AURIGNACIANA, CIVILTÀ
. Il nome è tratto dalla caverna di Aurignac, nell'Alta Garonna, in Francia, scavata dal geologo Edoardo Lartet nel 1861.
Generalità. - Nella regione franco-cantabrica s'inizia con questa fase, dopo il vero e proprio Paleolitico, una nuova età che si disse in Francia Paleolitico superiore, espressione corrente ma trovata erronea dagli stessi autori francesi (Breuil, De Morgan, ecc.). È la lunga età miolitica, di cui l'aurignaciano è una facies. Si credette dapprima che avesse valore universale, applicabile a tutti i paesi della terra: si riconosce oggi che altre regioni del bacino mediterraneo ebbero facies locali corrispondenti, ma non identiche.
La civiltà aurignaciana ebbe nella regione franco-cantabrica, dove si svolse e fu meglio studiata, una straordinaria importanza. Si credette che fosse l'apporto di una nuova razza umana.
Si ebbero allora le prime manifestazioni artistiche e quindi si può parlare, in senso etnologico, di una forma di civiltà primitiva, mentre della vita dell'uomo nei tempi precedenti nulla, o quasi, possiamo dire. Si occuparono allora i ripari sotto le rocce e le caverne; gli uomini vissero di caccia e di pesca, specialmente cacciarono il renne nell'Europa occidentale: questo giunse appena alle frontiere dell'Italia e della Spagna. Si ebbero il culto dei morti e forse anche idee religiose. Talune sculture e le sepolture dimostrano che l'uomo amò gli ornamenti della persona, sconosciuti per l'innanzi.
Il quadro della vita di quelle genti è ricostruito su diverse serie di materiali da esse abbandonati, dei quali, naturalmente, la serie più abbondante è quella litica, poiché siamo ancora in una fase antica della pietra scheggiata. Poiché specialmente sugli oggetti di pietra si fondarono i criterî per riconoscere la stratigrafia, conviene darne un cenno.
Già nel suo complesso la litotecnica attesta una variazione avvenuta nell'industria, perché non sono più soltanto schegge silicee, ma una straordinaria quantità di laminette sottili, strette e svelte, che allora si produssero tanto che questa fu anche detta l'età dei coltelli. Si adattarono le lame, o i loro frammenti, ritoccandole, cioè scheggiandole col metodo della pressione. Il minuto e spesso accurato ritocco aurignaciano è tuttavia distinguibile dal ritocco neolitico perché restò basso e si applicò solo sui margini della faccia superiore, senza estendersi a tutta la faccia.
Si possono riconoscere diverse categorie di oggetti litici: lame, raschiatoi e cuspidi di varia forma, coltelli, punteruoli, bulini.
Nella serie degli oggetti ossei, sono caratteristiche le cuspidi con base fenduta, foggia che perviene alle caverne del nord della Spagna, dei Balzi Rossi (Bausse Russe) in Liguria (sola località, fin qui, presso di noi) a Ofnet in Baviera. È nell'Aurignaciano che deve cercarsi l'origine di quei singolari e misteriosi bastoni di comando con fori circolari, ricavati da corna di renne. Ma mentre quelli dell'età magdaleniana sono elegantemente decorati con incisioni i più antichi, gli aurignaciani, sono lisci (es. Riparo Blancard, presso Sergeac, nella valle della Vézère, Francia).
Gli adornamenti corporali sono svariati. Più spesso sono conchigliette marine forate, che dimostrano rapporti di queste famiglie con quelle abitatrici delle rive marine. S'infilavano in un tendine per farne collane e braccialetti e si cucivano sui caschi di pelle o sui vestiti (sepolture dei Balzi Rossi). Allo stesso scopo si adoperavano denti d'orso forati, vertebre di pesce, perle o laminette di avorio punteggiate e incise. Probabilmente gli aurignaciani dipinsero il corpo, come si può ritenere dall'ocra rossa che si trova in talune sepolture.
Altri oggetti, come laminette d'avorio con intagli, pietre con incisioni cupelliformi, ecc., sono d'uso ignoto o malsicuro. Può darsi che taluni avessero attinenza con pratiche magiche o religiose.
