltre un forte impulso allo sviluppo dell’industria e del commercio nella regione, con lo scopo di attrarre forza lavoro dal resto d’Italia, alterando così l’assetto demografico locale. Il processo di rimozione della lingua e cultura tedesche venne realizzato anche attraverso un programma di italianizzazione dei toponimi e dei cognomi tedeschi per opera di Ettore Tolomei (1923).
Il percorso storico che portò alla costituzione dell’odierna provincia autonoma di Bolzano ebbe inizio nel 1946 con l’Accordo di Parigi (accordo De Gasperi - Gruber). Se nel patto siglato tra Italia e Austria venne ristabilita la parità ufficiale di italiano e tedesco, fu nello statuto speciale del 1948 che si riconobbe alla regione Trentino-Alto Adige un’ampia autonomia legislativa e amministrativa. Dopo un periodo di lotte politiche condotte dal partito di rappresentanza tedesca (SVP, Südtiroler Volkspartei) e forti tensioni sociali, nel 1972 venne promulgato il secondo statuto di autonomia che sanciva il trasferimento delle competenze legislative e di governo dalla regione alle province autonome di Trento e di Bolzano. Nello statuto si garantiva la parità ufficiale tra i tre gruppi etnico-linguistici presenti nella provincia (italiano, tedesco e ladino) e tra le rispettive lingue e si fissavano norme di discriminazione positiva con lo scopo di tutelare i diritti delle minoranze tedesca e ladina. Tra queste in particolare vanno segnalate la separazione dei sistemi scolastici in base alla lingua materna, e la cosiddetta proporzionale, che stabilisce tra l’altro l’assegnazione di posti di lavoro nell’amministrazione pubblica sulla base della consistenza percentuale dei gruppi linguistici e della conoscenza di italiano e tedesco, da accertarsi tramite un esame di bilinguismo.
Se si afferma che in Alto Adige si parla tedesco si considera un solo aspetto di una realtà sociolinguistica ben più articolata.
In effetti la comunità germanofona è contraddistinta da un bilinguismo sociale (➔ bilinguismo e diglossia) italiano-tedesco piuttosto diffuso (soprattutto nei centri urbani), e da una condizione spesso definita come diglossia tra tedesco standard e dialetto bavarese per quanto riguarda il versante tedesco del ➔ repertorio linguistico. In realtà il repertorio della comunità tedescofona è costituito da un complesso di varietà di lingua organizzato su tre livelli funzionali. Dal basso verso l’alto si trovano: le varietà di dialetto tirolese, che è anche lingua della socializzazione primaria; la varietà intermedia di tedesco dell’uso comune e di media formalità; e, sul gradino più alto, la varietà regionale di tedesco standard. Il dialetto tirolese è tuttavia molto vitale e assolve funzioni sociolinguistiche ampie: non soltanto quelle ‘basse’ dei domini familiari e amicali, ma anche quelle ‘alte’ legate all’attività lavorativa di media formalità e non di rado alla comunicazione in ambito istituzionale.
In realtà ognuno dei tre livelli presenta aspetti problematici. Per quanto riguarda il dialetto tirolese parlato in Alto Adige, si tratta di un insieme di varietà classificabili lungo un continuum sia in senso orizzontale, geografico-dialettologico, che in senso verticale. Nel primo senso è pertinente non tanto una divisione tra Tirolo settentrionale austriaco e Tirolo meridionale italiano, quanto una partizione in tre varietà da ovest verso est. La zona centrale presenta i caratteristici tratti del tipo tirolese del sottogruppo bavarese meridionale (Wiesinger 1990), quella orientale mostra già caratteristiche dei dialetti carinziani, mentre quella occidentale costituisce un’area di transizione tra i dialetti bavaresi e quelli alemannici.
In senso verticale si tratta di un continuum di registri (➔ registro) tra un dialetto locale, della valle, e una koinè regionale utilizzabile sia in contesti colloquiali che mediamente formali al di fuori del paese o della valle, perciò tipicamente in contesti comunicativi urbani (Moser 1982; Lanthaler 2001).
