COMNENI
Dinastia imperiale bizantina, originaria di Comnè presso Adrianopoli (od. Edirne, Turchia), che regnò a Costantinopoli dal 1057 al 1185.Un esame della produzione artistica bizantina in rapporto alle famiglie imperiali si rivela particolarmente utile nel caso dei C., poiché gli imperatori di questa dinastia governarono per oltre un secolo e costituirono una salda continuità di regno in un momento storico in cui la stabilità dinastica era legata soprattutto a questioni militari e amministrative, alla nuova minaccia dei Turchi selgiuqidi e a un atteggiamento favorevole nei confronti dei Latini, che ha portato a definire quest'epoca come un periodo di occidentalizzazione. In misura più o meno ampia ciascuno di questi fattori influì notevolmente sulla cultura bizantina del periodo, con riflessi sui contenuti, sulla natura e sulla localizzazione degli interventi di committenza imperiale nel campo dell'arte e in particolare dell'architettura.Già a partire dalla fine del sec. 10° compaiono dei C. tra i governatori e i generali dell'impero; lo stesso Isacco I Comneno (1057-1059) era figlio di uno strategós autokrátor dell'Oriente. Fu durante il regno di Isacco I che apparve per la prima volta in ambito numismatico l'immagine dell'imperatore-guerriero: uno histámenon (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.) effigia l'imperatore con la spada sguainata, secondo un'innovazione iconografica che tende a esprimere l'idea di un sovrano asceso al trono grazie alla propria forza militare piuttosto che per volontà di Dio. Affermazioni analoghe, seppure meno esplicite, si ritrovano sulle monete di altri imperatori comneni, ove compaiono santi militari: Alessio I (1081-1118) scelse s. Demetrio, che fino a quel momento era stato rappresentato in abiti civili, mentre Giovanni II (1118-1143) e Manuele I (1143-1180) utilizzarono rispettivamente s. Giorgio e s. Teodoro (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.).Dopo due anni di regno Isacco I abdicò e si ritirò nell'antico monastero costantinopolitano di S. Giovanni di Studios. Nel 1088 Alessio I, figlio del fratello minore di Isacco I ed effettivo capostipite della dinastia, concesse a s. Cristodulo l'isola di Patmo perché vi fondasse il monastero di S. Giovanni Evangelista, che dotò di sussidi annuali; Manuele I procurò i mezzi economici e il terreno necessari al monastero di Macheras a Cipro, finanziò quello dedicato all'arcangelo Michele a Kataskepe nel Ponto, utilizzando il tesoro imperiale, e criticò il padre, Giovanni II, per la costruzione di monasteri nella capitale; tale rimprovero si riferiva quasi certamente al monastero del Pantokrator (Zeyrek Kilise Cami), un complesso edilizio di enormi dimensioni iniziato con la chiesa ubicata a Sud, fatta costruire tra il 1118 e il 1124 dalla moglie di Giovanni II, Irene d'Ungheria, cui venne aggiunta ben presto, a Nord, un'altra chiesa, seguita da una cappella funeraria, conclusa nel 1136, collocata tra le due chiese e denominata heróon, mausoleo imperiale. In precedenza Irene Ducas, moglie di Alessio I, aveva già fatto costruire il monastero femminile della Theotokos Kecharitomene nei quartieri settentrionali della città, adiacente al monastero del Cristo Philanthropos, anch'esso fondato dalla stessa imperatrice. Fu in quel monastero che Anna Comnena, figlia di Alessio I, si ritirò dopo l'ascesa al trono di Giovanni II, contro il quale ella aveva cospirato; qui dopo il 1148 Anna scrisse l'Alessiade, un lungo panegirico dedicato al padre e una delle fonti principali per la storia del periodo.Per i monasteri da loro fondati i C. facevano talvolta redigere i typiká, le raccolte di norme concernenti la conduzione di queste istituzioni. Il typikón di Giovanni II per il monastero del Pantokrator stabiliva le norme relative alla sua amministrazione, comprese le disposizioni circa il modo in cui determinate icone dovevano essere esposte e la maniera in cui dovevano essere illuminate. Un altro membro della famiglia dei C., Isacco il Porfirogenito, terzo figlio di Alessio I, fece lo stesso in occasione della fondazione del monastero della Kosmosoteira a Férai, in Tracia, nel 1151-1152. Il complesso religioso, decorato da splendidi affreschi, oggi notevolmente deteriorati, era destinato a sua residenza e luogo di sepoltura; egli ordinò infatti di trasferirvi la propria tomba, che in un primo tempo era stata prevista nella