Arte aurignaciana. - Gli aurignaciani praticarono la scultura, l'incisione, la pittura. Queste primissime manifestazioni artistiche hanno un carattere spiccatamente naturalistico, che insieme le lega, nonostante la loro area di dispersione.
Nella stazione di Laussel (Dordogna) il Lalanne trovò quattro bassorilievi, e due frammenti, rappresentanti la figura umana: uno è maschile, tre altri femminili con caratteri steatopigici, petto africano. Due incisioni femminili steatopigiche si trovarono nel 1925 nella Grotta David, ai Cabrerets (Lot, Francia). Nella Grotta del papa a Brassempouy (Landes) il Piette aveva precedentemente raccolto diverse statuette d'avorio di cui tre femminili e steatopigiche. È notevole una piccola testa femminile coperta, pare, da una specie di cappuccio, con occhi, narici, bocca ben segnati dal colore.
Straordinaria è la statuetta femminile d'avorio, uscita dalla Grotta des Rideaux a Lespugne nella Garonna, in Francia, che, per le note di un'esagerata steatopigia, si collega con le altre aurignaciane. Non sono segnati i particolari della testa. Statuette, per lo più in frammenti, si raccolsero nelle stazioni aurignaciane, nel Belgio, al Trou Magrite, presso Pont-à-Lesse; in Germania presso Magonza a Lisemberg; in Moravia a Brno e Předmostí; nella Bassa Austria a Willendorf, località questa assai importante per la sicurezza del giacimento. La famosa Venere di Willendorf, alta cm. 11, è di calcare eolitico, manca dei piedi: tozza, steatopigica, ha ben rappresentati i capelli, ma non segnati i tratti del viso.
L'idoletto d'avorio di Brno è maschile, appiattito, con accenno del sesso, senza gli arti: assai più rozzo e incompleto delle statuette citate (alt. cm. 21). L'importantissima ed estesa stazione morava di Předmostí, ha dato alcune statuette rozze che rappresentano persone sedute, e furono ricavate da mesacarpiani e metatarsiani di mammut (alt. media cm. 13). Un'altra statuetta eburnea, appiattita, rappresenta il mammut: una laminetta d'avorio presenta incisa, molto stilizzata, la figura femminile. Fu ravvicinata alle precedenti, ma non è di vero orizzonte aurignaciano, la statuetta femminile, acefala, d'avorio (cm. 8), della stazione dei cacciatori di mammut a Kostienki sul Don, nella provincia di Voronež, che è il termine più orientale di similì trovamenti.
Per l'Italia, si considerano come provenienti dai celebri antri dei Balzi Rossi; presso Mentone, cinque statuette femminili e un frammento, tutte di steatite. Non essendosi ottenute da uno scavo regolare, se ne contestò la pertinenza: comunque esse si legano così strettamente alle precedenti, che non potrebbe negarsene né l'autenticità nè l'attribuzione all'arte aurignaciana: colpisce la loro rassomiglianza con l'idolo di Lespugne.
Intorno al 1922 il Graziosi donava al museo preistorico di Roma un idoletto trovato, facendosi uno scasso, a Savignano sul Panaro (Modena), idoletto che sollevò molte discussioni. È di serpentino steatitoso ed è il maggiore dei finora noti, raggiungendo cm. 22,5. È figura femminile steatopigica, senza testa distinta. In suo luogo, l'estremità cefalica si appunta a guisa di cono; manca di braccia; termina ai ginocchi. Giustamente fu ritenuta affine alle precedenti, ma il saggio di scavo non dette risultato.
Le sculture aurignaciane sono quasi sempre femminili, steatopigiche.
Gli aurignaciani conobbero anche l'incisione e la praticarono sulle pareti di talune grotte o su ciottoli.
La pittura è di rado rappresentata da frammenti di pietra con pitture di animali monocrome o bicrome (riparo di Sergeac). Per lo più essa spetta alla cosiddetta arte parietale la cui evoluzione fu studiata dal Breuil nelle caverne francesi e spagnole: dobbiamo ripetere che è l'alba di questa produzione che si affermerà poi splendida nel Magdaleniano. Osservando la sovrapposizione delle incisioni e delle pitture, il loro stile e la tecnica, il Breuil poté stabilire due fasi artistiche, l'una primitiva, l'altra più progredita corrispondenti rispettivamente all'Aurignaciano inferiore e superiore.
