CESENA (A. T., 24-25-26)
Città della provincia di Forlì a 40 m. s. m., con 15.943 ab. Il fiume Savio scorre a O.; da presso si elevano dolci colline, fino alle quali giunge la città. Il Colle Garampo, estremità di un contrafforte, si addentra, alto 85 m., nella città; su di esso sorge la rocca, la cui cinta giunge fino alla Piazza Vittorio Emanuele. Intorno a questo colle si è raccolto il centro più antico. La Via Emilia attraversa la città; al di là del Viale Carducci e della Barriera Cavour si stende, a rettangoli e a quadrati, la nuova Cesena fino alla stazione della ferrovia. Cesena ha quindi la forma di un triangolo un po contorto ai lati: i suoi tre vertici sono a Porta Saffi a SO., al principio del sobborgo Comandini a N. e alla barriera verso Rimini a SE. La posizione che occupa è ridente, aperta; le colline modeste che si elevano alle sue spalle compongono un magnifico scenario che è dominato dal santuario della Madonna del Monte.
La piccola città ha aspetto elegante: belle vie, lunghe, fiancheggiate da case linde, con frequenti piazze e giardini che accrescono il senso di ampiezza che essa dà. Numerose sono le istituzioni caritatevoli: ospedali, un ricovero di mendicità, un asilo, un brefotrofio, una congregazione di carità, un Monte di pietà. Cesena possiede inoltre un bel teatro - il Teatro Comunale -, un archivio storico municipale, la biblioteca malatestiana, una pinacoteca (v. sotto). In fatto d'istituti d'istruzione Cesena si può dire ben provvista: ha un liceo-ginnasio, una scuola complementare, una scuola industriale d'arti e mestieri, una scuola media agraria, una scuola professionale femminile - tutti istituti regi -, poi una scuola di musica, comunale, tre convitti, un seminario. È inoltre sede di circolo di direzione didattica per le scuole elementari. Gli istituti di credito vi sono rappresentati da 7 banche e succursali di banche e da 4 casse rurali nelle frazioni. Vi sono inoltre una cattedra ambulante di agricoltura, un consorzio agrario cooperativo e due consorzî idraulici.
Sede di pretura e di diocesi, Cesena è stazione della ferrovia Bologna-Rimini; servizî automobilistici la uniscono con Cesenatico, Ravenna e altri minori centri. Fino al 1926 fu capoluogo di un circondario il quale era ampio 725,38 kmq., e aveva 114.403 ab., con 14 comuni.
Il territorio del comune (223,88 kmq.) è costituito da pianure e colline: a esso appartiene, per un bel tratto, il Savio ed è pure solcato da parecchi canali, staccati da questo.
Il sottosuolo della collina cesenate ha abbondanza di zolfo - presso M. Cavallo (480 m.) e presso Formignano (331 m.) -; il suolo della pianura e della collina, fertilissimo, uno dei più produttivi della regione, dà cereali, canapa, uva, barbabietole, ortaggi, frutta e tabacco. L'allevamento del bestiame, delle api e del baco da seta integra l'attività agricola.
Tranne due raffinerie di zolfo e uno zuccherificio, tutta l'industria del comune è fatta di piccole aziende: fabbriche di conserve alimentari, di biscotti, di paste, mulini, officine meccaniche, fabbriche di corde metalliche, di reti e di gabbioni di ferro, fabbriche di ceramiche, di mobili artistici e di merletti, e poi fornaci, fabbriche di laterizî, segherie, ecc. Il commercio è intenso e frequentissimi i mercati.
Il comune di Cesena contava nel 1921 50.835 ab.: 22.307 raccolti nel centro e in altri 22 centri e 28.528 nelle case sparse. Dopo l'aggregazione al comune di Cesena di quelli di Roversano e di Teodorano, la popolazione è di 53.962 ab.
