ATESTINA, Civiltà
Con questa espressione si intende la civiltà che ebbe il suo massimo centro ad Este (l'antico nome è Ateste, forse dall'Adige che, fino al 589 d. C., solcava il luogo) e che si sviluppò per più secoli durante l'Età del Ferro, risultando una delle più importanti dell'Italia settentrionale. È dovuta ai Veneti o Veneto-Illiri, venuti dai Balcani all'inizio del 1° millennio a. C. e stabilitisi sui Colli Euganei: prima attorno a Lozzo, ove appaiono le prime tracce della loro civiltà, quindi un po' più a E lungo la grande arteria fluviale dell'Adige, luogo assai propizio al sorgere di un grosso centro commerciale, il più importante della Venezia, quale fu Este fino a tutto il IV sec. a. C. Il Prosdocimi ha diviso la preistoria a., in base alla stratigrafia delle necropoli, in quattro periodi successivi. L'esistenza del I è tuttora discussa, data la scarsità dei resti ad esso attribuiti e l'affinità con i prodotti del II periodo, né esso è ben determinato cronologicamente: ora si tende ad assegnarlo alla seconda metà dell'VIII sec. a. C. e al principio del VII. Il II termina con l'avanzato VI sec. ed è considerato contemporaneo ai periodi bolognesi Benacci II e Arnoaldi; il III periodo comprende il V e IV sec. a. C. ed è contemporaneo alla fase Certosa, mentre il IV si prolunga fin entro la dominazione romana. La conoscenza di tali periodi si basa quasi esclusivamente sui resti di necropoli, poiché scarsissimo è il materiale rinvenuto altrove. Le aree cimiteriali si stendevano intorno al centro abitato, che doveva essere un insieme di villaggi di capanne in mattoni crudi con tetto di paglia. Il rito funebre era sempre quello dell'incinerazione.
Le tombe più antiche sono deposte in semplici buche scavate entro la sabbia o entro la terra alluvionale più fine e constano del vaso ossuario, più grande, con altri accessorî disposti all'intorno. Questo tipo rimane immutato per le tombe dei poveri, mentre i più abbienti nei periodi successivi depongono i vasi, sempre più numerosi, entro cassette di lastre rettangolari o quadrate di sfaldature calcaree, qualche volta congiunte con malta. Talora le cassette si trovano accostate con una parete in comune o sovrapposte in modo che il coperchio dell'inferiore faccia da platea alla superiore: in tali casi si tratta, evidentemente, di tombe di famiglia. Nel III periodo divengono frequenti, accanto alle cassette, i grandi ziri che contengono l'ossuario con tutto il corredo. Le tombe erano segnalate da cumuli di scaglie o da grossi sassi nei tempi più antichi, in seguito da pilastrini appuntiti o da stele che dal III periodo portano iscrizioni in lingua venetica. Le necropoli erano recinte da bassi muriccioli a secco di lastre di sfaldature calcaree poste verticalmente e rafforzate talora da pilastrini in trachite; dentro tali recinti correvano, con andamento irregolare, altri muretti che racchiudevano tombe di famiglia o di capi. Accanto ai cremati si sono rinvenuti, in tutti gli strati, scheletri stesi nella nuda terra senza corredo, sicuramente di indigeni rimasti quali servi fra gli invasori (taluno sembra essere stato ucciso sulla tomba del padrone, di cui recava sulle ginocchia l'ossuario). Il corredo funebre varia notevolmente nei secoli, ma comprende sempre, come pezzo principale, il grande vaso ossuario ricoperto da ciotola. Dapprima questo è biconico, di tipo villanoviano - con o senza piede, con o senza anse - di ceramica nera, ad impasto. Alla fine del I e nel secondo periodo, che già denota un florido sviluppo di attività e di commerci, il vaso ossuario è di forma più espansa, a ventre nella parte inferiore, mentre la superiore resta a tronco di cono. È spesso ornato attorno al collo e al ventre con motivi geometrici (triangoli riempiti di linee parallele, croci gammate) a graffito o a cordicella. Spesso gli ornati sono riempiti di bianco. Singolare l'ornamentazione, ottenuta mediante borchiette di bronzo impresse nella creta prima della cottura, disposte spesso a spirale o a meandro, che ricorre soprattutto nella situla di argilla, derivata da quella