Cimabue
Un grande pittore conosciuto come il maestro di Giotto
Cimabue, soprannome di Cenni di Pepo, rinnova nel Duecento la sua pittura a contatto con le novità dell'ambiente artistico di Firenze ed elabora con gli anni uno stile personale e innovativo, che lo porta a essere considerato nel Rinascimento uno dei padri della pittura italiana
Secondo la tradizione Cimabue è maestro di Giotto, che egli sceglie come allievo dopo averlo visto disegnare delle pecore sulla pietra, con estrema bravura. Cimabue è un artista molto noto presso i suoi contemporanei, tanto da essere citato da Dante Alighieri nell'11° canto del Purgatorio. Poco sappiamo della sua vita: non conosciamo con precisione la sua data di nascita né quella di morte; è certo solamente che nel 1272 si trova a Roma e nel 1302 a Pisa, per lavorare al mosaico nell'abside del duomo.
L'evoluzione artistica di Cimabue si può ricostruire attraverso uno dei soggetti preferiti della sua pittura: il crocifisso dipinto su tavola di legno. Nel Crocifisso della chiesa di San Domenico ad Arezzo rimangono ancora molti caratteri dell'arte bizantina, come la linea netta e incisiva che disegna la figura, le parti anatomiche molto poco definite, gli occhi 'a esse' e la doratura della fascia di stoffa intorno ai fianchi (perizoma). La figura di Gesù è fatta di forti contrasti di colore: dal grigio-verde del corpo morente al rosso violento del perizoma.
Nel Crocifisso di Santa Croce a Firenze, purtroppo molto rovinato dall'alluvione del 1966, Cimabue dimostra invece uno stile più personale e un graduale abbandono degli elementi bizantini, tanto che alcuni studiosi dicono che con quest'opera nasca la pittura italiana dopo il Medioevo. Pur rimanendo alcuni tratti bizantini, come gli occhi o il naso, il Cristo del Crocifisso fiorentino presenta le parti anatomiche realizzate in maniera più naturale, più voluminosa e meno piatta; il perizoma non è più rosso con luccichii dorati, ma è un velo trasparente, che fa intravedere il corpo di Gesù; il volto assume un'espressione molto più dolce. I personaggi di Cimabue iniziano insomma ad avvicinarsi molto di più alla realtà!
Nell'arco di tempo che intercorre tra i due crocifissi, Cimabue lavora a una della sue opere più importanti: gli affreschi della basilica superiore di San Francesco ad Assisi, dove dipinge storie della Vergine, una serie di Apostoli e storie dell'Apocalisse.
Anche in questo caso il pittore realizza uno straordinario Cristo sulla croce, stavolta però ad affresco. Benché molto rovinata per l'alterazione chimica dei colori, la Crocifissione di Assisi conserva una forza drammatica incredibile. Il corpo del Cristo si inarca come la vela di una barca spinta dal vento, il perizoma pare volare e gli angeli sembrano sbattere con violenza contro la croce, mentre intorno regna la disperazione, con il pianto silenzioso della Madonna e le braccia drammaticamente alzate della Maddalena.
Un altro dei temi preferiti di Cimabue, come di molti altri pittori dell'epoca, è la cosiddetta 'maestà', ossia la rappresentazione in trono della Madonna col Bambino, circondata da angeli. Cimabue dipinge una delle più famose maestà (ora conservata agli Uffizi di Firenze) per la chiesa fiorentina di Santa Trinita. Nella raffigurazione della Madonna rimangono ancora dei legami con la tradizione bizantina, come il fondo d'oro e le strisce dorate delle vesti, ma ci sono anche moltissime novità importanti: il trono è una costruzione robusta e tridimensionale e la Vergine non è un'immagine astratta, piatta e bidimensionale, ma una figura in carne e ossa.
Il grande merito di Cimabue nella storia della pittura italiana è quello di avere stabilito un rapporto più diretto rispetto alla tradizione bizantina tra l'immagine sacra e la figura umana reale; ma, come ebbe modo di scrivere Dante, la fama di Cimabue viene ben presto oscurata da quella del suo grande discepolo Giotto.