cittadino digitale
loc. s.le m. Chi è consapevole del proprio essere pienamente cittadino mediante l’uso delle tecnologie telematiche.
• Sarà una scuola senza più libri, senza pagine da sfogliare e sottolineare con l’evidenziatore? «Sono contraria alle esasperazioni. Il libro di carta è fondamentale. Sarà più importante formare dei cittadini digitali seri, informati sulle leggi. I ragazzi oggi hanno grande capacità di raccogliere informazioni, ma meno di cosa serve, di cosa è importante e come connetterle fra loro» (Dianora Bardi intervistata da Marianna Bruschi, Messaggero Veneto, 21 novembre 2013, p. 56, Cultura) • Con i Big Data che vengono dalla rete le analisi sono molto più pervasive, efficaci ed economiche. E questo è un bene, certo, perché se si conosce meglio il problema di una comunità è più facile intervenire nel modo giusto. Ma non è una cosa senza prezzo. Google, Facebook e i colossi del web in realtà di noi, delle nostre vite, delle nostre paure e delle nostre debolezze sanno tutto o quasi. In molti casi ne sanno più di chiunque altro. Sono al sicuro quei dati? O possono essere usati contro di noi? Dalle risposte a queste domande passa il nostro futuro di cittadini digitali. (Riccardo Luna, Repubblica, 25 gennaio 2015, p. 19, Cronaca) • Nell’era di Twitter, WhatsApp, Messenger e cittadini digitali, che trascorrono buona parte della propria esistenza a colpi di like, ha ancora senso studiare il latino? Perché non cancellare definitivamente questa lingua «antica e morta» dal liceo per aumentare la spazio orario dedicato all’informatica? (Franco Manzoni, Corriere della sera, 19 febbraio 2017, p. 32, Cultura).
- Composto dal s. m. cittadino e dall’agg. digitale.
- Già attestato nella Stampa del 4 gennaio 1998, p. 17 (Luciano Gallino).