CHIOSTRO (fr. cloître; sp. claustro; ted. Kreuzgang; ingl. cloister)
In latino claustrum significava qualcosa che chiude, un serrame (cfr. claudo "chiudo"), e poi un luogo chiuso di difficile accesso. Finalmente il vocabolo prese il senso d'un luogo abitato da religiosi. Non siamo però ancora al chiostro nel suo significato più ristretto; nella regola di San Benedetto l'espressione claustra monasterii indica semplicemente il recinto del monastero e non una parte di esso, allo stesso modo com'è definito dal Breviloquium: Claustrum dicitur inhabitatio religiosorum.
L'idea d'uno spazio libero attorno al quale disporre le varie parti del monastero in modo da facilitare il passaggio dall'una all'altra, secondo le varie esigenze della vita che i religiosi conducono in comune, dovette sorgere a poco a poco naturalmente.
Nella Siria centrale, nel monastero di Shaqqa, che risale probabilmente al sec. V, si trova già una specie di cortile interno, toccato su tutti i lati dalle varie costruzioni, contornato da un portico, sebbene interrotto. A el-Barah, nella stessa regione, ci sono tre esempî di chiostri, sebbene non tutti circondati completamente da portici. In uno si trova una grande vasca destinata alle abluzioni.
Nel 567 il concilio di Tours prescrisse che i monasteri possedessero un locale che potesse ospitare quei monaci che volessero fare la loro lettura; questo locale sarà poi il chiostro. Isidoro di Siviglia nomina, tra le altre parti che deve avere un monastero, un portico per il quale i religiosi possano recarsi al giardino.
Anche il famoso monastero di San Gallo, di cui ci è stata conservata la pianta (v. abbazia), ci presenta un chiostro attiguo alla chiesa. Qui il chiostro sembra avere l'ufficio d'introdurre alle varie parti del monastero, il che ha fatto pensare a una derivazione dal peristylium della casa romana; si è obbiettato però che la casa romana presenta una successione di tre cortili nettamente separati, ciascuno con una diversa destinazione, e si è ritenuto di trovarsi di fronte a una semplice coincidenza. Il chiostro dei monasteri poté ben trovare la sua origine in una necessità pratica, specialmente in Occidente dove la vita in comune, il cenobio, prevale sull'isolamento individuale. Le varie parti dell'edificio monastico non possono esser troppo lontane tra loro, per riguardo ai monaci che debbono spostarsi da un luogo all'altro; di qui la necessità di riunire i varî locali intorno a una specie di cortile di disimpegno, provveduto di portici per riparare i monaci dalle intemperie, e d'un pozzo o d'una fontana per le necessarie abluzioni. Per il Wickoff v'è somiglianza tra il chiostro e l'atrium delle basiliche cristiane, che si spiegherebbe considerando che i primi nuclei di monaci si riunivano intorno alla chiesa.
La forma più comune del chiostro è la quadrata; viene poi la pianta rettangolare. Le grandi abbazie possedevano almeno due chiostri, uno presso l'ingresso occidentale della chiesa, l'altro ad oriente, dietro l'abside. Il primo serviva di accesso alla sala capitolare, al dormitorio, al refettorio, alla sacrestia e ad altri locali del monastero; questo chiostro era quello comune ai religiosi. Il secondo, più appartato e più piccolo, era più specialmente destinato all, abate e ai dignitarî ecclesiastici, ed era fabbricato nelle vicinanze della biblioteca, dell'infermeria e del cimitero.
Anche le cattedrali avevano un chiostro appoggiato a uno dei lati della chiesa, sia a N. sia a S., e intorno ad esso sorgevano le abitazioni dei canonici, che vivevano sotto una regola comune.
Nella storia dell'arte il chiostro ha dato luogo a capolavori architettonici. Abbiamo chiostri di varie forme, con variate disposizioni di aperture e di sostegni, con serie di colonnine, continue o interrotte da pilastri, a un sol ordine o a due ordini con la pianta quadrilatera variata dall'edicola per la fontana. Furono nudi o scarsamente adorni, oppure riccamente policromi come quelli cosmateschi e anche ornati di sculture. Spesso le pareti del portico vennero abbellite con pitture.
I chiostri mostrano evidenti i caratteri delle varie scuole architettoniche che li hanno prodotti. A Roma dal sec. XI al XIII abbiamo una successione di chiostri interessantissima: in S. Lorenzo fuori le Mura il chiostro presenta caratteristici capitelli a stampella, simili a quelli delle finegtre dei campanili romanici della stessa città; nella chiesa dei Ss. Quattro Coronati i capitelli sono lotiformi, e marmi a musaico avvivano la costruzione d'una nota di colore. Alla fine del sec. XII e nel XIII lavorarono nei chiostri architetti e decoratori di grandissimo merito. In S. Scolastica a Subiaco Iacopo di Lorenzo col figlio Cosma e i nipoti Luca e Iacopo lasciarono un chiostro costruito con romana saldezza nei pilastri quadrati. Vassalletto e suo figlio a Roma, in San Giovanni in Laterano, edificarono un chiostro con un'architettura ricca di movimento e di vita. A raggiungere tali effetti servono le colonnine binate di differenti forme, attorcigliate, a spirale, diritte, avvivate dalla policromia musiva o nude. Effetti cromatici sono anche nell'alto fregio a musaico d'oro e a tinte vivissime; il senso costruttivo è soffocato dal pittoresco, pur con accenni classici negli ornati e nei profili.