Storia e stratigrafia. Forse nessun'altra età preistorica ha sollevato così ardenti dispute come la concezione dell'Aurignaciano; il che è spiegato dall'osservazione che se il fondo industriale di questa età è ben omogeneo e caratterizzato, taluni degli oggetti ritenuti tipici attenuano i loro caratteri o si perdono allontanandosi dai depositi dell'Europa occidentale, dove questa civiltà fu meglio studiata. Anche la stratigrafia in talune regioni presenta difficoltà per la mancanza di uno strato solutreano distinto, come avviene in Italia e in quasi tutta la Spagna.
Il Lartet, intorno al 1865, aveva distinto il livello di Aurignac, ponendolo prima di quello di Solutré. Il De Mortillet accettò dapprima coteste vedute, poi considerò l'Aurignaciano di età posteriore, intercalandolo tra il Solutreano e il Magdaleniano, poi lo fece scomparire dalla sua classificazione. Furono il Cartailhac, e specialmente il Breuil, che molti anni più tardi risollevarono l'Aurignaciano dall'oblio e con una serie di lavori fondamentali basati sopra le osservazioni stratigrafiche di molte stazioni francesi, tra le quali principali quelle di Ruth (Dordogna), della caverna del Roc (Charente) e del riparo Laussel (Dordogna) ne sostennero la precedenza cronologica sopra il Solutreano.
La sovrapposizione del Solutreano all'Aurignaciano appare altresì con sicurezza in alcune caverne spagnole della parte più settentrionale della penisola, e cioè nelle caverne del Castillo e di Morin (Santander) e nella caverna de la Mina, nelle Asturie.
Periodi. - Gli autori francesi hanno potuto distinguere tre fasi successive nella civiltà aurignaciana, attraverso le quali è stata soprattutto attentamente seguita l'evoluzione della tecnica litica. 1. Aurignaciano inferiore, da prima studiato ad Aurignac e a Chatelperron, di cui l'oggetto più caratteristico è il coltello di Chatelperron sul quale il ritocco è applicato solo su un lato, che è arcuato; 2. medio, caratterizzato dalle lame "strangolate" cioè con doppia, ampia intaccatura sui due lati, e dalle punte d'osso a base fenduta. Compaiono i raschiatoi carenati, ancora poco curati, e i bulini d'angolo. Appare il disegno e la figura a fresco (stazione tipica di La Ferrassie); 3. superiore, con le piccole punte della Gravette, che hanno un fianco abbattuto dal ritocco, ma diritto: vi appartengono le cuspidi peduncolate di Font Robert, veri inizî della cuspide di freccia che si perfezionerà in epoca posteriore: abbondano i piccolissimi strumentini o microliti. Gli oggetti ossei talora si avvicinano a quelli dell'antico Magdaleniano.
Sepolture. - Per lungo tempo si negò ai paleolitici l'uso di seppellire i morti.
Oggi il rito si fa risalire fino all'epoca di Le Moustier. La questione fu risoluta con gli scavi eseguiti nelle famose Grotte di Grimaldi, presso Mentone. Il Boule, modificando alquanto le sue precedenti vedute, ascrive ora (Les hommes fossiles, 2ª ediz.) all'Aurignaciano la duplice sepoltura inferiore scavata alla profondità di m. 8.50. Le constatazioni eseguite in cotesta località hanno illuminato precedenti dispute. Si ritengono come probabilmente aurignaciane alcune delle sepolture di Cro-Magnon, nella Dordogna in Francia. Della stessa età sono probabilmente: l'uomo "schiacciato" sotto un blocco roccioso trovato a Laugerie-Basse, di fronte a Cro-Magnon, sull'opposta riva della Vézère, e l'altro trovato nel riparo Duruthy a Sorde, in uno strato paleolitico.
Più di recente, nel 1914, il Hauser trovò a Combe-Capelle nella Dordogna uno scheletro sepolto con ornamenti di conchiglie marine; su di esso il Klaatsch fondò la sua razza H. aurignacensis, che è forse una varietà, con caratteri etiopici, di quella di Cro-Magnon.
