Claude Monet
Alla ricerca di effetti di luce e di atmosfera
Monet è stato il protagonista dell’impressionismo. Ha dedicato la vita a ricercare le sfumature di colore che percepiva nell’atmosfera delle città, delle campagne, dei porti. Come un cacciatore armato di pennelli, girava per catturare cieli, nuvole, pioggia, onde, fino a quando allestì un suo personale paradiso nella casa di Giverny, dove aveva creato una natura esclusiva per i suoi occhi, minacciati dalla cecità
Claude Monet nasce nel 1840 a Parigi. Si interessa presto alla pittura dal vero, en plein air («all’aria aperta») e, grazie al pittore Eugène Boudin, impara a ritrarre la vivacità della natura, sviluppando una non comune capacità di osservazione.
L’incontro decisivo per la sua carriera è quello con il pittore Édouard Manet. Di otto anni più vecchio di lui, Manet è già capostipite, suo malgrado, degli artisti desiderosi di allontanarsi dalle rigide regole delle accademie d’arte. Manet aveva scandalizzato i Parigini per aver dipinto in modo non convenzionale un pic-nic in campagna. Nel 1866 Monet lo omaggia con un’opera che porta lo stesso titolo di quella contestata, Colazione sull’erba. Entrambe le opere si staccano dalla pittura teatrale e accademica che era in voga all’epoca, perché inondate di luce, l’elemento naturale che determina il nostro modo di guardare le cose. Monet si spinge poi alla ricerca di ogni variazione di luminosità, ogni sfumatura e riflesso di colore che la natura gli presenta davanti agli occhi.
Caparbio e convinto delle sue intuizioni, Monet organizza una mostra con un gruppo di artisti guidati da nuove idee. Così, nel 1874, nasce l’impressionismo. Monet espone un quadro che ha come soggetto un’alba nel porto di Le Havre, città dove aveva vissuto da piccolo. Non sapendo come intitolare l’opera la chiama semplicemente Impressione. Sole nascente, titolo da cui i critici prendono lo spunto per chiamare impressionisti tutti i partecipanti alla mostra. Anche a Monet non vengono risparmiate critiche, per il suo modo di raffigurare il paesaggio, considerato impreciso.
Monet, di certo, è capace di disegnare con esattezza delle barche in un porto, ma il suo intento è quello di dare l’impressione visiva di un istante con piccoli tocchi di colore e rapide pennellate, senza mettere a fuoco i dettagli, come se tutto fosse visto in un colpo d’occhio. Molti luoghi sono divenuti celebri grazie ai suoi quadri: la Normandia, Antibes, Argenteuil sulla Senna.
Chi conosceva Monet sapeva di poterlo trovare al lavoro in ogni situazione climatica, nello sforzo di cogliere anche la minima sfumatura di colore in un paesaggio, durante lo scorrere delle ore dall’alba al tramonto. Lo scrittore Guy de Maupassant racconta che «una volta prese tra le mani un temporale che batteva sul mare e lo gettò sulla tela: e quella che aveva così dipinto era proprio la pioggia».
Per rincorrere un soggetto mutevole come l’atmosfera, Monet dipinge con grande rapidità su diverse tele contemporaneamente, in gara con il movimento della luce. Volendo ritrarre, per esempio, la Cattedrale di Rouen, comincia una tela al primo mattino e, man mano che la luce varia e l’immagine si modifica, passa alla tela accanto, fino ad avere alla fine della giornata lo stesso soggetto ripreso in tanti momenti e tonalità di colore: produce così alcune ‘serie’ di quadri che raffigurano, oltre alla cattedrale di Rouen, pioppi e pagliai. Intorno al 1880 Monet acquista una casa a Giverny, sulla Senna. Vi fa realizzare un giardino rigoglioso con un laghetto pieno di ninfee. È lì che si dedica alla serie delle Ninfee, dipingendo queste piante acquatiche con lunghe e filamentose pennellate: sono quadri in cui il soggetto quasi si perde nella composizione. E anche lo spettatore si smarrisce osservando le grandi tele che danno l’impressione di trovarsi in mezzo al giardino, nell’acqua.
Il ciclo pittorico delle Ninfee non fu terminato a causa della morte dell’artista, ormai quasi cieco, avvenuta nel 1926.