DICKENS, Charles John Huffam
Nacque a Portsea il 7 febbraio 1812, da una famiglia piccolo-borghese, la classe sociale da cui egli doveva attingere tanti tipi e macchiette dei suoi romanzi, a cominciare dai suoi stessi genitori che sembra gli abbiano dato lo spunto per i tipi della garrula e sentimentale signora Nickleby (in Nicholas Nickleby) e dell'improvvido Micawber (in David Copperfield), sempre ingolfato in debiti, ma sempre pronto a risolvere tutte le questioni con un punch ben caldo, nella fiduciosa attesa che "qualche cosa di buono arriverà". John Dickens, padre di otto figli, di cui Charles fu il secondo, e piccolo impiegato della marina prima a Portsea e poi a Londra, accumulò i debiti fino al fallimento, e in conformità alle dure leggi del tempo, venne condannato alla reclusione nella prigione di Marshalsea a Londra. Quale curiosa accozzaglia di falliti, ingenui, furfanti e disgraziati ospitasse e affratellasse questa prigione dei debitori, dove i condannati vivevano in comune e ricevevano amici e parenti, comodamente, quasi come in un albergo, si può apprendere da più d'una descrizione di D. (specialmente in Pickwick e Little Dorrit). Nella mente del fanciullo, che aveva poco più di dieci anni, essa lasciò un'impressione indelebile, una precoce esperienza degli strati bassi della società con tutta la loro grossolana esuberanza; esperienza mista a un senso profondo d'umiliazione e di sdegno, che, ispirando scene indimenticabili nei suoi romanzi, doveva alimentare efficacemente il movimento che portò all'abolizione di quelle leggi e di quel reclusorio.
Altra esperienza non meno amara, ma non meno ricca di contatti fecondi, furono i due anni di lavoro manuale in una fabbrica di lucido, tra gli operai e la plebe, dove il fanciullo fu mandato dopo il fallimento paterno. D., che aveva avuto un'educazione assai rudimentale, si era già appassionato alla lettura dei romanzieri inglesi del Settecento: Fielding, Richardson e Goldsmith, ma specialmente Smollett; gli piaceva l'esuberanza di tipi grotteschi, caricaturali, dominati da un'unica passione e quindi enormi tanto nel bene quanto nel male, che si raggruppano in intrecci involuti e sensazionali, e vengono rappresentati con realismo a volte crudo e brutale, a volte grassoccio e boccaccesco. Questi elementi ritornano in parte nel romanzo dickensiano, temperati da un gusto più fine, da tendenze sentimentali e umanitarie o smorzati da un rigido puritanismo morale.
Nel contatto diretto con la vita del popolo londinese, il ragazzo, che dormiva in una misera soffitta e passava le domeniche nella prigione paterna, cominciò ad animare quelle immagini fantastiche dei romanzi con le tinte e il materiale che gli offriva in abbondanza la vita quotidiana. Si veniva così formando il caratteristico mondo dickensiano, l'inesauribile miniera di personaggi e scenette che egli doveva scoprire in sé qualche anno più tardi, e che non gli venne meno per tutta la vita.
Una provvida eredità risollevò le sorti della famiglia; il padre, uscito di prigione, si mise a fare lo stenografo parlamentare per un quotidiano di Londra. Nella medesima professione doveva entrare poi Charles, dopo un anno e mezzo (1827-28) trascorso come apprendista in uno studio legale, profittando di tutti i ritagli di tempo per studiare avidamente e intensamente alla biblioteca del British Museum. Questi furono gli studî più sistematici di Dickens; il mestiere di reporter, lanciandolo a tutte le ore e a tutte le stagioni su e giù per l'Inghilterra nelle traballanti diligenze dove, al ritorno, e al lume d'una candela vacillante, stendeva febbrilmente i suoi resoconti, allargò nuovamente la sua esperienza di uomini e cose della vecchia Inghilterra.