Monumenti. - La cattedrale, del primissimo Quattrocento, più che restaurata, fu alterata all'interno nel 1890, per modo che appena l'ossatura rimase delle primitive forme romanico-gotiche; rimane però il bel campanile. I monumenti di cui può andare orgogliosa la città sono la rocca, ampiamente rifatta nel 1466 da Lorenzo Zane governatore per Paolo II, con l'opera del Nuti, e la biblioteca (v. oltre). Dei primi del sec. XV è il castello malatestiano di San Giorgio, nella campagna cesenate, da cui provengono un'epigrafe e un bassorilievo votivi, ora nel Palazzo comunale, con le catene tolte, trofeo di guerra, a una porta di Milano. È monumento notevole presso Cesena anche la chiesa della Madonna del Monte, la cui costruzione, come sembra, risale alla fine del sec. XV e al cinquecentista Francesco Morandi detto il Terribilia; conserva ancora la cornice della Circoncisione di Francesco Francia, ora nella pinacoteca, e una Annunciazione di Bartolomeo Coda. Un altro cospicuo saggio della Rinascita è l'altare del Sacramento nella cattedrale, cominciato da Giovanni da Traù e continuato, tra gli altri, da Tommaso Fiamberti. Del pari manifestano carattere veneziano alcune solide e tranquille sculture di Lorenzo Bregno, pure nella cattedrale, membri sparsi di un unico organismo. Ma l'opera plastica più popolare e caratteristica di questo secolo, per Cesena, è la bella fontana disegnata da Francesco Masini, tutta adorna delle grazie dell'ultimo Cinquecento (1583).
Tra i pittori, lavorarono a Cesena nel sec. XVI specialmente Francesco Zaganelli e Girolamo Marchesi da Cotignola (affreschi nella sacrestia vecchia della Madonna del Monte). Francesco Zaganelli è anche rappresentato da un trittico nella piccola scelta pinacoteca, ora raccolta nel Palazzo comunale, con opere di Francesco Francia, di A. Aleotti, di Guido Reni, del Sassoferrato, del Guercino.
Il sec. XVIIl lasciò in Cesena due vaste chiese a una navata, S. Agostino e S. Domenico, ricche di intagli e di pregevoli dipinti; dalla prima esulò una grande e notevole tavola eseguita a Cesena da Girolamo Genga, ora a Brera. Del 1782 è inoltre la facciata del Ridotto, che fu rifatta in occasione del viaggio a Vienna di Pio VI: in questa facciata è posta la statua bronzea del pontefice cesenate, di ispirazione invero non originale e di fattura mediocre.
Ricordiamo ancora che Corrado Giaquinto lasciò in una cappella della cattedrale, squisita di raffinati marmi, uno dei suoi più brillanti cicli d'affreschi.
Bibl.: G. Borghini, Una scoltura malatestiana nel Palazzo comunale di C., in Bollettino della Società fra gli Amici dell'arte per la provincia di Forlì, 1895; L. Marinelli, La Rocca malatestiana di C., Reggio Emilia 1907; C. Grigioni, Per la storia della pittura in C. nel sec. XV, in La Romagna, VII (1910); id., Per la storia della scultura in C., ibid., VII (1910); id., Un secolo di operosità artistica nella chiesa di S. Maria del Monte presso C., in Rass. bibl. dell'arte ital., XIV (1911); id., Per la storia della pittura in C. nel primo quarto del secolo XVI, ibid., XVI (1913); id., La dimora di G. Genga in Romagna, in La Romagna, 1927; A. Zavatti, Vicende edilizie nel circondario della biblioteca Malatestiana, Cesena 1926; id., Per i monumenti cesenati, Imola 1927.
