CARACCIOLO, Colantonio
Nacque da Galeazzo e da Camilla della Leonessa verso la fine del sec. XV.
Nell'estate del 1528 il C., che nella stessa epoca era governatore della casa dell'Annunziata, prese parte sotto il comando del principe di Orange alla difesa di Napoli stretta d'assedio dal Lautrec. Agli inizi dell'anno successivo partecipò, invece, insieme con lo zio Colonna e con Pier Luigi Farnese, a un vano tentativo di recupero di Vieste e di Vico del Gargano (Foggia) - che era un suo possedimento - occupate pochi mesi prima da Renzo di Ceri nel quadro della campagna anticesarea in Puglia. Dopo la pace di Cambrai (3 ag. 1529) il C. seguì l'Orange, divenuto frattanto viceré di Napoli, all'assedio di Firenze. Prima che questo fosse concluso fu inviatodalviceré presso l'imperatore a Bologna. Accolto molto cordialmente da Carlo V, fu da questo insignito del titolo di marchese di Vico l'8 luglio dell'anno successivo. Nel 1532 - secondo la testimonianza di Giovan Paolo Coraggio - era a Bruxelles presso la corte imperiale. Da Ratisbona nell'agosto dello stesso anno il C., che aveva il 29 luglio ottenuto la concessione di una rendita annuale di 600 ducati, si mise in viaggio per Napoli, al seguito del nuovo viceré, Pedro de Toledo, al quale più tardi fu legato da grande familiarità e perfetta uniformità di vedute e di intenti. Agli inizi dell'anno successivo, con le armi in pugno, contribuì al ristabilimento dell'ordine in Napoli, dove era scoppiato un moto di rivolta contro l'esosità di alcune gabelle. Pochi mesi più tardi gli veniva concessa l'ereditarietà per il marchesato di Vico.
Nella primavera del 1535 il C. partecipò alla vittoriosa impresa di Tunisi, condotta da Carlo V contro il corsaro Barbarossa e, durante il successivo soggiorno dello imperatore in Italia, ottenne da questo il privilegio di rimanere dinanzi a lui a capo coperto, alla maniera dei grandi di Spagna. Già membro del Consiglio collaterale da tre anni, nel marzo del 1538 fu creato deputato al Parlamento che, dopo avere stabilito in 360.000 ducati l'ammontare del donativo da elargire all'imperatore, lo delegò come ambasciatore per presentare a Carlo V un elenco di capitoli. Egli compì la missione affidatagli con risultati poco brillanti, dopo aver seguito l'imperatore da Genova a Barcellona ed a Valladolid.
Nel 1543 il C., che fu presente ai festeggiamenti che Napoli tributò al sultano di Tunisi nell'estate di quell'anno, fece porre una lapide nel suo palazzo napoletano, detto "li Paradiso", che, famoso oltre che per la nobile architettura anche e soprattutto per un leggiadro giardino ricco di sapienti giochid'acqua, era posto fuori porta Nolana, vicino a S. Pietro ad Aram. Dell'anno successivo è una lapide fatta porre dal C. per sé e per la moglie nella cappella Caracciolo, detta dell'Epifania, nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, la. cui costruzione iniziata dal padre egli avrebbe portato a termine nel 1557, fornendola di un monumento funebre sormontato da una statua per il padre, e di uno per sé, con la propria statua, opera di Annibale Caccavello e di Gian Domenico d'Auria.
Il 22 sett., 1544 il C., che il 7 marzo aveva donato una rendita annua alla casa dell'Annunziata, fu incaricato dal viceré di provvedere allo studio della bonifica delle paludi site nei pressi di Napoli. Nel 1547, durante i disordini, che, generati dal sospetto dell'introduzione dell'Inquisizione spagnola, agitarono la città, il C. fu un attivo sostenitore delle tesi del viceré che respingeva le diffidenti accuse dei Napoletani. L'anno dopo fu insignito dell'Ordine di S. Giacomo della Spada.
Il C., che aveva sposato, dopo averla rapita, nel 1515, la cugina, Giulia della Leonessa, erede di un notevole patrimonio, aveva avuto da lei, oltre a Beatrice, Diana e Lucrezia, un unico figlio maschio, Galeazzo; il quale, abbracciata la dottrina evangelica e fuggito a Ginevra nel luglio del 1551, pose a repentaglio la fortuna della famiglia. Il C., dopo aver inviato al figlio un cugino nel tentativo di convincerlo a tornare alla fede avita, lo incontrò invano nel maggio del 1553 a Verona. Ottenuto dall'imperatore che i feudi e la fortuna tutta, escludendo l'eretico, pervenissero ai figli di lui, nel giugno del 1555 incontrò di nuovo con lo stesso risultato negativo Galeazzo a Mantova; né altro ottenne durante un soggiorno che il figlio fece a Vico nel 1558.
Morto nel febbraio del 1562, il C. fu seppellito nella cappella da lui fatta edificare nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara.
La poetessa Laura Terracina gli aveva dedicato i suoi Discorsi sulle prime ottave del Furioso del 1550 e le Seste rime del 1558.
Fonti e Bibl.: N. Balbani, La vie du marquisGaléace Caracciolo, Genève 1681, pp. 1-6, 8, 41 s., 92-96, 104-10, 124; Privilegii et capitoli con altre gratie concesse alla fid.ma città di Napoli et Regno per li ser.mi ri de la casa de Aragona, Milano 1720, pp. 179, 181-83, 185; Breve trattato... per l'andata del mag.co Giov. Paolo Coraggio, in Raccolta..., a cura di G. Gravier, VI, 4, Napoli 1769, p. 25; G. Rosso, Ist. delle cose di Napoli..., ibid., VIII, 2, Napoli 1770, pp. 29, 44, 56, 58; G. De Spenis, Breve cronica…, a cura di B. Capasso, in Arch. stor. per le prov. napol., II (1877), p. 523; J. E. Martinez Ferrando, Privilegios ortogados per el emper. Carlos V…, Barcelona 1943, p. 56; L. Amabile, Il Santo Officio..., I, Città di Castello 1892, pp. 201, 205 s.; A. Filangieri di Candida, La chiesa e il monast. di S. Giovanni a Carbonara, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., IX (1923), pp. 69-73, 76 s.; B. Croce, Vite di avventure,di fede e di passione, Bari 1947, pp. 190-96, 199, 201, 225-30, 276; F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tav. VIII.