Nel 1913 il Sollas riprendeva in esame lo scheletro della famosa Dama rossa di Paviland così detto dalla caverna del Gallese in cui si era scoperto nel 1823. Certo fu una sepoltura, come dimostrano la colorazione delle ossa e gli oggetti di corredo (una punta ossea; due frammenti d'avorio; conchiglie ornamentali). Secondo il Sollas, lo scheletro sarebbe maschile e risalirebbe all'Aurignaciano. Sono pure da riportarsi a questa età le sepolture morave di Brno e di Predmostí. La prima conteneva uno scheletro, maschile, giacente in un letto di ocra, come in talune sepolture dei Balzi Rossi a Mentone, con un ricco corredo: circa seicento frammenti di conchiglie di Dentali, dischi d'avorio, forati o incisi, e un idoletto d'avorio, maschile, già ricordato. Nella vasta stazione di Předmostí, il Maschka, nel 1894, scopriva una sepoltura collettiva contenente 14 scheletri completi e resti di altri sei, racchiusi entro un circolo di pietre. Uno scheletro di ragazzo aveva una collana di perle d'avorio. La sepoltura è di età aurignaciana, perché è anteriore allo strato principale, ritenuto del Solutreano. Meno sicura è l'appartenenza all'Aurignaciano degli scheletri di Obercassel, presso Bonn, nella provincia renana.
Fauna. - Nei tipici depositi aurignaciani, la fauna calda dei grandi mammiferi è sparita, a eccezione del rinoceronte di Merck, e si riscontra la fauna propria del Quaternario superiore, con elementi arcto-alpini che attestano il refrigerarsi del clima.
Posizione geologica. - È assolutamente fuori dubbio, specialmente per le ricerche nelle caverne dei Balzi Rossi e in quelle piü settentrionali della Spagna, che l'Aurignaciano riposa sugli strati musteriani.
Distribuzione geografica. - Dopo il 1906 si ripresero in esame vecchie scoperte, altre nuove e cospicue se ne aggiunsero, estendendo assai l'area di questa civiltà, che il Lartet aveva creduto regionale; l'espressione più caratteristica e sicura di essa è ancora nell'Europa occidentale.
Dietro le indagini dei dotti francesi, si possono costituire due grandi provincie: provincia europea, che comprende la Francia, con il nord della Spagna, il Belgio, l'Inghilteira, la Germania, l'Austria inferiore, la Polonia, la Romania, la Moravia; provincia mediterranea, che comprende tre centri distinti, e cioè l'Africa Settentrionale, la Siria-Palestina e probabilmente l'Italia.
Per l'Italia, nel periodo del maggior fervore degli studî sull'Aurignaciano, qualche autore sostenne l'esistenza dei tre distinti periodi, riconosciuti nella regione fianco-cantabrica. Si attribuì all'Aurignaciano inferiore la caverna dì Pocala e di Gabrovitza nel Carso triestino, con fauna fredda a carattere piuttosto alpino che nordico, e quella di Equi, presso Fivizzano nelle Alpi Apuane, e lo strato medio della grotta di Cucigliana (Pisa); all'Aurignaciano medio gli strati D-I della Caverna dei bambini a Mentone, e dubitativamente la Grotta di Velo nella provincia di Verona e dei Poti nelle Alpi Apuane; si ritenne dell'Aurignaciano superiore la Grotta Romanelli (Otranto). Si riportarono all'Aurignaciano alcuni giacimenti all'aperto della Chiocciola a sud di Troghi nell'alto Valdarno.
Il Breuil e il Cartailhac avvicinarono l'industria degli strati superiori dei Balzi Rossi a quella di Termini Imerese (Palermo), come un Aurignaciano attardato e speciale, credendo che "la civiltà aurignaciana si fosse prolungata, con aspetti speciali, durante i tempi nei quali si svolgeva in Francia, in Spagna e nell'Europa centrale" (Breuil); oppure come "una specie di Aziliano contemporaneo della bella età del renne francese" (Cartailhac).
Negli ultimi tempi, in coteste stazioni e in altre ora scoperte, si è riscontrata una fase di civiltà propria dell'Italia, grimaldiana, come è ormai riconosciuto anche da insigni studiosi stranieri, quali il Boule, il Vaufrey e il Menghin.