La biblioteca Malatestiana. - È la biblioteca, unica perfettamente conservata fra le italiane antiche, sorta nel convento e accanto allo Studio dei frati minori per munificenza di Malatesta Novello. Fu costruita tra il 1447 e il 1452 dal fanese Matteo Nuti, e in questi stessi anni e nei seguenti furono allestiti o raccolti i libri. Il Nuti, che proseguì con gusto e piano nuovi una vecchia fabbrica del convento, impresse nell'edificio, e specialmente nella lunga aula della biblioteca, a tre navate illuminate da una duplice fila di finestrelle archiacute (vedi biblioteca, tav. CCXXII), le sue migliori qualità di costruttore forte e insieme elegante, e quel simpatico carattere che deriva dal sopravvivere di motivi medievali nella fresca novità del Rinascimento. Auspici Eugenio IV e Nicolò V, anche i frati poterono contribuire ai lavori, pur sostenuti nella maggior parte dal principe, che anche dotò largamente la biblioteca in vita e nel testamento. Essa ha i caratteri delle biblioteche conventuali umanistiche, e tiene insieme della biblioteca signorile del Rinascimento. Ma il suo interesse particolare le viene dall'essere l'esemplare più antico e perfetto di questo tipo, come il suo fascino le deriva dalla perfetta armonia di linee, di colori e di luci, meglio palese dopo recenti restauri, che ogni particolare, dal verde dell'intonaco al legno dei cinquantotto banchi a leggio, ai quali i codici sono ancora fissati da catene di ferro, dalla porta (v. biblioteca, figura a pag. 953) ai ricorrenti emblemi malatestiani, dà a questa severa elegantissima architettura. Pur custodita dai frati, la Malatestiana venne presto in giurisdizione del comune, che tra essi scelse e stipendiò i custodi, sino alla fine del sec. XVIII. Passata per sempre al comune dopo anni di vicende non liete, ebbe nuove cure, e le sorse accanto la biblioteca Comunitativa. Quale l'interesse della Malatestiana, s'è visto. Minore, ma pure notevole, è quello del suo fondo di manoscritti, formato dai codici già del convento, da quelli comprati o fatti scrivere dal principe, che attestano alla metà del sec. XV a Cesena una larga e bella operosità di amanuensi, di miniatori, di legatori, e da quelli legati nel 1474 dal medico e umanista riminese Giovanni di Marco. La raccolta è formata di codici patristici e teologici, poi di classici, medici, giuristi; pochi gli umanisti, un solo codice volgare; parecchi greci, alcuni ebraici. In tutto circa trecento, a cui gli ultimi quattro secoli hanno aggiunto quasi un altro centinaio di manoscritti e stampe. La Comunitativa, ora assai numerosa, ha buoni manoscritti locali, rare stampe, sette dei 18 corali donati dal card. Bessarione al convento dell'Osservanza, e ha in custodia sette grandi corali della cattedrale (1486), di alto interesse artistico. Dal 1878, per deposito Chiaramonti, le è annessa la biblioteca Piana, raccolta dal papa cesenate Pio VII e già da lui lasciata ai benedettini di S. Maria del Monte, assai notevole per molte preziose stampe e codici, e per legature.
Bibl.: G. M. Muccioli, Catalogus cadd. mss. Malatestianae caes. bibl., Cesena 1780-84; R. Zazzeri, Sui codici e libri a stampa della B. M., Cesena 1887; M. T. Dazzi, La Piana, in La Romagna, XIV (1923), pp. 362-77; A. Zavatti, Vicende, cit.; A. Campana, Biblioteche della Provincia di Forlì, in Tesori bibliografici d'Italia: Emilia, Milano 1931, pp. 83-110.
Storia. - Caesena (forse Caesenna) era centro municipale della Cispadania, sulla via Emilia, a 20 miglia romane da Rimini e a 7 da Forlimpopoli. Benché romana, rivela nel suo nome originarî influssi etruschi. Fu iscritta alla Pollia, cioè alla tribù dei nuovi cittadini romani dell'Emilia, ma probabilmente fu, in principio, inclusa, con Forlì e Forlimpopoli, nella Stellatina, quale frazione del municipio sarsinate di Mevaniola. Di piccola estensione, la città ebbe limitato il territorio tra i fiumi Rubico e Sapis. Il suo sviluppo dové procedere da monte a valle, quando le mutate condizioni economiche e la costruzione della via Emilia rivolsero gli abitanti verso il piano, per la comodità di mercati. La situazione della città sia nel piano del monte, di forma conica, sia, dopo, a valle, rasente i fianchi curvi dei monti, la fecero chiamare curva Caesena.