chiesa del monastero costantinopolitano di S. Salvatore di Chora (Kariye Cami), che aveva fatto ricostruire probabilmente negli anni trenta del 12° secolo. Le donazioni di Isacco al monastero di Chora sono commemorate in un mosaico degli inizi del sec. 14° nel nartece della chiesa. Da tempo scomparsa è la chiesa di S. Stefano, che l'imperatore aveva fondato per i monaci della Kosmosoteira che si recavano in visita nella capitale.Ai membri della famiglia comnena venivano imposti sempre gli stessi nomi cristiani, con una frequenza persino maggiore di quanto non avvenisse abitualmente a Bisanzio, e questo rende particolarmente difficile l'attribuzione precisa di committenze a singoli membri della famiglia. Isacco, fondatore della Kosmosoteira, è stato identificato anche come committente dell'Ottateuco del Serraglio (Istanbul, Topkapı Sarayı Müz., 8), il più lussuoso dei manoscritti di questo tipo, contenente duecentosettantotto miniature su cinquecentosessantanove carte. Meno sicura è l'identificazione dell'Alessio Comneno che, secondo l'iscrizione posta al di sopra dell'ingresso, fondò nel 1164 la chiesa di S. Pantaleimone a Nerezi, in Macedonia, dove si conservano celebri affreschi, che introducono nell'arte bizantina nuovi elementi di patetismo, secondo uno stile presente anche in codici miniati dell'epoca.Sia la frequente ripetizione di un numero limitato di nomi sia le testimonianze documentarie e iconografiche dimostrano il profondissimo senso del legame fra consanguinei esistente tra i Comneni. Così, mentre il ritratto a mosaico di Giovanni II e dell'imperatrice Irene fatto eseguire nel 1134 nella tribuna meridionale della Santa Sofia a Costantinopoli ripete ovviamente lo schema del pannello musivo nella stessa tribuna, con l'imperatrice Zoe e Costantino IX (1042-1055), un elemento nuovo venne aggiunto nella figura di loro figlio Alessio, identificato dall'iscrizione come porfirogenito, a indicare chiaramente che egli era nato mentre suo padre era imperatore. Dando a intendere di seguire consuetudini da lungo tempo stabilite, alcuni membri della famiglia dei C. riuscirono del resto a trasformarle. Manuele I, per es., mentre aggiungeva nuovi edifici al Grande Palazzo posto nell'antico centro della capitale, edificava anche la nuova residenza delle Blacherne, nell'area nordoccidentale di Costantinopoli. Niceta Coniate, storico della fine del sec. 12°, riporta che "l'imperatore era criticato per la sua passione di erigere splendide strutture, per avere costruito in entrambi i palazzi le lunghissime gallerie a peristilio risplendenti di mosaici d'oro raffiguranti [...] le sue prodezze contro i barbari così come tutti gli altri benefici che aveva procurato ai Romani [cioè ai Bizantini]" (Hist.; CFHB, XI, 1, 1975, p. 206).L'enfasi sulla linea di discendenza familiare venne elaborata in un grande numero di immagini: nel distrutto monastero di S. Mocio per es. vi erano raffigurazioni di Alessio I, Giovanni II e Manuele I insieme con il fondatore del complesso, Basilio II; analogamente, una più tarda rappresentazione, nota solo grazie a un epigramma descrittivo, riporta la giustapposizione di tre porfirogeniti: Giovanni II, Manuele I e suo figlio Alessio II, coimperatore insieme al padre dal 1171 e unico sovrano dal 1180 al 1183 (Magdalino, Nelson, 1982, pp. 135-136). Ritratti come quelli di Alessio I, di sua moglie Irene e di suo figlio Giovanni posti all'inizio del Salterio Barberini (Roma, BAV, Barb. gr. 372, c. 5r) erano più in linea con la tradizione - si confrontino i ritratti imperiali all'inizio del manoscritto delle Omelie di Gregorio Nazianzieno della fine del sec. 9° (Parigi, BN, gr. 510, c. Cr e v) - e d'altro canto le rappresentazioni della dinastia regnante non venivano commissionate necessariamente dalla sola famiglia imperiale. Si conservano diversi epigrammi relativi a immagini di Alessio, Giovanni e Manuele fatte eseguire da sudditi di quest'ultimo sia per le loro abitazioni sia per le loro fondazioni religiose; questo genere di effigi era talmente comune e, a quanto sembra, così costante nei tratti essenziali che, specialmente al tempo dell'imperatore Manuele, la loro diffusione induce a ipotizzare che costituissero non semplicemente una prassi consolidata sul piano sociale, ma anche una sorta di motivo conduttore della politica imperiale.Non meno importante dell'affermazione dinastica e certamente in connessione