La presenza di un gradino intermedio, occupato da una varietà di tedesco per così dire dell’uso medio, ha costituito fino in tempi recenti una delle differenze più marcate nell’assetto sociolinguistico tra Nord- e Südtirol. Sembra infatti essersi consolidato un registro intermedio di tedesco impiegato nei contesti pubblici e denominato unfeines Deutsch «tedesco poco fine» (Lanthaler 2001: 142-147). A partire dagli anni Novanta del Novecento questa varietà si è consolidata negli ambiti della comunicazione politica, istituzionale e nei media per raggiungere anche le situazioni comunicative pubbliche più comuni (assemblee, riunioni di lavoro, ecc.). Essa condivide alcuni tratti linguistici con il cosiddetto Bozner Deutsch «tedesco di Bolzano», vale a dire la varietà urbana di tedesco tirolese impiegata da politici, professionisti e impiegati nella pubblica amministrazione (che, probabilmente per tale motivo, non gode di buona reputazione nel resto della comunità linguistica: Moser 1982: 87; Lanthaler 2001: 187). Al livello più alto del repertorio si trova il tedesco standard (Hochdeutsch), tutelato giuridicamente come lingua ufficiale della provincia autonoma di Bolzano. Sebbene non si possa parlare di un vero e proprio standard sudtirolese, il tedesco dell’Alto Adige sembra mostrare, soprattutto in campo lessicale, da un lato caratteristiche specifiche legate anche al contatto con l’italiano e dall’altro un carattere di sempre maggiore estraneità alla norma del tedesco di Germania. I parlanti inoltre manifestano ancora una certa difficoltà nel definire il proprio orientamento rispetto alla norma regionale austriaca. Tipicamente l’ambito d’uso di questa varietà alta è quello dei contesti formali scritti, ma essa trova sempre maggiore spazio anche nell’istruzione scolastica, nel diritto, nei media e, negli ultimi decenni, anche nella comunicazione legata al turismo.
La tab. 1, elaborata in base ai dati dell’Istituto Provinciale di Statistica (2006: 108-122), fornisce indicazioni sulla distribuzione di tedesco, dialetto tedesco, italiano e dialetto italoromanzo attraverso i principali contesti d’uso nella comunità tedescofona: mentre il dialetto tedesco può essere utilizzato in tutti i contesti, l’uso del tedesco standard appare fortemente legato al mondo lavorativo e scolastico, contesti nei quali l’italiano ha pure un ruolo rilevante.
Ciò che ha contribuito a differenziare significativamente la comunità tedescofona sudtirolese da quella settentrionale è senz’altro la presenza dell’italiano nel repertorio linguistico. Questo non soltanto per via del contatto interlinguistico, ma anche per la coesistenza di codici differenti nel repertorio sudtirolese, che rendono il Tirolo meridionale una comunità linguisticamente complessa.
Solo in anni recenti questa realtà sociolinguistica ha iniziato a essere valorizzata, in particolare in relazione alla comune appartenenza alla cornice europea. Più spesso il bilinguismo tedesco-italiano è stato avvertito come fonte potenziale di modificazioni nella lingua tedesca, con timori anche di tipo puristico legati alla penetrazione del lessico italiano nel tedesco sudtirolese.
Gli effetti linguistici della compresenza di italiano, dialetto tedesco e tedesco nel medesimo repertorio possono variare a seconda dell’intensità del contatto, per cui è molto sensibile l’opposizione tra centri urbani e valli, con una particolare compresenza dei codici nell’area di Bolzano e della Bassa atesina e un conseguente maggiore grado di bilinguismo individuale.
I fenomeni di contatto possono inoltre essere distinti in due grandi classi a seconda della direzione della relazione tra i codici, dall’italiano verso il (dialetto) tedesco e, viceversa, da questo verso l’italiano. Le influenze che l’italiano esercita nei confronti del tedesco sono costituite principalmente da interferenze nel lessico, sotto forma di prestiti ‘di necessità’ legati alla sfera burocratico-giuridica, ma anche a referenti connessi alla realtà quotidiana (macchiato, carabinieri, targa, scontrino, patentino, gettone, ecc.). Si registrano inoltre prestiti di segnali discorsivi, di interiezioni e di fatismi in genere, come allora, magari, ma dai, ma va, boh, sembrerebbe, va bene.
