CHINA (dal nome di questa corteccia nel linguaggio degli Inca; lat. scient. Cinchona; fr. quinquina; sp. quina; ted. Chinarinde, Fieberrindebarme; ingl. cinchona bark)
Genere di piante della famiglia delle Rubiacee, sottofamiglia Cinchonoidee, istituito da Linneo (Genera plantarum, 2ª ed. 1742) e così chiamato in onore di Anna de Osorio, contessa de Chinchón, moglie d'un viceré spagnolo del Perù. Comprende alberi o arbusti con foglie opposte, picciolate, penninervie, con stipule interpeziolate caduche. I fiori riuniti in grappoli terminali ramificati sono ermafroditi, regolari, pentameri: il calice termina con 5 denti brevi; la corolla gamopetala ha un lungo tubo cilindrico con lembo 5-lobo, a lobi patenti, pelosi sui margini e all'esterno; stami 5, ovario intero biloculare terminato da un lungo stilo con stimma bifido. Il frutto è una specie di capsula bivalve, setticida, coronata dai sepali induriti; contiene numerosi semi appiattiti, alati, piccolissimi (ad es., 1 grammo di seme di C. succirubra ne contiene 2800-3000).
Storia. - La storia della china comincia solo al principio del sec. XVII. Sembra che l'azione febbrifuga di questa droga fosse conosciuta solo da pochi indigeni che se ne valevano come un prezioso segreto; però il suo uso agli Europei stabiliti nel Perù fu certo insegnato da un indigeno.
Secondo alcuni il primo europeo curato fu un missionario gesuita dietro suggerimento di un cacico indiano della regione di Loxa; secondo altri fu il governatore di Loxa, Juan López de Cañizares, guarito dalla febbre per mezzo della polvere di corteccia di china nel 1630. Essendo ammalata di febbri la contessa de Chinchón, moglie del viceré del Perù, il López nel 1638 le inviò un pacchetto di questa polvere, il cui uso prontamente la guarì. Allora per gratitudine fece raccogliere grande quantità di corteccia e la distribuì ai malati di febbre: fu così che la polvere di china prese il nome di polvere della Contessa. Poiché i gesuiti molto contribuirono a divulgarne l'uso, si disse anche polvere dei gesuiti; ebbe anche il nome di polvere indiana, di febbrifugo peruviano, di corteccia peruviana. Si chiamò anche polvere del cardinale perché in Italia uno dei primi ad averla, nella prima metà del sec. XVII, fu il gesuita cardinale Giovanni de Lugo soprintendente della farmacia del collegio di medicina di Roma, che ne fece larghe distribuzioni ai poveri febbricitanti. Per molto tempo la droga ebbe prezzi elevatissimi e fu considerata come prodotto prezioso, poi i prezzi diminuirono e il suo uso si poté diffondere fra le classi popolari. Nel 1677 la china venne iscritta nella farmacopea di Londra.
Specie. - Secondo i varî autori questo genere comprende da 20 a 40 specie, originarie della regione andina dell'America Meriridionale, dove vivono in una zona compresa fra 10° lat. N. e 19° lat. S., su un'estensione di circa 500 miglia di larghezza, a un'altitudine fra i 1200 e i 3700 m. s. m. Alcune specie sono coltivate con successo in taluni paesi tropicali, specialmente nelle Indie, a Ceylon, a Giava, nel Perù, nella Bolivia e se ne sta sperimentando l'introduzione in altri paesi. Le specie più importanti sono:
Cinchona officinalis L. (C. Condaminea H. B.; C. uritusinga Pav.), albero alto 10-15 m. con chioma assai ramificata; ha foglie persistenti, brevemente picciolate, ovali o ovali-lanceolate, munite all'ascella delle nervature secondarie con la principale di fossette glandolose pubescenti (scrobicoli), con stipule membranacee; i fiori sono disposti in cime corimbiformi terminali e laterali e hanno la corolla rosea, lievemente odorosa. Vive nelle Ande del Perù e dell'Ecuador da 1600 a 2400 m. s. m. ed è coltivata a Ceylon e a Giava. È specie polimorfa che si distingue in parecchie sottospecie o varietà.