con essa era la celebrazione della potenza militare dei Comneni. Sul piano concreto Alessio I ricostruì molte città dell'Asia Minore, fortificandole contro la minaccia selgiuqide: tra queste i centri costieri di Smirne e di Antalya, così come l'antica Korykos in Cilicia e Seleucia in Isauria. Nel 1130 Giovanni II ricostruì, dotandola di imponenti mura tuttora ampiamente conservate, Lopadium, una città situata a S del mar di Marmara, dove suo padre aveva combattuto contro i Turchi e che egli utilizzò come base per le campagne militari in Asia Minore. Persino Manuele I, impegnato nell'impresa di ampliare il Grande Palazzo e di costruire quello delle Blacherne, rifondò città antiche come Pergamo e Dorileo in Frigia (dopo il 1175), in territori dai quali aveva cacciato i Turchi.Questi interventi in campo edilizio costituiscono l'aspetto pragmatico di un atteggiamento di carattere militarista che si rivelò forse in modo ancor più evidente nei programmi decorativi comneni. È noto che Manuele I aveva fatto realizzare nel Grande Palazzo una sala chiamata manuelítes, ornata di mosaici illustranti le sue vittorie; terminata nel 1066, era forse destinata a impressionare gli emissari selgiuqidi inviati a richiedere accordi di pace. Come ricorda un epigramma, anche su manufatti in oro venivano raffigurate gesta simili "con l'imperatore dei Romani, splendente nella porpora, che atterrisce, perseguita e sconfigge definitivamente il capo dei Persiani", cioè dei Turchi (Lampros, 1911, p. 172).Anche in questo caso tale iconografia propagandistica non era limitata agli edifici di corte. Il vestibolo di un monastero dedicato alla Vergine, fatto costruire dal grande eteriarca Giorgio, fu rivestito di mosaici raffiguranti Manuele I che costringeva l'intero esercito 'persiano' alla fuga, combattendo battaglie da solo, impadronendosi delle città e sconfiggendo lo zupan, il sovrano magiaro. Immagini di questo genere erano talora inserite in programmi che ne enfatizzavano il valore in base ad analogie bibliche; nella casa di Leone Sicunteno a Salonicco ritratti di Manuele I erano posti in parallelo con raffigurazioni di Mosè che uccideva gli Egiziani e di Giosuè che si impadroniva di Gerico (Lampros, 1911, pp. 29-30).Il supporto biblico evocato per le imprese militari dei C. rappresenta solo parte di un disegno ideologico teso a legittimare i progetti politici imperiali. Un aspetto centrale di questo programma fu l'enfasi conferita all'ortodossia e alla religiosità degli imperatori nei confronti degli scismatici. In un pannello musivo posto nella galleria meridionale della Santa Sofia di Costantinopoli Giovanni II e Irene sono rappresentati mentre offrono un sacchetto contenente oro e un documento di privilegio alla chiesa, incarnata dalla figura della Madre di Dio. La grande chiesa aveva naturalmente usufruito anche in precedenza del patrocinio di altri sovrani, ma fu proprio nell'età comnena che la repressione di coloro che erano ritenuti scismatici venne attuata con una ferocia pari solo a quella dell'età giustinianea. Giovanni Italo fu scomunicato come eretico e pagano nel 1082 e Basilio, capo dei bogomili di Costantinopoli, fu condannato al rogo nell'ippodromo da Alessio I. Lo stesso imperatore fu un sostenitore della posizione polemica di Eutimio Zigabeno contro il bogomilismo e il paulicianesimo e l'importanza attribuita alle sue confutazioni è espressa dai due lussuosi codici ancora conservati della Panoplía dogmatiké del teologo (Roma, BAV, Vat. gr. 666; Mosca, Gosudarstvennyj Istoritscheskij Muz., gr. 387); questi manoscritti mostrano sui frontespizi rappresentazioni dei Padri della Chiesa che porgono il trattato ad Alessio, raffigurato nella pagina a fronte con il libro, in piedi davanti a Cristo che lo benedice.L'eliminazione del dissenso poteva tuttavia trascendere le norme dell'ortodossia. Che Giovanni II professasse la superstizione, o almeno la tollerasse, è evidente nella raffigurazione dello Zodiaco nel pavimento in opus sectile della chiesa del Pantokrator; ma in ogni caso suo figlio Manuele I fece imprigionare, accecare ed esiliare lo scrittore Michele Glica, che si era scagliato contro gli interessi astrologici dell'imperatore. Allo stesso tempo Manuele era però profondamente devoto ai luoghi e alle reliquie cristiane: egli finanziò la nuova decorazione della basilica della Natività a Betlemme prima del 1169 e, quando giunse