MONET, Claude-Oscar
Pittore, nato a Parigi il 14 febbraio 1840, morto a Giverny (Eure) il 6 dicembre 1926. A Le Havre, dove trascorse l'infanzia, conobbe E. Boudin e scoprì per caso le stampe giapponesi presso una tabaccaia che di quei fogli di Hiroshige e di Hokusai (allora del tutto sconosciuti) si serviva come carta da involgere. A sedici anni espose la prima volta col Boudin a Rouen. L'anno seguente (1857), si recò a Parigi dove frequentò il paesista Troyon. Entrò quindi all'École des beaux-arts nello studio del Gleyre. Vi rimase molto brevemente, ma vi strinse amicizia con Renoir, Sisley e Bazille, che dovevano formare con lui il gruppo dei pittori impressionisti. Il primo quadro che mandò al Salon, La Seine à Honfleur (1865), passò inosservato. Fece frequenti ritorni a Le Havre (sei viaggi, dal 1864 al 1882) e subì potentemente l'influsso del Courbet. Tra le opere di questo periodo sono da citare: Le déjeuner sur l'herbe (1866, Luxembourg); Camille ou la robe verte (museo di Brema); La robe japonaise; Femmes au jardin (1867, Louvre). Nel 1871, durante la guerra franco-prussiana, il M. si recò a Londra col Pissarro. L'influsso del Turner fu decisivo. È a Londra che il pittore scoprì il principio della divisione del tono; principio che doveva esser l'origine del suo peculiare linguaggio, delle sue scoperte e del suo lirismo.
Nel 1874 espose dal Nadar insieme col gruppo di pittori (Manet, Degas, ecc.), che da allora furono detti impressionisti. In seguito, nel decennio 1876-86 le esposizioni ebbero luogo nella galleria Durand-Ruel. Del resto, il M. viveva solitario, immerso in un lavoro accanito, prima ad Argenteuil (1866), poi a Vétheuil (1878), e facendo di tanto in tanto viaggi di studio: Belle-Isle (1886), Riviera ligure (1887), Antibes (1888), la Creuse (1889). Fu in quell'epoca, dopo venticinque anni di sforzi, che, in seguito a un'esposizione d'insieme nella galleria Georges Petit, il M. raggiunse la fama.
Nel 1883 s'era stabilito a Giverny, presso Vernon, nella valle della Senna, alle porte del Vexin e della Normandia, dove rimase fino alla morte. In tale periodo il M. inaugurò ciò che è stato chiamato le sue "serie", cioè pitture in cui un medesimo motivo è riprodotto sotto tutte le luci, in tutte le ore del giorno; si potrebbero chiamare poemi dell'atmosfera: le Meules (1890-91), i Pioppi, la Cattedrale di Rouen e infine le Ninfee, studî di piante e di riflessi nell'acqua, che divennero il tema delle sue fantasticherie. Nel 1895 fece un viaggio in Norvegia; nel 1901-3 soggiornò di nuovo a Londra e nel 1908 a Venezia. Da allora non lasciò più il suo giardino e non fece che dipingere fiori, cieli e acqua. L'ultima opera, eseguita dal maestro ottuagenario, fu l'ampia decorazione da lui lasciata alla città di Parigi (Aranciera delle Tuileries). Unico soggetto di quest'opera è la storia del giorno, il ritratto del cielo nello specchio d'uno stagno in cui fiorisce il loto e passa il sogno fluido della vita.
L'importanza del M. nella storia della pittura del sec. XIX è grandissima. Egli ne fu il vero animatore; fu lui a fornirle il suo vocabolario e la sua ricchezza di trovate tecniche: aria aperta, pittura chiara, divisione del tono, eliminazione delle ombre, sostituzione dei neri con tinte azzurre, porpora, violette, studio rigoroso dei colori complementari. Ma si può anche dire che contro il M. s'è appuntata tutta la reazione sintetica, seguita così presto all'impressionismo e rappresentata, fin da prima del 1890, dai nomì di Cézanne, Cros, Seurat, Gauguin e van Gogh. Forse le più solide tra le sue opere sono quelle dipinte in gioventù, prima che fosse in possesso della sua poetica peculiare: paesaggi come il Saint-Germain-l'Auxerrois (1867, Berlino), la Natura morta della collezione Moreau-Nélaton e certe figure di donna sono opere d'un pittore quasi uguale a Corot e a Courbet. Infine, pochi artisti hanno saputo come lui rendere il fascino di un fiume (Ponte d'Argenteuil; Regate d'Argenteuil, Louvre), lo splendore verginale della brina (la Débacle, Louvre) o comporre come lui una féerie con dei raggi, della polvere e del fumo (Gare Saint-Lazare). Tele del M. si trovano in quasi tutti i musei d'Europa e d'America. Non si conoscono, tra le sue opere, né disegni né incisioni: fu il pittore puro, che al mondo non volle conoscere nulla all'infuori della luce e del colore.
Bibl.: Th. Duret, Le peintre C. M., Parigi 1880; G. Geffroy, C. M., son oeuvre, sa vie et son temps, Parigi 1922; G. Clemenceau, C. M., Parigi 1928; F. Fosca, C. M., Parigi 1928; W. Grohmann, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXV, Lipsia 1931 (con bibl.).