bronzea. Frequenti le coppe di argilla a piede campanato, imitate da altre in metallo, come anche varî vasetti dalle forme più strane. Notissimo quello a corpo d'uccello, montato su ruote con protome d'altro uccello per coperchio, oggetto rituale o forse giocattolo, da tomba ancora del I periodo. All'inizio del III periodo, che segna l'apogeo della civiltà a. e presenta le tombe con corredo più ricco e sino al IV periodo inoltrato, s'introduce fra i vasi, fattisi più leggiadri e varî di forma (coppe su stelo alto e sottile, scodelline, bicchieri, ecc.), un tipo di singolare decorazione a striscie rosse e nere ottenute con ocra e grafite, separate per lo più da cordoni, caratteristica di Este, e di qui diffusasi verso N e S. Sulle file nere sono anche impressi scudetti disposti linearmente o a meandri. Non manca qualche vasetto greco a figure nere e rosse, per lo più di fattura scadente, giunto per mare o attraverso l'Etruria, ma in complesso il materiale greco è scarsissimo ad Este, in contrasto con quanto si osserva nella pianura a Sud del Po. Nel IV periodo, in cui hanno un peso determinante gli scambî con la civiltà ben povera dei Celti, la ceramica si fa più rozza, di color grigio cenere e la produzione locale continua tale sin dentro l'epoca romana, anche accanto ai vasi etrusco-campani e ai preziosi aretini di Este che furono imitati localmente.
Ma il maggior vanto della civiltà a. sono i bronzi, specialmente i bronzi laminati. I pezzi più belli e famosi sono le situle (v. Situla) a forma di cono rovescio con collo diritto e labbro arrotolato attorno ad anima di metallo, formata da più lamine tenute assieme da chiodi. Servirono per gli usi domestici e talora furono usate prima di scendere nelle tombe a contenere le ossa bruciate o, più spesso, a proteggere l'ossuario fittile. Le più sono lisce, ma ne sono state ritrovate con decorazione graffita o a sbalzo, geometrica e figurata: moltissimi gli uccelli, gli stambecchi, i cervi brucanti accanto a fantastici animali alati; né mancano scene di commercio, di coltivazione dei campi, di battaglia, quali appaiono ripartite, in tre fasce, sulla più bella tra le situle a., la Benvenuti, rinvenuta in una lussuosa tomba di donna, datata all'epoca di transizione dal II al III periodo. Con la situla (da ricordarsi tra le più belle anche la Boldù, del III-IV periodo), oggetto di particolare importanza artistica è il cinturone, ellittico e a forma di losanga, portato dagli uomini, ma certo anche parte dell'abbigliamento femminile, e forse non privo di valore apotropaico per il suo luccichio. Bellissimo l'esemplare Nazari della fine del V sec. a. C., che reca, leggermente incisi, uccelli in volo, cerbiatti e lepri in corsa. I motivi di animali fantastici, così frequenti nella metallurgia a., sono di evidente derivazione orientale, forse cretese. Vi si riscontrano elementi ionici, giunti certamente dall'Oriente tramite la mediazione greca e forse anche etrusca (Adria fu certo uno scalo del commercio marittimo atestino); ad Este sono già troppo completi sin dall'inizio, senza uno sviluppo in situ, dove in seguito imbarbariscono rapidamente, come dimostrano bronzi del IV periodo, per essere ritenuti di origine locale; di origine indigena può essere invece la rappresentazione di figure umane, che, da tentativi assai primitivi e grotteschi, assume via via forme non prive di gusto e di freschezza esprimenti, nello stile e nella tipologia, un carattere locale; sembra di poter riscontrare tali caratteri nella situla Benvenuti, sulla cui provenienza bolognese (tesi cara al Ducati) o sulla sua produzione in situ, come ritiene la Fogolari, pur con innegabili influssi bolognesi, si è molto discusso. Le stesse considerazioni che valgono per il rilievo possono essere estese alla plastica. Sono da ricordare in proposito le rozze statuine in bronzo della stipe votiva di Reitia, divinità femminile salutifera, cui gli abitatori di Este dedicarono un santuario che fu luogo di culto per molto tempo, dalla fine del IV sec. a. C. al II almeno d. C.; sono statuine di devoti, di uomini nudi o in