La vita londinese diede però la materia dei suoi primi lavori letterarî, una serie di bozzetti di tipi e incidenti umoristici, pubblicati a cominciare dal 1833 in varî periodici sotto lo pseudonimo di Boz, e raccolti in volume nel 1836 (Sketches by Boz). Sono già, appena sgrossati, i personaggi più caratteristici del romanzo dickensiano: il popolano arguto, la zitellona acida e il vecchio celibe, l'eccentrico gentleman e l'astuto imbroglione, il parlamentare tronfio e il clergyman ipocrita; nonché le scene e gli ambienti: le diligenze, le prigioni, i montini, le corti di giustizia, il Tamigi - e perfino il suo argomento più fortunato: Natale. Tutti questi elementi s'intrecciano per la prima volta in un lungo romanzo, nel Pickwick (The Posthumous Papers of the Pickwick Club, 1837), che venne iniziato semplicemente come un testo umoristico che accompagnasse una serie di stampe caricaturali da pubblicarsi a dispense mensili. Queste condizioni determinarono il metodo di composizione non solo del Pickwick, ma anche di tutti gli altri romanzi della prima maniera di D., che si risolve in una continua improvvisazione di episodî e incidenti intorno a un piccolo gruppo di personaggi centrali e a un grande numero di personaggi secondarî. Per tutta la vita D. continuò a pubblicare e a scrivere i suoi romanzi a puntate e non si faceva scrupolo d'inventare la trama e di disfarla, di mutare l'indole o le sorti dei personaggi man mano che uscivano i fascicoli mensili, secondo quello che gli sembrava l'umore del pubblico.
L'intreccio, la rappresentazione ordinata del corso degli eventi, non furono mai il suo forte; per lui l'essenziale era il tipo, l'individuo comico fissato in una frase o in un gesto caratteristico. Non per nulla i caricaturisti furono i suoi più efficaci illustratori.
Pickwick è uno dei pochi personaggi che abbiano uno svolgimento: comincia con l'essere una semplice caricatura di vecchio celibe eccentrico e dilettante di scienza, eminente indagatore intorno alla vita delle rane e agli stagni di Hampstead Heath; ma via via che il romanzo procede, attraverso incidenti serî e grotteschi che rivelano aspetti della vita più serî e più complessi, l'eminente Pickwick diventa il buon Pickwick, e quella sua stessa ingenuità che lo fa cadere in tante comiche avventure e lo rende bersaglio degl'imbroglioni, si dimostra radicata in una universale benevolenza, in una generosità e bontà a tutta prova: e Pickwick finisce con l'essere quasi un santo, l'incarnazione spontanea della vecchia Inghilterra ingenua e sentimentale, eccentrica e fattiva. Per quasi tutti gli altri romanzi può valere quello che il D. disse spontaneamente durante la composizione della Little Dorrit, che nella seconda parte tutti i personaggi avrebbero avuto dieci anni di più, ma che questo non avrebbe mutato nulla al loro carattere. Né si vede come possano, o perché debbano mutare: Sam Weller, il domestico di Pickwick, il prototipo del cockney (popolano londinese) svelto, arguto, destro d'ingegno e di pugno, sempre pronto a difendere gl'interessi del padrone con una risposta frizzante, con una bislacca comparazione o con una partita di boxe; Weller padre, il vecchio pletorico cocchiere di diligenza, vittima d'una vedova scaltra; o Jingle, l'imbroglione dalle mirabolanti avventure che narra a scatti, in frasi telegrafiche; gli avvocati della causa per violazione di promessa di matrimomo intentata a Pickwick dalla sua vecchia padrona di casa: la causa si basa su un equivoco, ma Pickwick viene condannato: prima satira del sistema giudiziario inglese.