C. succirubra Pav.; albero alto 15-30 m. con tronco grosso eretto, e ampia chioma fogliata: le foglie sono grandi (fino a 40 cm.), picciolate, con lembo ovale o ellittico obovale, ottuso o brevemente acuminato all'apice, molle, membranaceo, pubescente sui margini e sulle nervature, di un bel verde talora a riflessi metallici nella pagina superiore; l'inflorescenza è piramidale con fiori rosei a frange marginali biancastre; il frutto è oblungo, gradualmente ristretto in alto. Vive nell'Ecuador dove è stata quasi distrutta dai raccoglitori; si trova presso Guayaquil nelle pendici occidentali del Chimborazo e si coltiva nelle Indie e a Giava.
C. calisaya Wedd.; albero da 2-30 m. d'altezza con rami glabri, foglie brevemente picciolate, ovali o ovali oblunghe (lunghe fino a 18 cm.), intiere, ottuse, di colore verde pallido, lucenti nella pagina superiore, con nervature munite di scrobicoli, rossastre nel picciolo e nelle nervature principali; le stipule sono più lunghe dei piccioli; i fiori di color roseo o carnicino sono riuniti in inflorescenze terminali a pannocchia composta. Il frutto è ovoide e liscio. Vive nella Bolivia settentrionale e nel Perù ed è coltivata nellle Indie, a Giava e nelle Antille.
C. Ledgeriana Moens.; secondo alcuni autori è una varietà della precedente, secondo altri, e forse a ragione, è un ibrido fra C. calisaya Wedd. e C. micrantha R. et Pav.; ha le foglie ovali, oblunghe, ottuse, più strette che nel tipo, lisce e a nervature di color pallido; i fiori sono di color giallo oscuro. Vive nella Bolivia e si coltiva nelle Indie e a Giava.
Le altre specie (C. micrantha R. et Pav.; C. peruviana How.; C. purpurea R. et Pav.; C. pubescens Vahl; C. lancifolia Mut.; C. Tucuyensis Karst.) che in altri tempi hanno fornito dalle piante spontanee molte cortecce di china del commercio, oggi non hanno più alcuna importanza.
Invece sono importanti, nelle coltivazioni attuali, numerose forme ibride delle specie precedentemente descritte.
Nelle cortecce delle varie specie di Cinchona sono contenuti numerosi alcaloidi (v. chinina).
Raccolta delle cortecce. - Per molto tempo le cortecce di china sono state fornite dalle piante spontanee raccolte dai cascarilleros. Costoro andavano attraverso le foreste montuose del Perù, dell'Ecuador, della Colombia, della Bolivia alla ricerca delle piante di Cinchona; trovatele, disponevano i loro attendamenti nelle vicinanze e quindi procedevano all'abbattimento delle piante, che venivano accuratamente scortecciate. La corteccia dei tronchi veniva disseccata in pezzi piatti e forniva le cosiddette chine piatte, mentre quella dei rami disseccando si arrotolava, formando le chine arrotolate. I cascarilleros dovevano in questa loro fatica superare molte difficoltà e gravi pericoli, e questo spiega l'alto prezzo delle cortecce in quei tempi.
Però tale sistema distruttivo dopo alcuni decennî produsse un forte depauperamento delle Cinchona spontanee, che in molte regioni e in molte località disparvero completamente. Questo accadeva proprio quando aumentava la richiesta della droga e invece la produzione diminuiva. Weddel suggerì come rimedio la coltivazione basata su principî razionali. I Francesi fecero alcune esperienze in Algeria nel 1849 senza risultati utili: gli Olandesi richiamarono la loro attenzione su di esse e spedirono in America il botanico Hasskarl che introdusse nel 1852, a Giava, semi e piantine di china che rapidamente si moltiplicarono: però il De Vrij nel 1857 osservava che molte delle Cinchona introdotte da Hasskarl non erano utilizzabili per lo scarso contenuto di alcaloidi delle loro cortecce, perché sin dal 1820 i chimici francesi Pelletier e Caventou, scoprendo la chinina e la cinchonina nelle cortecce di china, avevano osservato la grande variabilità del loro contenuto nelle diverse specie. Allora nel 1865 il governo olandese comperò dal mercante Ledger, che li aveva raccolti in Bolivia, i semi della C. Ledgeriana la cui corteccia è assai ricca di alcaloidi e che rapidamente si diffuse a Giava.
