CLOROPLASTO
. Importanti informazioni sono scaturite dalle ricerche degli ultimi anni circa l'origine, la morfologia e l'infrastruttura, la composizione chimica dei cloroplasti, che sono gli organi fotosintetici delle piante verdi. Già la microscopia ottica ne aveva rivelato una minuta struttura granulare, determinata in modo incerto, ma confermata da successive osservazioni in luce fluorescente, le quali hanno permesso di stabilire la presenza nel cloroplasto di grani, nei quali è concentrato il complesso pigmentario e che perciò dànno fluorescenza, e di uno stroma o sostanza fondamentale del plastidio, che non contiene pigmenti e resta oscuro. I grani sono disposti, in seno allo stroma, in gruppi paralleli all'asse maggiore del cloroplasto (v. fig. nel testo).
La microscopia elettronica ha messo in evidenza una substruttura lamellare dell'intero cloroplasto, già supposta da S. Strugger con osservazioni in luce polarizzata, e l'esistenza di due tipi di cloroplasti (v. tav. f. t.): quelli in cui permane la struttura lamellare e quelli a struttura granulare-lamellare (o più semplicemente granulare), che sembrano essere proprî delle piante superiori. In questi ultimi, i grani sono costituiti di gruppi regolari e serrati di cilindretti appiattiti, ordinati in pile e discoidali, di diametro uniforme nelle singole specie. In Zea mays ogni disco misura ca. 5000 Å di diametro e ca. 150 Å di spessore. Tra un grano e l'altro si osservano più sottili e meno dense lamelle intergranulari, che collegano i grani tra loro. Diversi autori ammettono l'esistenza di proplastidî, precursori dei veri plastidî. Le lamelle sembra si formino per coalescenza di numerose vescicole che si osservano nei primi stadî dell'ontogenesi del plastidio, sotto la membrana plastidiale. Esse rappresentano l'unità strutturale fondamentale della architettura submicroscopica del plastidio. In alcune zone del plastidio che si evolve a cloroplasto le lamelle divengono, ad un certo punto dello sviluppo del plastidio stesso, più spesse e fitte e dànno luogo alla formazione dei grani, che sono perciò differenziazioni locali sviluppantisi da sistemi di lamelle doppie, comparse più precocemente in seno allo stroma. I sacculi discoidali (o dischi) che, riuniti in pila, formano i grani sarebbero, secondo A. Frey Wissling ed E. Steinmann, doppî foglietti di proteine globulari rigonfiabili con acqua e tenuti insieme da strati di molecole di clorofilla, carotenoidi, ficobiline, fosfolipidi e lipoidi. Nel c. si trovano i centri enzimatici interessati alle prime fasi della catena di reazioni del processo fotosintetico e ciò permette, atteso l'alto grado di organizzazione del plastidio, di mantenere uno stretto legame tra questi centri, che operano nella fase oscura della fotosintesi, e quelli in cui sono concentrati i pigmenti clorofilliani implicati nella fissazione, trasferimento e conversione dell'energia solare; inoltre il c. contiene elementi minerali, ecc. Allo stato naturale, nei cloroplasti, i pigmenti fotosintetici sarebbero dunque legati a proteine o a lipoprotidi ed una della funzioni di questi complessi cromoprotidici è evidentemente quella di realizzare le condizioni affinché i pigmenti possano funzionare, ad esempio stabilendo qualche definita disposizione spaziale. La facile fissabilità con acido osmico depone nel senso che tali complessi siano concentrati soprattutto nelle lamelle e specialmente nei grani. La struttura di questi risponde sia all'esigenza di rendere possibile la fotosintesi nel mezzo acquoso della cellula, sia alla necessità di assicurare una vasta superficie attiva, sia, infine, all'esigenza di mantenere le distanze molecolari alle quali è possibile un efficiente trasferimento di energia e di facilitare il trasporto dei prodotti fotosintetici ai luoghi di accumulo che sembrano localizzati, per l'amido primario, nei canali interlamellari dello stroma del cloroplasto. Vedi tav. f. t.
Bibl.: R. Buvat, in Ann. Sc. Natur., 11ª serie, XIX (1958), p. 121; A. Lange, ibid., p. 165; L. Caporali in C. R. Ac. Sc., 246 (1958), p. 1263; F. Mercer, in Ann. Rev. Plant Physiol., XI (1960), p. 1.