Pickwick portò al suo autore fama e fortuna immediata; mentre la prima dispensa veniva stampata a 400 copie, la quindicesima superò le 40.000: D. divenne l'autore più popolare d'Inghilterra. I suoi romanzi posteriori sono: Oliver Twst, 1838; Nicholas Nickleby, 1839; The Old Curiosity Shop (La bottega dell'antiquario), 1841: Barnaby Rudge, 1841; Christmas Carol (La canzone di Natale), 1843; Martin Chuzzlewit, 1843; The Chimes (Le campane), 1845; The Cricket on the Hearth (Il grillo del focolare), 1846; Dombey and Son (La ditta Dombey e figlio), 1848; David Copperfield, 1850; Bleak House (La casa tetra), 1853; Hard Times (Tempi difficili), 1854; Little Dorrit (La piccola Dorrit), 1857; A Tale of Two Cities (Un racconto di due città), 1859; Great Expectations (Grandi speranze), 1861; Our Mutual Friend (Il nostro comune amico), 1865; Edwin Drood, 1870.
D. profittò della sua popolarità per accentuare la sua polemica umanitaria e sociale: il suo secondo romanzo, in forte contrasto con Pickwick, presenta un quadro della malavita, tra assasini, ladri e ricettatori: vi campeggiano le sinistre figure del capobanda, l'ebreo Fagin, e dello scassinatore Bill Sykes, che uccide brutalmente l'amante sospetta di delazione, e che pur sotto i colpi assassini si stringe pietosamente a lui. Le peripezie del protagonista, il ragazzo innocente che cade nelle mani della banda, sono una protesta contro il regime della workhouse e l'incuria in cui è lasciata l'infanzia. Nel Nickleby rappresenta al vivo gli abusi di molte scuole private provinciali, gestite da direttori ignoranti, brutali e dispotici, come Squeers di Dotheboys Hall; in Bleak House prende di mira le lungaggini della corte di equità (Chancery); in Little Dorrit la burocrazia, dietro il simbolo felicissimo del Circumlocution Office, l'ufficio circonlocuzioni "il più importante dicastero governativo", quello che possiede alla perfezione l'arte di sapere come non si fanno le cose, e che è infeudato da generazioni alla famiglia aristocratica dei Barnacles (molluschi). Quasi sempre, la critica alle istituzioni è implicita nella rappresentazione caricaturale di esse; quando il D. usa metodi più espliciti, riesce falso e stucchevole, come in Hard Times, là dove affronta la questione operaia; non già nella brillante caricatura di Gradgrind, l'uomo positivo, che vuol solo fatti e cifre: satira dell'economia politica materialistica.
A partire dal 1850 circa i romanzi hanno una struttura più meditata e più rigida, a scapito della giovanile spontaneità. David Copperfield occupa una posizione intermedia, ed è perciò il romanzo più apprezzato dai critici, e prediletto dall'autore.
L'elemento melodrammatico è presente in tutti i romanzi di D.: i suoi intrecci, imitati dal cattivo teatro contemporaneo, sono avviluppati e sensazionali: le coincidenze spiegano tutto e aggiustano tutto; morti misteriose, case infestate, tragici segreti e astuti detectives preannunciano il romanzo poliziesco, tentato dal Dickens nell'Edwin Drood, che rimase incompiuto per la sua morte. Melodrammatici fino all'assurdo sono spesso i personaggi malvagi (per es., gli episodî Mulberry Hawk nel Nickleby); e false e insipide le sue ingenue fanciulle e i suoi bravi giovanotti; un ingenuo moralismo induce D. a punire spietatamente i disgraziati peccatori, e più ancora le peccatrici, o a farli esageratamente perversi. Invece, quando D. non ha coscienza di trattare questioni morali scottanti, gli vien fatto di creare tipi anche di esseri malvagi coloriti e vivaci: si veda la ricca galleria di ipocriti: il magniloquente Uriah Heep (Copperfield), e l'untuoso reverendo Chadband (Bleak House); c'è perfino il moralista, Podsnap (Mutual Friend), sempre preoccupato di evitare ogni cosa che possa portare il rossore sulle guance della "giovine persona", sua figlia. Con esuberante realismo è disegnata Mrs. Gamp, infermiera e levatrice vecchio stile, con la sua brutalità, ignoranza, ubriachezza cronica, e i suoi interminabili discorsi con l'immaginaria Mrs Harris (Chuzzlewit).