Occupata da Odoacre, fu assediata ed espugnata da Teodorico (493). Vinta dai Greci e ripresa più volte dai Goti, passò poi a far parte dell'Esarcato e seguì le incerte vicende della Romagna, passando successivamente a Liutprando, ai Greci, a Berengario che l'assediò ed arse (961). Confermata da Gregorio V all'arcivescovo di Ravenna Gerberto (998), fu città vescovile, fino a quando, nel secolo XI, cominciò a governarsi a libero comune. Come tale, sostenne lotte durissime, per ragioni di confine, con Forlì, Cervia e Rimini. Nel 1300 era ancora, come la vide Dante, "tra tirannia e stato franco" (Inferno, c. XXVII, 54)
Non avendo forze per impadronirsene, il papato la diede in vicariato a Francesco Ordelaffi, che già l'occupava (1333), ma poi gliela ritolse per mezzo del card. Albornoz, nel 1357, malgrado l'epica resistenza di Cia degli Ubaldini, moglie dell'Ordelaffi, a cui questi aveva commesso la difesa. Sottoposta direttamente alla Santa Sede, fu governata aspramente da rettori; sì che i Cesenati tentarono più volte di rivendicarsi in libertà. Memorabili, per atrocità d'ogni genere, il saccheggio e la strage patiti nel febbraio 1377, ad opera del card. Roberto di Ginevra, mandato da Gregorio XI con masnade di Bretoni a domare le città romagnole aderenti alla lega capeggiata da Firenze. Da 5 a 6 mila furono i morti: i superstiti evacuarono la città e si disseminarono per i castelli e le ville vicine. Concessa Cesena da Urbano VI in vicariato a Galeotto Malatesti, il 28 gennaio 1379, cominciò per essa un periodo di vero proficuo risorgimento. A Galeotto successero Andrea detto Malatesta (1385-1416), Carlo e Pandolfo, poi Carlo solo (1416-1429), infine, Malatesta Novello (1429-1465), alla cui munificenza i Cesenati devono le principali costruzioni della Rinascenza, e particolarmente la celebre biblioteca (v. sopra). Morto il Novello, la città ritornò alla Santa Sede e fu preda delle fazioni cittadine: Tiberti e Martinelli. Cesare Borgia la fece centro del ducato di Romagna (1502); e se l'organizzazione politica da lui vagheggiata in Romagna, come fulcro di più vasto dominio territoriale, non avesse avuto una vita effimera, la tradizione umanistica e il mecenatismo dei Malatesta avrebbero potuto svolgersi con maggiore ampiezza. Dopo un tentativo di adescamento da parte dei Veneziani, Cesena passò sub gremio ecclesiae e Giulio II emanò a suo favore una solenne bolla per la costituzione del governo civile di essa; costituzione che, salvo poche modificazioni formali, durò fino all'invasione francese.
Animata da spiriti patriottici, Cesena secondò con particolare fervore il movimento murattiano e, nella rivoluzione del 1831, fu tra le più intraprendenti città dell'Emilia. Alle sue porte fu anche combattuta la battaglia del Monte (20 gennaio 1832), tra le forze liberali e quelle reazionarie guidate dal card. Albani, che pose fine ai moti del Trentuno. Per molto tempo dopo l'unità Cesena è rimasta uno dei centri del repubblicanesimo italiano.
Stemma: Scudo sannitico, con tre gigli d'oro e lambello di rosso su fondo azzurro: il campo dello scudo bipartito, orizzontalmente, in due campi di nero e di argento; corona di città.
Bibl.: Corp. Inscr. Lat., XI, pp. 108-111; A. Solari, Curva Caesena, in Boll. d. Comm. arch. com. di Roma, 1928; S. Chiaramonti, Caesenae historia, Cesena 1640; G. B. Braschi, Memoriae caesenates, Roma 1738; R. Zazzeri, Storia di Cesena dalla sua origine fino ai tempi di Cesare Borgia, Cesena 1890; D. Bazzocchi e P. Galbucci, Cesena nella storia, Bologna 1915; M. T. Dazzi, Della nobiltà di Cesena e dei suoi segni, Cesena 1926.