CIRCOLARE (fr. circulaire; sp. circular; ted. Zirkular, Rundschreiben; ingl. circular)
In origine la parola circolare indicò quegli atti delle autorità amministrative, che venivano comunicati ai funzionarî mediante il passaggio di una copia da un ufficio all'altro, sino a ritornare all'autorità da cui era partita. Siccome, però, in tal modo si notificavano gli atti d'interesse generale, così il nome valse a indicare qualunque atto di contenuto generale e rivolto dalle autorità superiori a quelle gerarchicamente sottoposte e conservò questo significato, anche quando la notificazione si fece con la stampa e con l'invio diretto ai singoli uffici sia a mezzo dei bollettini ufficiali, sia con altri mezzi pubblici o segreti.
Le circolari possono avere contenuto diverso: ora l'esposizione di un programma, ora l'annunzio di una nuova legge in corso di pubblicazione e l'esposizione dello spirito di essa e del significato delle principali disposizioni; ora esortazioni, consigli, raccomandazioni agli uffici dipendenti; ora infine ordini e norme obbligatorie per gli uffici medesimi. Sebbene queste varie ipotesi siano tutte riducibili a un contenuto normativo, tale carattere è più chiaramente manifesto nell'ultima di esse. Le circolari, in quanto hanno contenuto normativo e obbligatorio, prendono nome di istruzioni e di norme di servizio. Queste regole costituiscono la manifestazione del potere normativo interno, che è proprio di qualunque istituzione od organizzazione giuridica. Perciò, sebbene generali e obbligatorie (e quindi giuridiche in questi particolari ordinamenti), non sono, a ragione, considerate norme giuridiche nell'ordinamento generale dello stato, e quindi, per chi considera questo ordinamento, non sono, fonti di diritto. Dalle circolari non derivano né obblighi né diritti per i cittadini e in genere per i soggetti estranei all'amministrazione: esse sono invece obbligatorie per i funzionarî, che di questa fanno parte e a cui sono dirette. Tale obbligatorietà si dice comunemente basata sul vincolo gerarchico, per il quale i titolari degli uffici inferiori devono obbedienza ai titolari degli uffici superiori.
È stato talora sostenuto che le circolari possono qualche volta tener luogo di regolamenti, essere cioè fonti di diritto: ciò però non è accettabile, perché i regolamenti devono essere emanati secondo competenze e secondo forme rigorosamente stabilite (cfr. la legge 31 gennaio 1926, n. 100, art. 1). L'inosservanza di una circolare costituisce violazione dei doveri d'ufficio, causa eventualmente di sanzioni disciplinari (r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2960, art. 59, 62); per certi effetti dannosi, può dar luogo a responsabilità civile e talora penale (quando si verifichi l'ipotesi dei delitti colposi: articoli 589, 590 cod. pen. 1930). Viceversa l'osservanza di circolari, come di qualunque ordine che l'agente è obbligato a eseguire, può essere causa discriminante, ai sensi dell'articolo 51 del nuovo codice penale.
Non essendo le circolari fonti dell'ordinamento giuridico dello stato, la loro osservanza non può essere invocata dai cittadini, né può essere chiesta ai giudici la loro applicazione; tanto meno la loro inosservanza può costituire violazione di legge, vizio che rende denunziabili le sentenze alla Corte di cassazione e gli atti amministrativi al Consiglio di stato. Neppure sembra che tale inosservanza sia denunziabile come vizio di eccesso di potere (art. 26 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di stato): tutt'al più si potrà dire che la violazione ha, ai fini dell'eccesso di potere, il limitato valore che ha la contraddizione fra l'atto amministrativo e un precedente atto di volontà della stessa amministrazione; l'eccesso è escluso, solo che l'amministrazione abbia dimostrato di avere cambiato indirizzo a ragion veduta e per rendere la sua azione più conforme ai fini pubblici, ai quali il potere discrezionale è nella specie connesso. Riguardo, infine, al ricorso gerarchico, la violazione di una circolare può avere decisiva importanza, quando questo ricorso è elevato contro un'autorità dipendente da quella dalla quale la circolare fu emanata; se è invece elevato contro quest'ultima, non essendo essa tenuta all'osservanza delle proprie norme inteme, la decisione in senso difforme da esse è sempre possibile, e in generale anche lecita, salvo l'ipotesi dell'eccesso di potere (v. sopra).
Bibl.: G. Salemi, Le circolari amministrative, Torino 1913; G. Zanobini, Le norme interne di diritto pubblico, in Riv. di dir. pubbl., II (1915), p. 321; S. Romano, L'ordinamento giuridico, Pisa 1917, p. 193 segg.; F. Cammeo, in Giurisprudenza ital., III (1920), p. 1; F. Fleiner, Institutionen des deut. Verwaltungsrechts, 6ª ed., Tubinga 1922, p. 62 segg.; G. Jèze, Les principes généraux de droit administratif, 3ª ed., III, Parigi 1926, p. 67 segg.