Dall'altra parte vi sono i personaggi buoni, gl'innumerevoli popolani gioviali e generosi, come i Weller, la troupe dei Crummles (Nickleby) e del circo Sleary (Hard Times); Mark Tapley (Chuzzlewit), ottimista a tutta prova, che va in cerca di situazioni tristi per affermare il suo buon umore, ecc. L'ottimismo e la filantropia trionfano nei libri di Natale, e specialmente nel Christmas Carol, che racchiude la quintessenza della filosofia dickensiana. Non sentono la poesia di Natale i ricchi, gli avari, gli egoisti; la sentono invece i poveri che celebrano la festa con poco denaro ma con tutta la gioia dei cuori che si amano veramente. Anche Scrooge, l'incartapecorito avaro, si ravvede dopo che gli spiriti di Natale gli sono apparsi e si diverte a sbalordire tutti con la sua completa e inaspettata partecipazione alla gaiezza e alla generosità universale.
Il matrimonio di D., dal quale ebbe dieci figli, non fu però felice. Aveva sposato nel 1837 Catherine Hogarth (figlia d'un proprietario di giornali) la cui indole fanciullesca è ritratta nella Dora di David Copperfield: per di più, D. era un marito nervoso ed esigente, e dopo il matrimonio si era accorto di essere veramente innamorato non della moglie, ma della cognata Mary, che morì giovanissima. Nel 1858 si giunse a una completa separazione.
Il suo viaggio in America per un ciclo di conferenze gli diede materia per le American Notes (1842), che, insieme con la satira pungente della grossolanità americana in Martin Chuzzlewit, suscitarono vive proteste oltre Atlantico. Passò quasi un anno in Italia: nella estate 1845 a Genova dove scrisse The Chimes, girando poi per l'Italia settentrionale, e tornando nell'inverno 1845 a visitare Roma, Napoli e Firenze. Le sue Pictures from Italy (1846) sono descrizioni vivacissime, ma puramente esteriori e discontinue; D. non sentiva i problemi storici della nazione italiana nelle sue secolari tradizioni e nel suo faticoso risorgere. Gli mancava in fondo il senso della storia, come dimostra la sua ingenua Storia d'Inghilterra per bambini, (1852-54); i suoi due romanzi storici non vanno più indietro del 1780 (Barnaby Rudge; A tale of Two Cities).
Tentò da giovane il teatro, per il quale scrisse alcune farse; fondò varî periodici: un quotidiano, The Daily News, che lasciò, saggiamente, dopo qualche settimana di direzione (1846), e la rivista Household words (dal 1850 al 1859, anno in cui venne sostituita da All the year round), in cui pubblicava romanzi e novelle. Ma il teatro fu la sua grande ambizione insoddisfatta. Egli si sentiva il temperamento di attore; e nel 1858 si decise a presentarsi al pubblico con letture dai suoi romanzi. Il successo fu strepitoso; e D., per cui la gloria era un bisogno insaziabile, si diede a questa nuova attività con la sua consueta foga. Ma lo sforzo eccessivo finì per ucciderlo. Dopo una seconda e faticosissima tournée americana nel 1868, le sue forze erano stremate. Morì l'8 giugno 1870, nel pieno della sua attività. Fu sepolto nell'Abbazia di Westminster.
Bibl.: J. C. Eckel, The First Editions of the writings of Ch. D., Londra 1913; A. L. Hayward, The Dickens Encyclopaedia, Londra 1924 (repert. alfab. dei personaggi e dei luoghi). - Sulla vita: J. Forster, Life, Londra 1872-74, nuova ed. 1927; R. Straus, D., Londra 1928. - Studî complessivi: B. W. Matz, Ch. D., the hist. of his life and writings, Londra 1902; W. Dibelius, Ch. D., 2ª ed., Lipsia 1926. - Saggi critici: G. R. Gissing, Ch. D., a crit. study, Londra 1926; G. K. Chesterton, Ch. D., 1906; A. Maurois, in Études anglaises, Parigi 1927; S. Zweig, Balzac, Dickens, Dostojewski, Lipsia 1921.