Allo stato attuale delle conosccnze è lecito domandarci se non siano avvenuti in Italia fenomeni analoghi a quelli riscontrati nella Penisola iberica. Per vero, a detta dell'Obermaier, i fenomeni del Quaternario superiore si complicano nella Spagna centrale e meridionale, dove non appare il Solutreano, né il vero Aurignaciano: questo vi è sostituito da una civiltà analoga al Capsiano africano che si disse Ibero-capsiano e corrisponde al Grimaldiano: l'Aurignaciano tipico compare solo nelle caverne del nord della Spagna. Così forse avvenne in Italia, poiché mentre è indubitabile che la civiltà delle caverne di Mentone, post-mousteriana, si collega a quella tipica di Aurignac con la punta ossea a base fenduta, unico trovamento fin qui in Italia, col renne e col mammut, lo strato sicuro con l'abbondanza dei microliti e l'assenza della cuspide a tacca sembra in qualche modo legarsi all'industria capsiana superiore.
Origine della civiltà aurignaciana. - L'analogia delle industrie litiche dell'Aurignaciano e del Capsiano, i caratteri dell'arte figurativa durante tutta l'età del renne, la steatopigia delle statuette e delle sculture a basso rilievo, aurignaciane, taluni dati antropologici, indussero a sostenere la geniale e attraente idea della derivazione della civiltà aurignaciana dall'Africa, massime dalla civiltà capsiana.
Certo nei due centri, aurignaciano e capsiano, la produzione litica è la stessa: è sempre l'industria delle lame strette e svelte con gli oggetti da esse derivati. Qualche lieve differenza, secondaria e trascurabile, può dipendere dalla vita diversa degli abitatori dell'alta Garonna o della Dordogna in confronto con quella dei mangiatori di chiocciole delle escargotières dì Tebessa o degli abitatori delle colline della Tunisia meridionale e degli scavatori di selce.
Il Breuil, il Cabré, il Serrano, con grande perizia raccolsero i documenti dell'arte rupestre dipinta nella Spagna orientale, specialmente nella valle inferiore dell'Ebro, a Cogul, ad Alpeda, a Minatede, dimostrando che essa rappresenta un'evoluzione parallela a quella delle caverne francesi dì età magdaleniana; inoltre il Breuil indicava i suggestivi raffronti per la tecnica, per lo stile, per i soggetti di caccia preferiti, con i freschi degli antichi Boscimani, che invece il Peringuey attribuisce a un ramo degli Ottentotti. Peraltro, il materiale spagnolo discende dopo l'età aurignaciana; più tardo ancora è quello dei Boscimani. Furono poste a confronto le rocce incise dell'Africa Settentrionale, specialmente dell'Oranese meridionale e della regione sahariana, nelle quali il Flamand distinse due gruppi: moderno l'uno o libico-berbero, con stile assai schematizzato; preistorico l'altro, con la rappresentazione del bufalo antico, che dovette estinguersi alla fine del Quaternario, e di altri animali che, non potendo vivere nelle odierne condizioni del deserto, attestano un cangiamento avvenuto nel clima della regione. L'Obermaier, che ha studiato il materiale del Frobenius, considera cotesta arte prodotto africano, indipendente dalla penisola spagnola, ma vede invece una coincidenza stilistica tra l'arte dell'oriente della Spagna e quella dei Boscimani, coincidenza, secondo lui, dovuta ad analoghe condizioni di vita. Per il Boule, invece, quasi ininterrotta è la catena dalla Francia all'Africa australe mediante la Spagna, l'Africa del nord, il Sudān, il Ciad, il Transvaal. Il Piette, il Lalanne, il Boule sostennero l'esistenza di una razza steatopigica nell'età aurignaciana, con caratteri affini a quelli della Venere ottentotta (v. steatopigia). Il Boule inoltre rilevava i caratteri negroidi della "razza di Grimaldi", riconosciuti anche dal Giuffrida Ruggeri in un cranio di Cro-Magnon, e prima di ogni altro dall'Incoronato, in scheletri delle caverne liguri, e concluse supponendo che gli Aurignaciani e gli antichi Boscimani fossero come due branche distaccate da un tronco comune, sorto nell'Africa. Le due branche, divergendo verso il nord o verso il sud, avrebhero mantenuto un fondo comune di sopravvivenze etnografiche. Ma se non tutti gli autori accettano integralmente queste conclusioni, l'idea d'una derivazione della civiltà aurignaciana dall'Africa Settentrionale, forse dal Capsiano, guadagna terreno: le nuove ricerche la illumineranno di nuova luce, chiarendo i rapporti che essa ebbe con l'Egitto, con la Siria-Palestina, con l'Italia, dove si svolsero culture affini: sebiliana, anteliana, grimaldiana.
