ROLLIN, Charles
Letterato francese, nato a Parigi il 30 gennaio 1661, ivi morto il 14 settembre 1741. Figlio di un coltellinaio, seguì dapprima il mestiere paterno; protetto poi per il suo facile ingegno da un benedettino, studiò umanità e teologia, e prese la tonsura senza entrare però negli ordini regolari; restò semplice clerc. Nello stesso collegio di Plessis, dove era allievo, il suo professore, il celebre Hersan, gli lasciò nel 1683 la cattedra di grammatica. Egli passò poi alla cattedra di retorica, che fu il principio dei suoi scolastici onori: professore di eloquenza al Collège de France nel 1688; eletto rettore dell'università nel 1694, confermato l'anno seguente, rieletto nel 1720; coadiutore con pieni poteri al collegio di Beauvais dal 1699 al 1715, dove fu restauratore della sana cultura, raccolse ovunque ammirazione. Ebbe per amici Daguesseau, Le Peletier, Boileau, Racine; Federico II di Prussia, giovine principe, corrispose per lunghi anni con lui vecchio; Voltaire, Montesquieu, e perfino Chateaubriand furono suoi ferventi ammiratori.
Mediocre storico, e critico puramente descrittivo, il suo valore sta più che altro nella nobile indipendenza del carattere e nella bontà delle idee pedagogiche.
Egli si vantava di non essere niente altro che un perfetto volgarizzatore della letteratura classica, soprattutto per la critica e per la storia, liberando questo insegnamento dalle soprastrutture di una cultura troppo più amante dell'eloquenza che della verità, quale era stata quella del '600. Queste idee, una lunga e amorosa conoscenza dei testi, illuminata dall'onestà e dal buon senso, guidata da un'intelligenza semplice e chiara, si riflettevano nel suo metodo d'insegnamento: egli le espose soprattutto nel suo celebre Traité des études ('726). Questa vita modesta e studiosa, di un uomo che fu tutto scolastico e restò al difuori dalle correnti di criticismo che già facevano centro in Rotterdam, sarebbe stata quasi insignificante, se il R. non vi avesse portato un'integrità morale e un senso della giustizia così profondo da lasciare la sua traccia nella storia del '700 e, fino a oggi, negli ordinamenti universitarî di Francia. Giansenista, moderato per umiltà e innata modestia, ma saldamente convinto e non mai piegato, fu nobile esempio d'indipendenza di carattere pure in mezzo agli onori, al punto da rinunciare, per non abiurare dal suo giansenismo, alle stesse cariche a lui più care, nonché a un seggio all'Académie.
Opere: Un Quintiliano, modello di edizione critica e di commento (1715); una Histoire ancienne (1730-1738) e una Histoire romaine 1738), scrupolose raccolte e ingenue interpretazioni degli storici antichi.
Bibl.: Sainte-Beuve, Lundis, VI; M. Saint-Albin Berville, Éloge de R. (1818, Prix de l'Académie). V. anche le Commemorazioni universitarie di Vilelmain e Patin; H. Ferté, R., sa vie, ses oeuvres, Parigi 1902.