Il contatto in direzione opposta, dal tedesco verso l’italiano, riguarda fenomeni molto diversi, che danno luogo a un continuum delle varietà di italiano dei tedescofoni. Tali varietà sono caratterizzate dall’interazione con il sostrato dialettale, che si manifesta non solo nel sistema fonetico-fonologico, sia sul piano segmentale (/r/ uvulare, affricate palatali, lunghezze vocaliche e consonantiche, ecc.) che su quello prosodico, ma anche nella struttura sintattica, con la presenza di calchi, usi devianti delle preposizioni e dell’ordine dei costituenti maggiori di frase, ecc.
Col crescere del grado di bilinguismo individuale emergono pratiche tipiche del discorso bilingue, come la ➔ commutazione di codice e il ➔ mistilinguismo, che si osservano più frequentemente nella Bassa atesina, zona caratterizzata storicamente da un più diffuso bilinguismo.
Gruppi di parlanti dialetti bavaresi meridionali sono disseminati attraverso l’arco alpino orientale (in Trentino, in Veneto e in Friuli) in isole linguistiche germanofone costituite da nuclei di ridotta consistenza (cfr. Prezzi 2004).
In Trentino, nei comuni di Frassilongo (Roveda), Fierozzo, Palù (valle del Fèrsina, Bernstol), si trova la minoranza dei mòcheni, testimonianza di movimenti migratori di contadini dai centri tedescofoni limitrofi (Folgaria, Montagnaga) e dal Tirolo attorno al XIII secolo. Il dialetto tedesco risulta parlato da 947 persone (nel 2009) nei tre centri (con un’incidenza sulla popolazione del 95,4%), fino a un totale di 2276 persone complessivamente in tutto il Trentino. Tra i segnali del dinamismo culturale della comunità va registrata l’attività dell’Istituto culturale mòcheno che ha promosso la redazione di dizionari, grammatiche e materiali didattici anche di livello specialistico (Rowley 2003), nonché di un sito Internet nel quale si trovano anche pubblicazioni periodiche e notiziari televisivi.
In una fase di irreversibile regresso paiono invece i cosiddetti dialetti cimbri delle province di Verona e Vicenza. Di tali dialetti bavaresi arcaici, parlati dai coloni provenienti dalla Baviera e stanziatisi tra il XII e il XIII secolo nel veronese e nell’alto vicentino, rimangono ancora tracce a Giazza e a Roana, per un totale di circa 30 parlanti. Queste ultime due località costituiscono i relitti di ampie aree germanizzate in epoca medievale, conosciute fino ad anni recenti come Tredici Comuni (Verona) e Sette Comuni (Vicenza).
Tra le minoranze dette cimbre, un centro linguisticamente attivo è al contrario Luserna, presso Lavarone in Trentino. Posto sul versante occidentale dell’altopiano di Asiago rappresenta l’ultimo nucleo sopravvissuto di un’area germanofona più estesa che comprendeva l’altopiano di Folgarìa e Lavarone, colonizzato successivamente alle comunità germaniche del veronese e del vicentino. Con 267 parlanti censiti (89,9% della popolazione del piccolo centro), il dialetto di Luserna conserva una certa vitalità sociolinguistica, sebbene le condizioni dell’economia di montagna stiano portando a un graduale, e apparentemente inesorabile, spopolamento del paese. Tale vitalità si manifesta sia attraverso tentativi di riattivazione di funzioni sociolinguistiche (come le esperienze di insegnamento scolastico del cimbro nelle scuole elementari o il suo impiego nell’amministrazione comunale insieme all’italiano), sia attraverso un’attività culturale, sostenuta dall’Istituto culturale cimbro, tesa al mantenimento dell’identità cimbra anche tra coloro che sono emigrati all’interno della provincia trentina. Da segnalare anche una consistente letteratura specialistica sul cimbro lusernate (Tyroller 2003).
Come nel caso di Luserna, anche i 1300 abitanti di Sappada (Plodn), insediamento databile tra il XIII e il XIV secolo situato all’estremo nord della provincia di Belluno, presentano una diffusa condizione di bilinguismo italiano-tedesco, nella quale il dialetto tedesco di tipo pustero-carinziano viene ancora attivamente parlato. La comunità di Sappada, anche grazie alla costituzione dell’Associazione Plodar, ha favorito iniziative culturali e didattiche e ha cercato di legare il mantenimento del dialetto tedesco allo sviluppo del turismo.