assetto di guerra e di donne con scialle, raccolte su piccoli cippi, le più in atto di libare con ciotole che tengono in mano, interessanti più per il costume che per l'arte, ma vive e singolari. Sono state trovate insieme a numerosissimi ex voto bronzei a forma di piedi, braccia, mani, teste, a infiniti chiodi senza capocchia, ma con anellino per essere appesi. Un gruppo di ex voto di particolare interesse è costituito da laminette bronzee con iscrizioni in lingua venetica. I caratteri sono di tipo nord-etrusco, l'andamento retrogrado e bustrofedico. Se ne ricava il nome della dea Reitia, degli offerenti e della formula dedicatoria; vi è anche spesso ripetuto tutto l'alfabeto. Presso il santuario esisteva quindi con ogni probabilità un centro di formazione della scrittura. Altre iscrizioni sono incise sui piedistalli che sostenevano le statuine, su chiodi (qui si tratta per lo più di lettere varie ripetute), su vasi cinerarî ove nel II e I sec. a. C. sono trascritte anche in caratteri latini. Tra i bronzi decorati, sono notevoli anche i fermagli delle cinture, le guaine di spade e pugnali, le palette di bronzo, svariati coltelli da cintura, bastoni e bastoncelli, i più grandi forse scettri o insegne di sacerdoti, i più piccoli, che hanno appesi pendagli, probabili amuleti. Comuni le collane a spiraline di bronzo con intramezzate perle d'ambra, i braccialetti, gli anelli. Un posto di particolare importanza ha la fibula, di cui sono stati raccolti numerosi esemplari nelle tombe. Appare agli inizi ad arco semplice, talvolta con nodi o ingrossamenti nell'arco, spesso decorata con incisioni geometriche; quindi a sanguisuga, a navicella e serpeggiante. Talora l'arco viene sostituito bizzarramente da un cavallino, da un cane, da una scimmietta; nel III periodo inizia la fibula tipo Certosa, seguita dal tipo La Tène che domina nel IV periodo e in epoca romana. Dalla fine del II periodo e specialmente nel III, le fibule portano appesi come ornamenti degli anellini da cui pendono a loro volta catenelle che reggono secchiellini, spiraline o altre fibule più piccole, oppure laminette triangolari ornate a puntini che dovevano avere valore di amuleto. Lo stato di conservazione dimostra che alcuni di questi oggetti furono posti sul cadavere durante la cremazione, mentre altri furono collocati entro le tombe dopo il rogo.
Le armi sono rare ad Este. Una tomba del I-II periodo racchiudeva una spada di bronzo spezzata con impugnatura del tipo ad antenne accanto ad una potente ascia con manico a canna. Tardi si trovano spade e coltelli di ferro; eppure gli abitatori di Este dovettero saper combattere valorosamente, se non si lasciarono sopraffare dagli Etruschi e furono capaci di resistere ai Celti. Appunto contro questi, gli Atestini si allearono con i Romani, che poterono così, circa il 200 a. C., estendere la loro dominazione sull'agro atestino, facendo gradualmente scomparire la civiltà indigena già di per sé in via di esaurimento. In quest'ultimo periodo, accanto alle tombe a cassetta, compaiono tombe di mattoni o anfore tagliate. Gli ultimi vasi ossuarî sono per lo più di terra rossa o dipinti in bianco con strisce a onda rosso-nere, o grigi e di forma più snella che risente del metallo. Infine, per gli ossuarî e per infiniti altri vasetti, diviene frequentissimo l'uso del vetro. Verso l'inizio dell'epoca impenale sorsero i cippi circolari e a edicola, in forma che sarà caratteristica di Este.
La civiltà a. risulta una civiltà ben definita (il Museo Naz. di Este ne offre una chiara, sistematica documentazione), propria di popolazione rimasta alquanto appartata, ma non priva di contatti e quindi di reciproci influssi con altri popoli. Già a partire dal suo secondo periodo essa diffonde i proprî prodotti per tutta la Venezia, raggiunge coi bronzi più fini il Trentino, l'Alto Adige, il Tirolo, la Carniola e l'Istria e si dilata verso S con manufatti che giungono a Felsina (Bologna), accogliendo variamente influenze straniere, ma pur riassumendole in una sintesi originale.
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