Gl'Inglesi intanto introducevano nel 1859 a Ceylon e in alcune vallate della regione himalayana piante di C. calisaya e C. succirubra, la cui coltivazione, abilmente diretta da Mac Ivor con i consigli di Markham, Hooker e Howard, prosperò in poco tempo, tanto che nel 1867 sul mercato di Londra si trovavano già le cortecce delle Indie Inglesi, e per molti anni Ceylon è stata il principale centro di produzione di cortecce coltivate. Oggi questo primato spetta indiscutibilmente a Giava, dove si sono ottenute, applicando i moderni metodi di selezione e d'ibridazione, piante di Cinchona producenti cortecce con un contenuto elevatissimo e costante di alcaloidi.
I metodi di raccolta delle cortecce dalle piante coltivate sono tre: il moussage, l'abattage e l'arrachage. Il moussage consiste nello staccare dal tronco di un albero di 8 anni strisce longitudinali di corteccia alternate, e nel ricoprire poi tutta la circonferenza del tronco con uno spesso strato di muschio che lo ripari dalla luce e dall'aria. Dopo 6-12 mesi si tolgono le strisce di corteccia rimaste intatte e si ricopre di nuovo con muschio: 24 mesi dopo si è formata, al posto delle prime strisce asportate, una nuova corteccia più spessa e più ricca di alcaloidi. Si toglie questa corteccia, si ricopre nuovamente con muschio e dopo 12 mesi si staccano le strisce vicine e così si fa ogni 12-15 mesi. L'abattage consiste invece nel lasciar crescere le piante fino a 6-8 anni di età: quando hanno raggiunto un conveniente sviluppo si tagliano quasi vicine al suolo e si toglie la corteccia dei tronchi abbattuti. Si sviluppano polloni basali che, dopo un certo tempo, vengono tagliati e utilizzati.
Il primo metodo, però, non riesce che con poche specie e il secondo è spesso causa di morte della pianta. Perciò oggi a Giava si preferisce ricorrere all'arrachage. Le piantagioni si lasciano crescere per 15-20 anni, estirpando regolarmente le piante malaticce o sviluppatesi male: dopo si sradicano completamente le piante in modo da utilizzare non solo la corteccia del tronco, ma anche quella delle radici, che è anch'essa molto ricca di alcaloidi.
Coltivazione. - Si fa istituendo semenzai razionali che siano molto bene riparati dal sole; si spargono gr. 1,5 di seme ogni mq.; la germinazione avviene generalmente dopo 20-40 giorni. Dopo due anni le piantine passano nei vivai costituiti da aiole ben preparate e protette dal sole con coperture fatte di foglie d'una palma detta binbing; poi gradualmente si diminuisce la copertura, perché le piantine divenute più robuste si abituino a vivere all'aperto e in pieno sole.
I semenzai e i vivai debbono essere ben curati, e mantenuti umidi senza che l'acqua ristagni; bisogna inoltre combattere i parassiti vegetali (Maniliopis Aderholdi, il turfchimmel) e animali (Tetranychus bimaculatus; Agrotis, ecc.) che attaccano le piantine e danneggiano assai le colture. Si usa molto a Giava di coltivare piante innestate, innestando la C. succirubra con la C. Ledgeriana e praticando l'innesto a spacco laterale quando le piantine della prima specie hanno raggiunto i due anni di età.
In commercio si trovano specialmente le seguenti cortecce: 1. Corteccia di china rossa dalla C. succirubra Pav. e forme simili, usata specialmente per le preparazioni galeniche; per l'estrazione dei sali di chinino si usano invece: 2. Corteccia di china calisaia dalla C. calisaya Wedd.; 3. Corteccia di china grigia: corteccia di Loxa dalla C. officinalis Hook. e C. Ledgeriana How.; corteccia di Huánuco dalla C. micrantha R. et Pav.; corteccia di Lima e di Guayaquil forse da altre specie di Cinchona; 4. Corteccia di china gialla: corteccia di Cartagena e di Maracaibo da altre differenti specie di Cinchona.
La Farmacopea italiana invece registra la C. succirubra e le C. calisaya e Ledgeriana. La prima, che fornisce la cosiddetta china rossa, si trova in pezzi piatti da 30-50 cm., in tubi di varia lunghezza; all'esterno ha il periderma bene sviluppato di color grigio-brunastro o rossastro, spesso con macchie chiare od oscure dovute ai licheni che lo ricoprono e munito spessissimo di verruche dure e legnose alla superficie; la faccia interna fibrosa è di color bruno-rosso cupo. Il sapore è amaro e astringente.