L’isola linguistica di Sauris (Zahre), nell’alta valle dei Lumiei in Carnia (provincia di Udine), condivide con Sappada non soltanto il periodo di insediamento, ma anche la capacità di utilizzare l’identità linguistica come strumento di riattivazione dell’economia locale, in primo luogo attraverso il turismo, la gastronomia e l’artigianato. La vitalità di questa comunità di circa 400 abitanti è manifestata anche dalla sperimentazione di programmi didattici di uso del dialetto tedesco nella scuola elementare. Nel caso di Sauris si può a ragione parlare di trilinguismo, considerata la presenza del friulano all’interno del repertorio, in posizione intermedia tra il dialetto saurano e l’italiano.
Sempre in Carnia, nell’alta valle del But, si trova Timau (Tischlbong), unica frazione germanofona del comune di Paluzza, che conta oggi circa 400 abitanti. L’insediamento risalirebbe allo spostamento di gruppi di minatori dalla vicina valle del Gail, parlanti quindi un dialetto bavarese-carinziano, avvenuto tra il XII e il XIII secolo. La sopravvivenza del particolare repertorio trilingue timavese/friulano/italiano è minacciata indubbiamente dalla posizione sociolinguistica debole del dialetto tedesco, anche per via della ridotta trasmissione intergenerazionale, ma soprattutto dal progressivo spopolamento del paese (Francescato & Solari Francescato 1994). Non sono mancati tuttavia in questi ultimi anni tentativi di rivitalizzazione attraverso attività culturali (riviste, pubblicazioni, notiziari televisivi e siti Internet) e didattiche, specialmente nella scuola elementare.
Infine, varietà tedesche sono parlate in Friuli nel tratto della val Canale, tra Pontebba e Tarvisio. Si tratta di un caso speciale tra le isole linguistiche, in quanto punto di incontro fra i tre grandi gruppi romanzo, germanico e slavo. La peculiarità della Val Canale non riguarda soltanto la natura composita della comunità ma anche la presenza, accanto al dialetto carinziano, del tedesco standard, la cui conoscenza è stata incentivata da anni attraverso programmi speciali di insegnamento scolastico.
Istituto Provinciale di Statistica (2006), Südtiroler Sprachbarometer. Sprachgebrauch und Sprachidentität in Südtirol, 2004. Barometro linguistico dell’Alto Adige. Uso della lingua e identità linguistica in provincia di Bolzano, 2004, Bolzano, ASTAT.
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Francescato, Giuseppe & Solari Francescato, Paola (1994), Timau. Tre lingue per un paese, Galatina, Congedo.
Lanthaler, Franz (2001), Die Zwischenregister der deutschen Sprache in Südtirol, in Die deutsche Sprache in Südtirol. Einheitssprache und regionale Vielfalt, hrsg. von K. Egger & F. Lanthaler, Wien, Folio, pp. 137-152.
Moser, Hans (1982), Zur Untersuchung des gesprochenen Deutsch in Südtirol, in Id. (hrsg. von), Zur Situation des Deutschen in Südtirol. Sprachwissenschaftliche Beiträge zu den Fragen von Sprach-norm und Sprachkontakt, Innsbruck, Institut für Germanistik der Universität Innsbruck, pp. 75-90.
Prezzi, Christian (a cura di) (2004), Isole di cultura. Saggi sulle minoranze storiche germaniche in Italia, Luserna, Centro di documentazione Luserna.
Rowley, Anthony R. (2003), Liacht as de sproch. Grammatica della lingua mòchena. Grammatik des Deutsch-Fersentalerischen, Palù del Fèrsina, Istituto culturale mòcheno-cimbro - Kulturinstitut für das Fersental und Lusern - Kulturinstitut Bersntol-Lusérn.
Tyroller, Hans (2003), Grammatische Beschreibung des Zimbrischen von Lusern, Wiesbaden, Franz Steiner.
Wiesinger, Peter (1990), The Central and Southern Bavarian dialects in Bavaria and Austria, in The dialects of modern German. A linguistic survey, edited by C.V.J. Russ, London, Routledge, pp. 438-519.