Bibl.: Ed. Lartet e H. Christy, Reliquiae aquitanicae, being contributions to the archeol. and palaeont. of Périgord, etc., Londra 1865-75, con atlante; P. Girod ed E. Massénat, Les stations de l'âge du renne, ecc., Stations solutréennes et aurignaciennes, Parigi 1888; G. De Mortillet, Matériaux pour l'hist. de l'homme, III, p. 191; V, p. 458; VI, p. 172; VII, p. 464; H. Breuil, Les gisements présolutréens du type d'Aurignac, in Congrès d'archéol. et d'anthrop. préhist., XIII sessione, Monaco 1906, I; id., La question aurignac. (stratigraphie comparée), in Rev. préhist., II (1907); id., L'aurignacien présolutréen, ibid., IV (1909); id., Les subdivisions du paléolith. supérieur, in Congrès d'arch. et d'anthr. préhistorique, XIV sessione, Ginevra 1912, I; L. Didon, L'abri Blanchard (Sergeac), ibid., Ginevra 1912, I; E. Pittard e R. Montandon, Outillage de la station Durand-Ruel, etc., ibid., Ginevra 1912, I; G. Lalanne, Bas-reliefs... de l'abri de Laussel, ibid., Ginevra 1912; Bourlon, Station préh. de Malnaigre (Marquay); stratigraph. de l'aurignacstratigraph de l'aurignac., in Rev. anthrop., XXIII (1913); L. Capitan e D. Peyrony, Station préhistorique de la Ferrassie (Savignac-du-Bugne), in Rev. anthr., XXII (1912); J. Szombathy, Die Aurignacienschichten im Loess von Willendorf, in Gesellsch. f. Anthropologie, Ethnologie und Urgeschichte, XL (1909); J. Strobl e H. Obermaier, Die Aurignacienstation von Krems, in Jahrbuch f. Altertumskunde, 1909; F. Kiessling, Die Aurignacienstation im Grübgraben bei Kammern in Niederösterreich, in Mitteil. d. Anthrop. Gesell. in Wien, 1919; J. De Morgan, L. Capitan e V. Bondy, Études sur les stations préh. du Sud-Tunisien, in Rev. de l'École d'anthrop., XX (1910); XXI (1911); Ch. Maschka, H. Obermaier e H. Breuil, La statuette du mammouth de Predmost, in L'Anthrop., XXIII (1912); E. Cartailhac, Les Grottes de Grimaldi, II, Parigi 1912; A. Mochi, Success. des ind. paléolit. etc., in Congrès, etc., XIV sessione, Ginevra 1912, I; id., Una seconda fase nella questione del paleolit. super. in Italia, in Archiv. per l'antrop. e l'etn., XLV (1925); id., Sincronismi tra glaciaz., faune e industrie, ecc., ibid., LVII (1927); N. Puccioni, Stazioni all'aperto della Chiocciola, in Arch. per l'antrop. e l'etn., XLIV (1914); id., Nuove osservazioni sulla staz. della Chiocciola, ibid., LXV (1915); U. Rellini, Caverne e ripari preistor. nell'agro falisco, in Mon. ant. dei Lincei, XXVI (1920); id., Lo strato di Grimaldi e l'età miolitica, in Riv. di antropol., XXII (1919); R. Battaglia, Solutreano e Campignano, in Accad. veneto-trentina-istriana, XIV (1923); id., Studi sul paleolit. sup. in Francia e in Italia, in Riv. di antropol., XXIII (1919); id., Lo strato di Grimaldi, in Riv. di sc. natur. "Natura", XI; U. Rellini, Appunti sul Paleolit. ital., in Bullett. di paletn. ital., XLIV (1924); U. Antonielli, Statuetta femminile di Savignano sul Panaro, ibid., XLV (1925); id., A proposito della "veneretta" di Savignano, in Bullett. di paletn. ital. XLVIII (1928); P. Graziosi, A proposito della "Venere di Savignano", in Arch. p. l'antr. e l'etn., LV (1925).