Il contenuto percentuale degli alcaloidi più importanti di questa specie, secondo le analisi eseguite da Paul su cortecce di piante coltivate nella Giamaica, è:
Le C. calisaya e Ledgeriana ci dànno la china gialla; questa si trova in commercio o sotto la forma piatta (china regia, corteccia peruviana) in pezzi irregolari, pesanti, di colore giallo fulvo, privi di periderma, con la superficie esterna percorsa da solchi longitudinali poco profondi (solchi digitati), di odore debolmente aromatico e di sapore amaro, oppure sotto la forma arrotolata in tubi da 20-60 cm. di lunghezza, ricoperti da un periderma screpolato e rivestito di licheni che si distacca assai facilmente scoprendo gli strati sottostanti di colore dal giallo al bruno.
Le analisi di Paul delle cortecce di C. calisaya coltivate nella Giamaica hanno dato il seguente contenuto di alcaloidi:
Secondo i dati di Paul, per la C. officinalis coltivata nella Giamaica, si ha il seguente contenuto percentuale di alcaloidi:
Commercio mondiale. - La più importante produzione mondiale di corteccia di china si ha nelle Indie Olandesi e specialmente a Giava dove rappresenta i 9/10 della produzione mondiale. E poiché il trust olandese o Kinabureau di Amsterdam esercita un monopolio assoluto a tutto danno dei consumatori, molto opportuno è stato il provvedimento del governo italiano di creare fin dal 1922 a Tjibitoe nella residenza del Preanger a 234 chilometri da Batavia, proprio in uno dei maggiori centri di coltivazione della china, un'azienda di 1700 ettari di superficie per la coltivazione delle Cinchona, allo scopo di avere la materia prima necessaria per la preparazione dei sali di chinino dell'Azienda statale; i primi risultati ottenuti sono soddisfacenti. Da qualche anno si stanno facendo anche prove per acclimare le Cinchona nella Colonia Eritrea e nella Somalia italiana.
Bibl.: F. A. Flückiger e D. Hanbury, Histoire des drogues végétables, I, Parigi 1878; H. Baillon, Botanique médicale, II, Parigi 1884; G. Planchon e E. Collin, Les drogues simples, II, Parigi 1896; F. Cortesi, Botanica farmaceutica, Torino 1910. Una ricchissima bibliografia è contenuta in: A. Tschirch, Handbuch der Pharmakognosie, I e III, Lipsia 1914-1928.
Farmacologia. - L'introduzione del cortex chinae suscitò numerosi scritti in prosa e in versi a favore e contro la china, servì perfino come pretesto di lotta religiosa contro i gesuiti che ne importavano grandi quantità dall'America; fu tenacemente avversata dai galenisti ai quali l'uso del nuovo farmaco sembrava irrazionale, sostenendo essi la necessità di curare le malattie con rimedî evacuanti. Ma clinici illustri quali il Sydenham, il Morton e specialmente il nostro Torti dimostrarono validamente l'efficacia terapeutica della china; per primo il Torti nel suo libro Therapeutice specialis ad febres periodicas perniciosas (Modena 1709) precisò che la corteccig di china guarisce le febtbri intermittenti (v. malaria) e ha efficacia minore o nulla su quelle continue; Fonseca, medico del papa Innocenzo X, contribuì a diffondere il nuovo rimedio. Prima dell'analisi chimica, l'esperienza clinica aveva dimostrato che le chine gialle sono più attive di quelle rosse e assai più delle grigie, perciò nelle prescrizioni antimalariche si precisava la china calisaia. Si comprese presto che nella corteccia della china oltre ai principî attivi v'erano sostanze astringenti e sostanze indifferenti dalle quali conveniva separarli (v. chinina) per non essere costretti a ingerire, con risultati incostanti, una grande dose di polvere di corteccia che spesso suscitava fenomeni d'intolleranza gastrica. Nella moderna farmacologia la corteccia di china ha preso un posto secondario di fronte a quello della chinina come antipiretico e antimalarico, ma è prescritta in forma di decotto, elisir, tintura, vino chinato, come eupeptico, stimolante, stomachico; e per le sue proprietà astringenti e antisettiche, nella medicatura delle piaghe torpide, nelle misture dentifricie, nelle lozioni per i capelli.