dalla Terra Santa la pietra che si diceva fosse stata usata per l'unzione di Cristo, attese il suo arrivo al porto del Bukoleon, annesso al Grande Palazzo, e la trasportò sulle proprie spalle fino alla cappella della Vergine di Pharos; un'iscrizione sulla lastra affermava che l'imperatore aveva rivissuto, con quell'atto, il gesto di Giuseppe di Arimatea, che aveva portato la croce di Cristo.I C. divennero sempre più eccentrici con il progredire del sec. 12°, in un processo che giunse al culmine con Andronico I (1183-1185), figlio del fratello minore di Giovanni II e ultimo imperatore della dinastia. Niceta Coniate (Hist.; CFHB, XI, 1, 1975, p. 322) narra che questi si era autoritratto abbigliato non nelle auree vesti imperiali, ma alla stregua di un umile lavoratore, con un mantello scuro aperto che gli arrivava fino alle natiche. Andronico inoltre, convinto di essere minacciato dai membri rivali della sua famiglia che ambivano al trono, instaurò contro di essi un clima di terrore che trova paragone solo nel 6° secolo. Analogamente il pronipote di Manuele I, Isacco, proclamatosi imperatore di Cipro (1184-1191), è descritto come un mostro psicopatico, che giunse ad assassinare la moglie e l'unico figlio, che aveva confessato di apprezzare i Latini. Secondo i Gesta regis Henrici II, attribuiti in passato a Benedetto di Peterborough, l'imperatore Isacco avrebbe ordinato ad alcuni artisti di dipingere le sue imprese sulle pareti delle chiese, dove egli stesso aveva posto i propri ritratti d'oro e d'argento, costringendo i fedeli ad adorarlo il Venerdì Santo, al posto della croce, mentre sedeva davanti all'altare (Mogabgab, 1941, p. 5).Quanto a Giovanni II, Niceta Coniate (Hist.; CFHB, XI, 1, 1975, p. 47) riporta che l'imperatore controllava le acconciature e la foggia delle calzature dei membri della corte, non permettendo loro di seguire nuove mode. Suo figlio Manuele I, al contrario, amava le mode esotiche; egli stesso fece aggiungere un ambiente in stile selgiuqide alla sala del trono, il soffitto della quale sembra fosse scolpito con decorazioni islamiche a muqarnas. Un discendente di Giovanni II, Giovanni, usurpatore del trono nel 1201, vi si fece rappresentare seduto per terra alla maniera araba, mentre brindava alla salute dei suoi visitatori 'persiani'.Nella Costantinopoli della seconda metà del sec. 12° vennero recepiti usi orientali e latini: Manuele I introdusse a corte i tornei e gli intrattenimenti occidentali di tipo cavalleresco e nella letteratura bizantina si diffuse il genere del romanzo. In epoca successiva si preferì tuttavia ricordare quelli che erano percepiti come gli aspetti greci della dinastia; quando per es. venne decorato l'esterno del monastero della Panaghia Mavriotissa a Castoria (1259-1264), gli affreschi inclusero un'immagine, ancora conservata, di Alessio I, fondatore della grandezza comnena, accanto a quella di Michele VIII, committente delle pitture e fondatore della dinastia paleologa.
Bibl.:
Fonti. - Anna Comnena, Alexiade. Règne de l'empereur Alexis I Comnène, 1081-1118, a cura di B. Leib, P. Gautier, 4 voll., Paris 1937-1976; Niceta Coniate, Historia, a cura di J.L. van Dieten, in CFHB, XI, 1, 1975.
Letteratura critica. - F. Chalandon, Les Comnènes, 2 voll., Paris 1900-1912; S. Lampros, ῾Ο ΜαϱϰιανὸϚ ϰῶδιξ 524 [Il codice Marciano 524], ΝέοϚ ῾Ελληνομνήμων 8, 1911, pp. 3-192: 3-57, 123-192; T.A.H. Mogabgab, Supplementary Excerpts on Cyprus, I, Nicosia 1941; P. Magdalino, Manuel Komnenos and the Great Palace, Byzantine and Modern Greek Studies 4, 1978, pp. 101-114; P. Magdalino, R. Nelson, The Emperor in Byzantine Art of the Twelfth Century, Byzantinische Forschungen 8, 1982, pp. 123-183; A. Weyl Carr, Gospel Frontispieces from the Comnenian Period, Gesta 21, 1982, pp. 3-20; S. Sinos, Die Klosterkirche der Kosmosoteira in Bera (Vira) (Byzantinisches Archiv, 16), München 1985; A.P. Kazhdan, A. Wharton Epstein, Change in Byzantine Culture in the Eleventh and Twelfth Centuries, Berkeley-Los Angeles-London 1985 (19902); J.C. Anderson, P. Canart, C. Walter, The Barberini Psalter Codex Vaticanus Barberinianus Graecus 372, Zürich-New York 1991; I. Kalavrezu, Imperial Relations with the Church in the Art of the Komnenians, in Byzantium in the 12th Century. Canon Law, State and Society, a cura di N. Oikonomides, Athinai 1991, pp. 25-36; C. Bakirtzis, D. Triandaphyllos, Thrace, Athinai 1992.A. Cutler