Accenni gotici si trovano nel chiostro di San Paolo, pure opera dei Vassalletto, almeno nella parte più recente. Presenta colonnine binate, lisce, ottagone, a spirale, ornate di musaici, con mostri sfingiformi tra le basi. Nel fregio corre un'iscrizione che incomincia con questi versi:
Agmina sacra regit locus hic quem splendor honorat
Hic studet atque legit monachorum cetus et orat
Claustrales claudens claustrum de claudo vocatur.
Nel lato senza iscrizione sono scene fantastiche rappresentanti soggetti mediceali, come il lupo che in veste di dottore ammaestra una capretta, il gallo che becca la serpe, la civetta assalita dagli uccelli.
Riflessi dell'arte siciliana e musulmana troviamo nel chiostro della cattedrale d'Amalfi e in quello dei Cappuccini nella stessa città, che presentano decorazioni di arcate cieche fantasticamente intrecciate. Policromia e architettura si uniscono in modo da ricordare l'arte musulmana, sebbene con spirito diverso, nel chiostro del duomo di Monreale (sec. XII), dove sottili colonnine geminate, di forme differentissime, decorate da musaici o da ornati a bassorilievo reggono gli archi acuti del portico. Differenti tra loro sono anche i capitelli. Nell'angolo a S. è un recinto chiuso da tre arcate per lato, che ha nel mezzo una colonnina da cui scaturisce l'acqua. Pure del sec. XII è il chiostro di Santa Sofia di Benevento, con archi a ferro di cavallo e avanzi di decorazione di tipo arabo.
Notevole è il chiostro dell'abbazia di Fossanova, ancora romanico in tre lati e gotico nel quarto, dove è visibile l'opera dei marmorarî romani, e quello dell'abbazia di Casamari, che ricorda modelli d'oltralpe. Notevole è anche il chiostro di S. Maria della Verità in Viterbo, con gruppi di quattro arcate, ornato di eleganti trafori, e quello ad archi trilobi di S. Maria del Paradiso presso la stessa città.
Nel Rinascimento e nelle epoche successive i chiostri continuano sostanzialmente le vecchie forme. Ricordiamo il chiostro piccolo della certosa di Pavia, con ornati in cotto, il chiostro grande della stessa, amplissimo nella serie delle sue 122 arcate, rette da leggiere colonnine poggiate su uno stilobate, il chiostro del Bramante in S. Maria delle Grazie a Milano, e quello dello stesso architetto in S. Maria della Pace a Roma, a due ordini, con le colonnine del secondo ordine poggiate sugli archi del primo.
Fuori d'Italia citiamo il chiostro della cattedrale di Vaison (Vaucluse), di Elne, del San Pietro di Moissac, della cattedrale di Le Puy, di Saint-Bertrand-de-Comminges, di Saint-Lizier, di Saint-Trophime ad Arles, di Saint-Donat, tutti dell'epoca romanica: dell'abbazia di Saint-Jean-des-Vignes, della cattedrale di Toul, della cattedrale di Rouen, dell'abbazia del Monte San Michele, dell'abbazia di Fontfroide, della cattedrale di Cahors e della cattedrale di Langres, tutti dell'epoca gotica, di S. Giovanni di Toledo, della cattedrale di Pamplona, della cattedrale di Toledo, parimenti gotici, di Maulbronn, di Lilienfeld, del Sant'Emmerano di Ratisbona, di Walkenried (sec. XIII), di Weingarten (sec. XV).
V. tavv. XXIII-XXVIII.
Bibl.: E. Viollet-Le-Duc, Dictionnaire raisonné de l'architecture française, ecc., Parigi 1875-1889; G. Dehio e G. Bezold, Kirchliche Baukunst des Abendlandes, Stoccarda 1884-98; J. V. Schlosser, Die abendländische Klosteranlage Vienna 1889; H. Leclerq, in F. Cabrol e H. Leclerq, Dict. d'arch. chrét. et de liturgie, Parigi 1914; R. De Lasteyrie, L'architecture relig. en France à l'époque gothique, Parigi 1926; P. Toesca, L'arte italiana, I, Torino 1927; R. De Lasteyrie, L'architecture relig. en France à l'épque rom., 2ª ed., Parigi 1929.